Le donne e gli uomini nella forza lavoro*



Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), negli ultimi anni, i cambiamenti significativi verificatisi nell'economia mondiale, come il rapido processo di globalizzazione, la velocità del progresso tecnologico e la crescente precarizzazione del lavoro hanno alterato notevolmente la condizione delle donne nel mercato del lavoro. Mentre fornivano nuove opportunità di crescita economica a livello nazionale e globale, questi cambiamenti hanno sollevato problemi fondamentali - rispondere alla maggiore domanda di lavoratori qualificati, mantenere l'occupazione di vasti segmenti della forza lavoro nazionale e contenere la potenziale instabilità che deriva da questi cambiamenti. Inoltre, gli sviluppi degli ultimi anni hanno fatto riemergere la preoccupazione per una situazione occupazionale sfavorevole a livello globale. Ad esempio, la crisi finanziaria asiatica della metà del 1997 e la quantità di forza lavoro eccedente nelle imprese di proprietà pubblica e collettiva nei paesi in via di transizione hanno portato a livelli alti e persistenti di disoccupazione, nonostante una forza lavoro in aumento.
Tra i gruppi più colpiti troviamo i giovani, gli anziani e i meno qualificati, e, come afferma il rapporto dell'OIL, c'è "una tendenza sfavorevole alle donne in tutte queste categorie."11 Ad esempio, anche se l'ingresso delle donne nella forza lavoro mercato è in aumento in ogni parte del mondo, i loro tassi di partecipazione sono ancora più bassi di quelli degli uomini. Inoltre, le donne vengono impiegate in maniera sproporzionata in forme non tradizionali di lavoro, come il lavoro a tempo determinato e precario, il lavoro part-time, il lavoro a domicilio, il lavoro in proprio e il lavoro nelle micro imprese.


La percentuale di donne nella forza lavoro è in aumento
In quasi tutte le regioni del mondo, le donne rappresentano una percentuale crescente della forza lavoro. La loro attività economica è in crescita, mentre quella maschile è leggermente in calo (vedere il riquadro sui concetti relativi alla forza lavoro).
Nel corso degli ultimi due decenni, l'aumento più significativo si è verificato in America Latina. Nel 1980, le donne rappresentavano poco più di un quarto della forza lavoro in America centrale e meridionale; nel 1997, le donne rappresentavano un terzo della forza lavoro in America centrale e in quasi due quinti dell'America meridionale. Dal 1980 al 1997, la percentuale di donne nella forza lavoro è aumentata anche in Europa occidentale e nelle altre regioni sviluppate, ma è rimasta la stessa in Europa orientale.
La percentuale di donne nella forza lavoro è aumentata anche in regioni in cui era storicamente bassa. In Nord Africa, la percentuale di donne nella forza lavoro è aumentata dal 20 per cento nel 1980 al 26 per cento nel 1997, e in Asia occidentale c'è stato un aumento dal 23 al 27 per cento.
La percentuale di donne nella forza lavoro è rimasta quasi la stessa nell'Africa sub-sahariana, nei paesi in via di transizione dell'est europeo e in Asia centrale - dove superava già il 40 per cento del totale - e si è mantenuta al 40 per cento in Africa australe sin dal 1980. La differenza nella partecipazione di donne e uomini alla forza lavoro è stata storicamente molto limitata nei paesi in via transizione, in alcuni dei quali è aumentata leggermente negli ultimi anni. In questi paesi, la transizione economica è stata accompagnata da un cambiamento nella politica nazionale in materia di lavoro, che è passata dalla garanzia del diritto al lavoro alla semplificazione delle procedure per i licenziamenti.22 A ogni modo, con l'indebolimento del sostegno statale alle famiglie, le responsabilità familiari pongono ostacoli sempre maggiori all'occupazione femminile.33
Le donne rappresentano ancora un terzo o meno della forza lavoro in nord Africa, Asia occidentale, Asia meridionale e America centrale. Tuttavia, nelle regioni sviluppate, nell'est e nel sudest asiatico, nell'Africa sub-sahariana e nei Caraibi, la percentuale di forza lavoro femminile sta raggiungendo quella maschile.

