La differenza in frantumi *

Bianca Beccalli



La categoria interpretativa della differenza ha acquisito dagli anni Ottanta un peso crescente negli studi sociali, cosi come i problemi affrontati dalle politiche della differenza risultano sempre più rilevanti nel dibattito politico. Si configura un intreccio complesso tra nuovi orientamenti interpretativi e nuovi dilemmi delle politiche: in questo gli incontri, e gli scontri, tra le teorie postmoderne e quelle delle differenze di genere sono esemplari.

Ciò che accade non è del tutto nuovo. Infatti, come categoria rilevante nel pensiero sociale la differenza è emersa già negli anni Sessanta, a seguito di alcuni fatti sociali specifici come i movimenti dei neri, dei giovani e delle donne negli Stati Uniti. Rispetto a questi fatti, le categorie dell'eguaglianza e della diseguaglianza, delle classi sociali e dei soggetti storici deputati al cambiamento risultavano inadeguati, sia per la spiegazione sociale, sia come schemi di riferimento per i soggetti stessi. Da un lato, dunque, differenza si è contrapposta a eguaglianza, o meglio si è contrapposta alla tradizionale polarità di eguaglianza-diseguaglianza: non si è differenti perché si ha di più o di meno dello stesso bene, ma perché si è diversi; e la categoria della differenza ha creato notevoli complicazioni alla problematica dell'eguaglianza, dal punto di vista della teoria politica, delle definizioni della cittadinanza e delle politiche pubbliche.

Dall'altro lato, differenza si è associata a identità, è apparsa come il fondamento dei processi di costituzione dell'identità: differenze come quelle di genere di etnia di religione, differenze svariate frammentate e per lo più ascritte o ridefinite come tali, sono apparse altrettanto o più importanti, e diverse nelle loro implicazioni, rispetto alla vecchia dicotomica differenza di classe.

L'emergere della differenza precede dunque quel crogiuolo di eventi - il crollo del comunismo, le difficoltà delle socialdemocrazie, lo sviluppo dei conflitti etnici e nazionali - che hanno reso evidente la crisi di certe rappresentazioni umane, sono stati accompagnati negli anni Ottanta e Novanta dall’affermazione dilagante del paradigma postmoderno. Questi ultimi sviluppi, sia i processi sociali che i mutamenti epistemologici, hanno radicalizzato l'attenzione per la differenza, introducendo da un lato correzioni e dall'altro ulteriori complicazioni nel discorso: dalla differenza, appunto, alle differenza.

E’ stato dunque più tardi, negli anni Ottanta, che si è avuto un così ampio impatto culturale della tematica della differenza sull'intero assetto delle scienze umane, specie nel mondo anglosassone e sotto l'impulso non tanto dei movimenti sociali quanto dell'influenza congiunta della teoria femminista e delle teorie poststrutturaliste di provenienza straniera.

Esploriamo la tematica della differenza in un campo circoscritto ma cruciale, quello della differenza di genere. Si tratta non solo di un buon esempio, ma anche di un campo che è stato centrale sia nell'emergere di un pensiero della differenza, sia nella sua successiva complicazione e frantumazione. L’esempio si può anche raccontare come una storia: come la successione, tra la fine dell'Ottocento e la fine del Novecento, di diverse fasi nella vita dei movimenti delle donne, nella impostazione delle politiche pubbliche e negli orientamenti culturali diffusi. Ecco in breve il copione della storia; che nella dialettica tra differenza ed eguaglianza si presenta prima come la scomparsa, poi come il ritorno e infine come la complicazione della differenza; o che si potrebbe raccontare, a rovescio, come la "parabola" dell’eguaglianza.

La differenza femminile è apparsa nell'Ottocento come una diversità da tutelare, talora in esplicito contrasto e spesso in una ambigua relazione con il principio di eguaglianza; tra la fine e l'inizio del secolo la tutela ha prevalso sui pari diritti; poi, nel corso del Novecento, si è andato via via affermando un orientamento egualitario, che ha ridotto o cancellato le politiche di tutela. Le politiche dell'eguaglianza, inizialmente definita come eguaglianza formale, si sono successivamente rivolte alla eguaglianza delle opportunità, o addirittura dei risultati, introducendo trattamenti differenti in nome dell'eguaglianza. La differenza scacciata è riemersa nei recenti anni Ottanta: da un lato, in alcuni paesi, attraverso movimenti neoconservatori, in reazione alla sovversione sociale prodotta dall'eguaglianza; dall'altro, quasi ovunque in Occidente, attraverso un riorientamento teorico del femminismo stesso, in reazione all'appiattimento, alla logica omologatrice delle politiche egualitarie, e in associazione con altre più generali correnti culturali critiche nel pensiero contemporaneo.

La critica femminista ha alimentato infatti la critica "postmoderna" dei grandi schemi della teoria culturale e politica occidentale, dei caratteri falsamente universali del liberalismo e del marxismo, e in particolare dei loro caratteri falsamente asessuati: la rivendicazione della differenza femminile è stata, per breve tempo, un'arma critica e allo stesso tempo una nuova rassicurante certezza, sotto il profilo della conoscenza, come dell'azione. Insomma, la teoria della differenza contro i falsi neutri universali ha funzionato un po' come l’antico riferimento alla classe operaia.

*Da "Adultità", quaderno n° 2, gennaio 2000, pag. 23