Libertà di pensiero, di coscienza e di religione

E’ una delle libertà fondamentali più frequentemente citate, quando si parla di diritti civili e politici; e anche una di quelle più frequentemente violate. Trova il suo fondamento nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che afferma:

Articolo 18

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

La stessa norma, nell’articolo 18 del Patto sui Diritti Civili e Politici, è stata oggetto di un lungo commento del Comitato diritti umani, nella sua Raccomandazione generale 28 sull’eguaglianza fra i sessi.

Articolo 18

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di avere o di adottare una religione o un credo di sua scelta, nonché la libertà di manifestare, individualmente o in comune con altri, e sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nel culto e nell'osservanza dei riti, nelle pratiche e nell'insegnamento

2. Nessuno può essere assoggettato a costrizioni che possano menomare la sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di sua scelta.

3. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico e della sanità pubblica, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali

4. Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a rispettare la libertà dei genitori e, ove del caso, dei tutori legali di curare l'educazione religiosa e morale dei figli in conformità alle proprie convinzioni

Commento del Comitato diritti umani

Gli stati parte devono adottare misure per assicurare che la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e la libertà di adottare la religione di propria scelta - compresa la libertà di cambiare religione o credo e di esprimere la propria religione o credo - siano garantite e tutelate di diritto e di fatto, sia per gli uomini e che per le donne, alle stesse condizioni e senza discriminazione alcuna.

Queste libertà non devono essere sottoposte ad alcuna restrizione al di fuori di quelle indicate dal Patto stesso, né possono subire vincoli quali quelli rappresentati da norme che richiedano l'autorizzazione di soggetti terzi, o dall'interferenza di padri, mariti, fratelli, o altri.

L'articolo 18 non può essere invocato per giustificare la discriminazione contro le donne in nome della libertà di pensiero, di coscienza e di religione

Gli stati parte devono fornire informazioni sulla condizione delle donne in materia di libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e indicare quali passi sono stati compiuti o si intenda compiere sia per eliminare e prevenire le violazioni di tali libertà per ciò che riguarda le donne, sia per tutelare i diritti di queste ultime da ogni discriminazione.

Possono costituire violazioni dell'articolo 18 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, quando alle donne vengano imposte costrizioni in materia di abbigliamento che contraddicono la loro religione o la loro libertà di espressione.

 

L’osservazione da noi evidenziata in grassetto appare di grande rilevanza in questa fase storica, in relazione alla tendenza frequente di intendere il "multiculturalismo" in termini di relativismo sui diritti umani, e soprattutto sui diritti umani delle donne. L’esempio che più facilmente viene alla mente è quello del fondamentalismo islamico, e dell’uso distorto che esso fa della Shari’a, o legge coranica, per negare libertà alle donne in nome della propria interpretazione della libertà religiosa. Questa tendenza, tuttavia, non è presente solo nel mondo musulmano: ogni religione ha i suoi fondamentalismi, e in ognuno di essi l’elemento costantemente ricorrente è proprio la negazione della libertà femminile. Vale dunque, per questa che è una delle più fondamentali delle libertà fondamentali, ciò che vale per tutte le libertà: la sua affermazione deve arrestarsi sulla soglia oltre la quale diviene violazione della libertà altrui.

Il punto è: dove fissare questa soglia? Se una ragazza sceglie di andare a scuola indossando il velo islamico, ha ragione chi ritiene che ciò sia una normale espressione della sua libertà di religione, o chi lo considera una violazione del diritto all’eguaglianza, che va dunque combattuta? Su questo il dibattito rimane acceso: in Francia, in Italia e un po’ in tutto il mondo. Nella cultura occidentale, nel rapporto fra cultura occidentale e culture "altre", nei movimenti delle donne di molti paesi.

Afferma il gruppo di esperte nominate dal Consiglio d’Europa per studiare il tema "migrazioni, diversità culturale, eguaglianza fra i sessi":

"Una considerazione essenziale da tener presente riguarda la libertà di scelta della persona/delle persone interessate. Ciascuna persona, infatti, dovrebbe essere libera di scegliere se praticare una religione, seguire le consuetudini e le tradizioni familiari oppure no. In campo economico, le persone dovrebbero poter scegliere quale tipo di formazione e quale lavoro intraprendere, e il luogo dove vivere. A livello personale, dovrebbe essere garantito a ciascuno/a la libertà in materia di relazioni e consuetudini sociali, scelta del partner, matrimonio, scelta se formare o meno una famiglia. Questa libertà di scelta deve riguardare in modo egualitario sia donne che uomini, senza discriminazioni su base etnica, razziale, sociale o culturale".



UNFPA 1997, State of the world population report vers. Italiana pag. 14

 

Per approfondire:

nella biblioteca I TEMI

Diritto all’identità culturale

religione

famiglia

multiculturalismo

nella biblioteca TESTI

Dichiarazione sull'intolleranza religiosa

nella biblioteca ATTORI

il Relatore speciale sull'intolleranza religiosa