Il divario tra i sessi nel tasso di attività economica si sta appianando
Nel corso degli ultimi ventanni, la differenza tra i tassi di attività economica di donne e uomini ossia, la percentuale della popolazione in età lavorativa allinterno della forza lavoro si è ridotto da una regione allaltra, ed anche allinterno delle regioni.
Lincremento della partecipazione femminile alla forza lavoro è il risultato di molti cambiamenti sociali ed economici. Le donne hanno acquisito un controllo maggiore sulla propria fertilità, allargando così le proprie opportunità educative e lavorative. Inoltre, è cambiato latteggiamento nei confronti delle donne che lavorano, e le politiche statali per la famiglia e linfanzia, il lavoro part-time, gli assegni di maternità e i permessi parentali e di maternità sono più favorevoli al lavoro femminile. Anche la crescita economica e lespansione del settore dei servizi, che tende a occupare un gran numero di donne, costituiscono fattori importanti in molti paesi e regioni. Le politiche relative alla micro e piccola impresa, compresi i programmi di finanziamento e di credito specificamente finalizzate a promuovere limprenditoria femminile, hanno svolto un ruolo in alcuni contesti.44
Tra il 1980 e il 1997, il tasso di attività economica delle donne è aumentato in quasi tutte le regioni, tranne che in Africa australe, Asia centrale, Europa orientale e Oceania, dove ha avuto una diminuzione tra l1 e il 5 per cento. In America latina e Caraibi, la partecipazione femminile alla forza lavoro è aumentata, e laumento più significativo si è avuto in America meridionale (dal 29 al 45 per cento). È aumentata anche nellest e nel sud-est asiatico (rispettivamente dal 56 al 60 per cento e dal 59 al 62 per cento); ed anche nelle regioni sviluppate dellEuropa occidentale e al di fuori dellEuropa (rispettivamente dal 42 al 49 per cento e dal 47 al 56 per cento). In nord Africa e in Asia occidentale il tasso di attività economica delle donne, pur essendo aumentato (rispettivamente dal 21 al 29 per cento, e dal 28 al 33 per cento), rimane relativamente basso.
Con laumento del tasso di attività economica femminile, si è avuta una diminuzione di quello maschile. Tra il 1980 e il 1997, il tasso maschile è diminuito in tutte le regioni, con leccezione dei Caraibi, dove è rimasto lo stesso. Nella maggior parte delle regioni, il tasso maschile è diminuito lentamente, di meno di 5 punti percentuali. Il calo più alto per gli uomini si è registrato in Africa australe, dove il tasso è diminuito di quasi 8 punti percentuali. Nel 1997, il tasso di attività economica delle donne oscillava da meno del 10 per cento (Territori Palestinesi Occupati) a più dell80 per cento (Repubblica Unita di Tanzania). Nel 1997, nellAfrica sub-sahariana, nellest e nel sudest asiatico, più del 60 per cento delle donne adulte era economicamente attivo.
In 14 paesi dellAfrica sub-sahariana, tre quarti o più della popolazione femminile fa parte della forza lavoro. Nei Caraibi, in Asia centrale, nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, in Europa orientale e in Oceania, più di metà delle donne in età lavorativa (dai 15 anni in su) erano economicamente attiva.
In Europa occidentale, i tassi di attività economica delle donne erano altamente inferiori a quelli degli altri paesi sviluppati. Ad esempio, in Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta e Spagna, meno del 40 per cento delle donne erano economicamente attive.
Nel 1997, i tassi di attività economica delle donne più bassi si sono registrati in nord Africa (29 per cento) ed Asia occidentale (33 per cento). In queste regioni, i tassi più bassi si sono registrati nei paesi arabi, dove esistono fattori culturali e sociali che tendono a scoraggiare le donne dal lavorare fuori casa.55
Nel 1997, la variabilità dei tassi di attività economica degli uomini era inferiore rispetto a quella delle donne dal 69 per cento in Europa occidentale all86 per cento nellAfrica sub-sahariana per gli uomini, in confronto a una gamma che va dal 29 per cento in nord Africa al 62 per cento nellAfrica sub-sahariana e nel sudest asiatico per le donne.

