Le donne e il diritto all’acqua*



Nelle zone rurali della maggior parte dei paesi in via di sviluppo, le donne sono le amministratrici delle risorse idriche. Esse sono spesso costrette a camminare per miglia e miglia per andare a cercare l'acqua necessaria a svolgere i lavori domestici essenziali. Basti pensare che in alcune aree dell'Africa, donne e bambini trascorrono otto ore al giorno per raccogliere l'acqua. A tale proposito, si stima che la percentuale di donne che soffrono per la penuria di acqua sia del 55 per cento in Africa, del 32 per cento in Asia e del 45 per cento in America Latina.

La disponibilità di acqua potabile, tuttavia, rappresenta un motivo di crescente preoccupazione anche per le donne e le famiglie che vivono nelle aree urbane. Le Nazioni Unite hanno infatti stimato che tra il 1990 ed il 2000 il numero di abitanti delle città che non hanno disponibilità di acqua potabile potrebbe crescere di circa il 60 per cento, passando dagli attuali 244 milioni di persone a circa 384 milioni.

La scarsa qualità e la ridotta disponibilità di acqua potabile affligge non soltanto la produzione agricola ed il bestiame delle donne e la quantità di lavoro che esse debbono impiegare per raccogliere, conservare e distribuire l'acqua, ma anche la loro salute e quella delle loro famiglie. Malattie che vengono causate dall'acqua quali il colera, la dissenteria, il tifo, la malaria e la diarrea riscuotono ogni anno un pesante pedaggio di vite umane. Malattie generate da parassiti, quali l'oncocerciasi (la cecità fluviale), si diffondono a propria volta attraverso l'acqua contaminata.

Tuttavia, nonostante le loro responsabilità per la raccolta dell'acqua e l'amministrazione di quanto necessario al miglioramento delle condizioni igieniche, le donne vengono raramente coinvolte nel processo decisionale relativo alla pianificazione infrastrutturale.

Troppo spesso, infatti, esse non hanno la possibilità di esprimere il proprio parere circa, ad esempio, l'ubicazione di una pompa o la progettazione di latrine.

Attualmente, tuttavia, viene riconosciuto il fatto che l'esclusione delle donne dal processo di pianificazione delle condutture idriche e dagli schemi per il miglioramento delle condizioni igieniche costituisce una delle ragioni principali per l'elevata percentuale di malfunzionamenti che in esse si verificano. Allo scopo di migliorare la salute e la qualità della vita per le donne, i programmi idrici e per il miglioramento delle condizioni igieniche dovranno concentrarsi sulla riduzione del tempo e delle energie necessarie alle donne per raccogliere l'acqua, e favorire inoltre la partecipazione femminile al processo decisionale delle comunità per quanto riguarda le forniture idriche ed il miglioramento delle condizioni igieniche.

Dovranno inoltre essere incrementati gli sforzi per assicurare la disponibilità di acqua potabile. Attualmente, le Nazioni Unite stimano che circa un miliardo di persone che vivono nei paesi in via di sviluppo non abbia accesso all'acqua potabile. Secondo stime recenti, fra il 1990 ed il 2000 saranno necessari 54 miliardi di dollari per assicurare una copertura universale nelle sole aree urbane delle regioni che si trovano in condizioni di maggiore bisogno: Africa, America Latina e Sud-Est asiatico. Le risorse necessarie a tale scopo sono oltre tre volte superiori all'attuale tasso di spesa.

 

*tratto da www.onuitalia.it

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