Un numero maggiore di donne rimane nella forza lavoro durante letà fertile
In ogni parte del mondo, un numero sempre maggiore di donne rimane allinterno della forza lavoro durante letà fertile. In passato, prevaleva un andamento a due picchi la maggior parte delle donne entrava nella forza lavoro intorno ai ventanni, ne usciva pochi anni dopo per partorire e occuparsi dei figli, e rientrava nella forza lavoro intorno alla fine delletà fertile. Landamento degli ultimi anni indica che le donne stanno trovando i modi per mettere insieme le responsabilità familiari e il mercato del lavoro.66
Nel corso degli anni 70, landamento a due picchi nella partecipazione economica delle donne era più evidente nelle regioni sviluppate. Secondo lOIL, landamento del tasso di attività in base alletà nelle regioni sviluppate (Europa, nord America e Oceania) indica che la partecipazione delle donne alla forza lavoro era più alta allinizio dei venti anni, diminuiva allinizio dei trentanni, quando le donne lasciavano il lavoro per partorire e accudire i figli ed aumentava di nuovo verso un secondo picco, più basso del primo, intorno ai quarantanni. In America Latina e Caraibi, il tasso di attività delle donne toccava un picco tra i 20 e i 24 anni e in seguito diminuiva gradualmente; al contrario delle regioni sviluppate, non cerano segni di un rientro delle donne nella forza lavoro durante lultima fase delletà fertile. Diversamente, in Africa ed Asia, le donne entrano nella forza lavoro e vi restano ben oltre letà fertile. Landamento degli uomini in base alletà era quasi uniforme in tutte le regioni, con un ingresso precoce nel mondo del lavoro, nel quale rimanevano fino al pensionamento in età anziana.77
Nel 1990, i tassi di partecipazione delle donne alla forza lavoro erano alti intorno ai ventanni, crescevano durante i trenta e i quarantanni e diminuivano solamente dopo i cinquantanni. Le donne rimangono sempre di più allinterno della forza lavoro negli anni in cui partoriscono ed allevano i figli.
Questo cambiamento, da una tendenza ad abbandonare il mondo del lavoro in un dato momento delletà fertile, a una tendenza alla partecipazione ininterrotta, è più visibile in Europa e nord America, dove landamento dellattività economica delle donne comincia ad assomigliare a quello degli uomini. In America Latina e Caraibi si registrano tendenze parallele a quelle delle regioni sviluppate, ma i tassi di attività delle donne sono generalmente più bassi. In Africa, dove la partecipazione delle donne allattività economica è sempre stata alta nel corso del loro intero ciclo di vita anche durante la gravidanza è cambiato poco. Landamento dellAsia è simile a quello dellAfrica, anche se in Asia i tassi di attività economica in base alletà variano molto di paese in paese.8
A ogni modo, in tutte le regioni emergono alcune variazioni di tendenza a livello nazionale, riflettendo livelli diversi di sviluppo economico oltre che di atteggiamento culturale nei confronti della partecipazione delle donne allattività economica.89 Sia in Polonia che in Zimbabwe, il tasso di attività delle donne è alto quasi quanto quello degli uomini a tutte le età, e gli andamenti in base alletà riflettono quelli degli uomini. Daltro canto, in Messico e in Tunisia, il tasso di partecipazione delle donne rimane basso a tutte le età in confronto a quello degli uomini, e ci sono pochi elementi che indicano un temporaneo abbandono del mondo del lavoro da parte delle donne. Tuttavia, in Tunisia il tasso di partecipazione delle donne raggiunge il livello più alto a unetà più precoce (dai 20 ai 24 anni) rispetto al Messico (dai 35 ai 39 anni), e in seguito continua a diminuire gradualmente in entrambi i paesi. In Giappone e nella Repubblica di Corea, permane landamento a due picchi, con il primo che si verifica dai 20 ai 24 anni in entrambi i paesi, e il secondo che si manifesta tra i 45 e i 49 anni in Giappone e ancor prima (tra i 40 e i 44) nella Repubblica di Corea.

Il tasso di attività economica degli uomini più anziani è in diminuzione, quello delle donne più anziane è variabile
I cambiamenti demografici, come il calo dei tassi di fertilità, laumento dellaspettativa di vita e il conseguente invecchiamento della popolazione sono alcuni dei fattori che influenzano la struttura generazionale della forza lavoro. Avere meno figli consente alle donne di dedicare più anni della propria vita adulta al lavoro, mentre il registrato aumento delle aspettative di vita implica che sia le donne che gli uomini possono andare in pensione in una fase più avanzata della vita. A ogni modo, in paesi in cui i programmi pensionistici garantiscono la sicurezza economica nelletà anziana, a partire dal 1950 si è registrata una diminuzione stabile delletà media del pensionamento dal mercato del lavoro, sia per gli uomini che per le donne.910 Molte donne e molti uomini, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove vengono offerti meno programmi pensionistici, rimangono economicamente attivi fino a una fase tarda della vita.
In tutte le regioni, le donne anziane che fanno parte della forza lavoro sono meno degli uomini anziani. Questa differenza può essere attribuita in parte al fatto che in alcuni paesi le donne maturano il diritto a ricevere una pensione statale dai due ai cinque anni prima degli uomini.1011
Tra le diverse regioni, nel 1997 lAfrica sub-sahariana registrava il tasso più alto di attività economica sia per le donne che per gli uomini dai 65 anni in su rispettivamente il 37 e il 65 per cento. Anche in Oceania, il tasso di attività economica è alto sia per gli uomini che per le donne, con il 31 per cento delle donne più anziane e il 55 per cento degli uomini più anziani nella forza lavoro. Nelle altre regioni, il tasso di attività economica delle donne è meno della metà di quello degli uomini più anziani. Con leccezione dellAsia centrale e occidentale, del nord Africa e delle regioni sviluppate, il tasso delle donne più anziane si attestava tra il 10 e il 22 per cento, mentre quello degli uomini più anziani andava dal 27 al 56 per cento. Nelle economie in via di transizione dellAsia centrale e in Asia occidentale ed Europa occidentale, meno del 5 per cento delle donne più anziane erano economicamente attive.
Tra il 1980 e il 1997, il tasso di attività delle donne dai 65 anni in su è rimasto quasi lo stesso in quasi tutte le regioni, con leccezione del nord Africa, dove è diminuito dal 10 al 6 per cento, e in sud America, dove è aumentato dall8 al 12 per cento. Per gli uomini della stessa fascia detà, il tasso di attività è diminuito in tutte le regioni, tranne lAsia centrale e lOceania, dove è rimasto quasi lo stesso.
I bassi livelli di attività economica delle donne più anziane sono una preoccupazione in molti paesi delle regioni sviluppate. In questi paesi è emersa una tendenza al pensionamento precoce; la generazione del boom demografico sta raggiungendo letà pensionabile e il finanziamento dei sistemi pensionistici è in discussione, dato che una popolazione economicamente attiva in calo deve sostenere in misura sempre maggiore una popolazione economicamente non attiva.

Il settore dei servizi è la fonte principale di occupazione per donne e uomini
Nel corso degli ultimi ventanni, la forza lavoro globale ha continuato a evolversi, da una forza lavoro prevalentemente agricola a una forza lavoro industriale e dei servizi. Attualmente, una forza lavoro agricola è caratteristica dei paesi con redditi bassi, mentre una forza lavoro prevalentemente orientata verso i servizi è una caratteristica dei paesi industrializzati dellEuropa occidentale e delle altre regioni sviluppate.1112
In quasi tutte le regioni, le donne lavorano prevalentemente nei servizi. Le uniche eccezioni si registrano nellAfrica sub-sahariana, nel sudest asiatico e nellAsia centrale, dove le donne sono quasi ugualmente rappresentate nellagricoltura e nei servizi.
La distribuzione degli uomini nei diversi settori economici segue una linea di tendenza simile a quella delle donne in tutte le regioni, con leccezione di America centrale ed Europa orientale. In America centrale, il 40 per cento degli uomini era impiegato nellagricoltura e il 38 per cento nei servizi, e in Europa orientale il 44 per cento degli uomini lavora nellindustria e il 39 per cento nei servizi.
Anche quando gli uomini e le donne sono concentrati nello stesso settore, il grado di concentrazione delle donne in quel settore è superiore a quello degli uomini. Nei servizi, dove si concentrano la maggior parte di uomini e donne (ad esempio nei Caraibi, in sud America, Asia orientale e occidentale, e in Europa occidentale), la presenza femminile è dai 7 ai 28 punti percentuale più alta di quella maschile; in nord Africa, la percentuale di donne nei servizi è leggermente più bassa rispetto a quella degli uomini (rispettivamente il 48 e il 52 per cento).
Le donne differiscono dagli uomini anche nel livello di presenza nellindustria. Tra il 1990 e il 1997, meno del 20 per cento delle donne economicamente attive era impiegato in questo settore, con leccezione di tre regioni: Europa orientale (29 per cento), Asia orientale (23 per cento) e nord Africa (21 per cento). Al contrario, almeno il 20 per cento degli uomini lavora nellindustria in tutte le regioni tranne che nellAfrica sub-sahariana (16 per cento) e in Asia meridionale (13 per cento).
In sud America, nei Caraibi, in Asia orientale e occidentale, in Europa occidentale e nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, lindustria è la seconda fonte principale di lavoro per gli uomini dopo i servizi; in Europa orientale è la prima.

In alcune regioni il lavoro in proprio è in aumento soprattutto per le donne
Il mercato del lavoro in ogni parte del mondo ha manifestato una tendenza a forme di lavoro meno formalizzate e più flessibili. Nelle regioni sviluppate, un numero crescente di persone sta modificando il proprio coinvolgimento nel mercato del lavoro, riducendo il numero di ore in cui lavorano o scegliendo il lavoro in proprio.1213 Per i paesi in via di sviluppo, la limitata creazione di posti di lavoro nel settore formale delleconomica ha portato a una crescita del sommerso e a un aumento del lavoro in proprio.1314 Molte donne con responsabilità familiari, soprattutto quelle che non hanno accesso a servizi per linfanzia alla loro portata economica, spesso hanno bisogno di una flessibilità di orari, quantità e tipo di lavoro da svolgere, allo scopo di mantenere un equilibrio ragionevole tra limpiego nel mercato del lavoro e le responsabilità familiari.1415

Lavoro retribuito
I lavoratori dipendenti rappresentano la categoria più grande della forza lavoro sia per le donne che per gli uomini, tranne che nellAfrica sub-sahariana (esclusa lAfrica australe) e in Asia meridionale, dove solamente un terzo delle donne economicamente attive sono lavoratrici dipendenti.1516 In tutte le altre regioni, più del 50 per cento delle donne fanno parte del lavoro salariato. Per gli uomini le linee di tendenza sono simili. A ogni modo, la percentuale di lavoratori dipendenti è più alta per gli uomini rispetto alle donne, tranne che nei Caraibi, in America centrale, nelle regioni sviluppate e in Asia orientale.
Anche se la maggior parte delle donne economicamente attive in America centrale e meridionale e in nord Africa sono lavoratrici dipendenti, ci sono variazioni significative di paese in paese. Ad esempio, in Egitto e in Perù solo un terzo circa delle donne sono lavoratrici dipendenti, mentre in Guatemala, Honduras e Marocco, più di tre quarti delle donne sono lavoratrici dipendenti.
La percentuale di uomini nel lavoro dipendente varia molto meno di regione in regione, oscillando dal 37 all84 per cento nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa. Gli uomini che non sono lavoratori salariati tendono a essere lavoratori in proprio piuttosto che coadiuvanti familiari non retribuiti.

Lavoro in proprio
Secondo lUfficio Internazionale del Lavoro, il lavoro retribuito sta incorporando in misura crescente le diverse forme di assetti lavorativi diversi da quello che un tempo era il modello occupazionale tradizionale loccupazione stabile, salariata con mansioni chiaramente definite1617. Anche se queste forme di lavoro non tradizionale per i lavoratori dipendenti, come il lavoro part-time ed a tempo determinato, hanno offerto maggiori opportunità occupazionali, soprattutto per le donne, hanno anche indebolito sia la stabilità occupazionale (compreso il diritto ad avere un lavoro) che la qualità del lavoro.1718
In ogni parte del mondo, il lavoro in proprio fornisce ad alcune donne e ad alcuni uomini, soprattutto a quelli che non sono riusciti a garantirsi un lavoro retribuito, i mezzi per contribuire al reddito familiare. A sua volta, il lavoro in proprio può offrire ad altri un lavoro regolare o temporaneo e di conseguenza può contribuire ad alleggerire la disoccupazione. A volte il lavoro in proprio facilita alle donne di conciliare le responsabilità familiari e il lavoro di sussistenza non retribuito con attività economiche. Daltro canto, può implicare un alto livello di insicurezza occupazionale e implica una assenza di tutele come i congedi parentali e di maternità.
Nei paesi in via di sviluppo, che hanno portato avanti i programmi di aggiustamento strutturale, la riduzione delloccupazione nei settori produttivi più avanzati ha costretto molte donne a cercare di guadagnare un reddito per contribuire a mantenere gli standard di vita delle proprie famiglie; in quei paesi ci sono sempre più donne che svolgono un lavoro in proprio.
Le medie regionali indicano che le donne hanno meno probabilità degli uomini di svolgere un lavoro in proprio sia come lavoratrici autonome che come imprenditrici. Tuttavia, in Africa australe cè poca differenza. In Asia orientale e meridionale e in nord Africa, la percentuale di uomini economicamente attivi che svolgono un lavoro in proprio è almeno il doppio rispetto a quella femminile; in Asia occidentale, è quattro volte superiore. In America centrale e meridionale, le percentuale di uomini economicamente attivi che lavorano in prorprio è più alta rispetto a quella delle donne di meno di 2 punti percentuali, e nelle altre regioni è più alta del 30-80 per cento.
Nelle regioni sviluppate, in Asia orientale e in Africa del nord e australe, e nei pochi paesi dellAsia occidentale per i quali vengono riportati i dati, una donna su 10 economicamente attiva lavora in proprio. Al contrario, nel Sudest asiatico e in Asia meridionale 2 donne su 10 economicamente attive lavorano in proprio, e nellAfrica sub-sahariana (esclusa lAfrica australe) e in America Latina il rapporto è di 3 donne su 10 economicamente attive.
Tra i lavoratori in proprio, i lavoratori autonomi generano occupazione per se stessi e per le proprie famiglie, mentre gli imprenditori forniscono lavoro salariato a chi cerca lavoro. A ogni modo, sono pochi i paesi che distinguono gli imprenditori dai lavoratori autonomi nei dati sul lavoro in proprio. In proporzione, ci sono più uomini imprenditori rispetto alle donne. In entrambi i sessi (in tutti i paesi tranne lAustria, lEstonia e la Germania) ci sono meno imprenditori che lavoratori autonomi.1819
A livello regionale, in America centrale e meridionale, in Europa occidentale e nelle regioni sviluppate, circa il 3 per cento delle donne e tra il 6 e l8 per cento degli uomini sono imprenditori. Nei Caraibi, in Europa orientale e nel sudest asiatico, circa il 2 per cento delle donne e dal 4 al 6 per cento degli uomini sono imprenditori.
In confronto allimprenditoria, il lavoro autonomo rappresenta una categoria numericamente importante allinterno della forza lavoro, sia per le donne che per gli uomini. Nelle regioni sviluppate e in America Latina e Caraibi, le lavoratrici autonome rappresentano dal 6 al 32 per cento della forza lavoro femminile e dall11 al 27 per cento della forza lavoro maschile. In sud America, che ha la più alta percentuale di lavoro autonomo, le lavoratrici autonome sono dieci volte più numerose delle imprenditrici, e i lavoratori autonomi sono tre volte più numerosi degli imprenditori. In Asia e Africa, i paesi che riportano questi dati sono troppo pochi per poter calcolare le medie regionali.

Il lavoro in proprio della forza lavoro non agricola
Tra il 1970 e il 1990, il lavoro in proprio in attività non agricole, come piccole attività commerciali, servizi di riparazione, trasporti e piccole attività manifatturiere, è aumentato in quasi tutte le regioni.
Tra il 1970 e il 1990, la percentuale di forza lavoro non agricola impegnata in attività di lavoro in proprio è aumentata in ogni parte di Africa, sud America, Asia meridionale ed Europa orientale e meridionale. Laumento più significativo, dal 31 al 75 per cento, si è registrato nellAfrica sub-sahariana (lesclusa lAfrica australe). Inoltre, la percentuale di lavoratori in proprio non agricoli è più che raddoppiata Europa orientale (dal 3 all8 per cento). In tutte le altre regioni, il lavoro in proprio è rimasto quasi agli stessi livelli per quanto riguarda la forza lavoro non agricola.
NellAfrica sub-sahariana (esclusa lAfrica australe), la percentuale di lavoratrici in proprio allinterno della forza lavoro non agricola femminile è raddoppiata dal 44 per cento nel 1970 al 90 per cento nel 1990. Questa percentuale è aumentata anche in nord Africa, sud America, Asia meridionale ed Europa orientale e meridionale dall1 al 9 per cento in Polonia e dal 20 al 30 per cento in Italia.
In America centrale, est e sudest asiatico, Asia occidentale ed Europa settentrionale e occidentale e nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, il lavoro femminile in proprio al di fuori del settore agricolo è diminuito. Nellest e nel sudest asiatico, il calo può essere attribuito al processo di industrializzazione, nel corso del quale molte lavoratrici in proprio sono diventate lavoratrici a cottimo a domicilio o lavoratrici dipendenti impegnate in altri lavori non garantiti ed a basso reddito.

Coadiuvanti familiari
I lavoratori in proprio, soprattutto i lavoratori autonomi che non assumono una manodopera regolare o permanente, spesso dipendono dai familiari per qualunque mansione aggiuntiva che la loro attività economica può richiedere. Questi familiari non sono retribuiti, e vengono definiti coadiuvanti familiari.1920 In ciascuna regione per la quale disponiamo di dati, una percentuale maggiore di donne, rispetto agli uomini, viene classificata come forza lavoro che coadiuva lattività familiare. A livello regionale, le percentuali più alte di coadiuvanti familiari si registrano in Africa (tra il 22 e il 35 per cento) ed Asia (tra il 25 e il 40 per cento); tuttavia, in Asia orientale, viene inserito in questa categoria l8 per cento delle donne. Tra le donne economicamente attive, la percentuale di coadiuvanti familiari raggiunge picchi del 77 per cento in Bangladesh, del 65 per cento in Etiopia, e del 62 per cento in Pakistan. Al contrario, nelle regioni sviluppate e in America Latina e Caraibi, le coadiuvanti familiari rappresentano dal 2 al 7 per cento della forza lavoro femminile (Tavola 5.D).
Le coadiuvanti familiari rappresentano dall1 al 7 per cento della forza lavoro femminile in tutte le regioni, tranne che in Africa australe e nel resto dellAfrica sub-sahariana, del sudest asiatico e dell Asia meridionale.

Sono aumentate le donne nel settore della piccola impresa
Lemergere delle imprese private, come nel caso delle economie in via di transizione dellEuropa centrale e orientale, ed anche della Federazione Russa, ha svolto un ruolo cruciale nello sviluppo delle economie di mercato ed ha contribuito alla creazione di opportunità occupazionali nei paesi in questione.2021 Ad esempio, nel 1997, le piccole imprese che in Lituania vengono definite come le imprese fino a 50 dipendenti e con un fatturato annuo lordo non superiore ai 500.000 litas (circa 125.000 dollari USA) rappresentavano il 34 per cento di tutte le attività imprenditoriali.2122
Secondo lOIL, sempre più lavoratrici in proprio vengono coinvolte nel settore della micro e piccola impresa. Queste attività imprenditoriali stanno promuovendo la crescita economica e lo sviluppo a livello mondiale, e svolgono un ruolo particolarmente critico nella creazione di posti di lavoro e nella riduzione della povertà.2223 Nel corso dellultimo decennio, il numero di donne proprietarie, creatrici e operatrici di unimpresa è aumentato in quasi tutti i paesi dellOrganizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).2324 Negli Stati Uniti, tra il 1987 e il 1996, il numero di aziende create e gestite da donne è cresciuto a una velocità doppia rispetto al numero di aziende create e gestite da uomini.2425

La disoccupazione è più alta per gli uomini rispetto alle donne
È difficile confrontare tra loro i dati sulla disoccupazione nei diversi paesi, poiché variano le definizioni e le fonti utilizzate. Anche allinterno di uno stesso paese è difficile confrontare i dati sulla disoccupazione (o i dati generali sulla forza lavoro). La disoccupazione può portare a una svalutazione delle competenze,2526 soprattutto in campi altamente tecnologici e a rapida evoluzione, come le tecnologie informatiche.
Nel 1997, il tasso di disoccupazione la percentuale di persone nella forza lavoro che non hanno un lavoro era più alto per le donne rispetto agli uomini in tutte le regioni per i quali disponiamo di dati. Solo nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, il tasso di disoccupazione era lo stesso per uomini e donne. In Grecia, Italia e Spagna il tasso di disoccupazione femminile era quasi il doppio di quello maschile. Lo stesso valeva per la Repubblica Dominicana, la Guyana e la Giamaica.
I tassi di disoccupazione più bassi per uomini e donne si registrano in Tailandia e Uzbekistan (1 per cento), mentre il più alto si registra nella Repubblica di Macedonia dellex Iugoslavia (il 46 per cento per le donne e il 35 per cento per gli uomini).
Tra il 1990 e il 1997, il tasso di disoccupazione delle donne è aumentato di 2-5 punti percentuale in nord Africa, America centrale e meridionale, e in Europa orientale e occidentale. Il tasso di disoccupazione degli uomini è aumentato in quelle regioni, di 1-7 punti percentuale. Il tasso di disoccupazione è rimasto invece lo stesso per gli uomini in sud America e per uomini e donne in Asia.
I tassi di disoccupazione sono generalmente più bassi per donne e uomini con livelli alti distruzione. Due eccezioni degne di rilievo si trovano in Europa orientale, dove i tassi di disoccupazione sono più alti per le donne e gli uomini con unistruzione secondaria, e nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, dove il tasso di disoccupazione femminile non varia in funzione del livello distruzione. In generale, tra i lavoratori con la sola istruzione primaria, il tasso di disoccupazione è più alto per gli uomini. Al contrario, tra i lavoratori e le lavoratrici con unistruzione secondaria o superiore, ci sono più donne disoccupate che uomini.2627
I giovani, soprattutto le giovani donne, subiscono la disoccupazione per un insieme di motivi: atteggiamenti negativi verso i lavoratori giovani senza esperienza, mancanza di competenze dovuta a unesperienza lavorativa limitata, e la loro particolare vulnerabilità in un contesto economico povero.2728 Negli anni 90, il tasso di disoccupazione variava considerevolmente tra i giovani uomini e le giovani donne (età 15-24) dal 5 per cento in Asia orientale, al 39 per cento nei Caraibi, per le giovani donne; e dal 5 per cento nellAfrica sub-sahariana al 35 per cento in nord Africa, per i giovani uomini. In tutte le regioni, il tasso di disoccupazione giovanile era più del doppio del tasso corrispondente che riguarda la popolazione adulta economicamente attiva. Il rapporto più alto tra la disoccupazione giovanile e quella adulta si registra in Africa. NellAfrica sub-sahariana (esclusa lAfrica australe), il tasso di disoccupazione delle giovani donne era 10 volte più alto di quello delle donne adulte, mentre quello dei giovani uomini era 5 volte più alto di quello degli uomini adulti.

La disoccupazione a lungo termine
La disoccupazione a lungo termine definita come disoccupazione di durata pari o superiore a un anno rappresenta una quota significativa del tasso complessivo di disoccupazione. Nel 1996/1997, quasi la metà di tutte le donne e gli uomini disoccupati dellEuropa orientale e circa il 40 per cento di quelli dellEuropa occidentale erano stati disoccupati per un anno o più. Nei Caraibi, la disoccupazione a lungo termine riguardava rispettivamente il 38 e il 27 per cento delle disoccupate e dei disoccupati, e così anche il 25 e il 21 per cento di tutti i disoccupati asiatici. Nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, la disoccupazione a lungo termine riguarda rispettivamente il 15 e il 22 per cento delle disoccupate e dei disoccupati.2829 Le statistiche ufficiali possono avere la tendenza a sottovalutare i livelli di disoccupazione a lungo termine, giacché le persone colpite sono quelle che hanno maggiori probabilità di scoraggiarsi e conseguentemente smettere di cercare lavoro. I gruppi considerati più a rischio di disoccupazione a lungo termine sono quelli con un basso livello distruzione e i lavoratori più anziani ed anche le donne, che corrono i rischi maggiori di non trovare lavoro o di perderlo.2930
Nel corso degli anni 90, le differenze tra i sessi nei tassi di disoccupazione a lungo termine e nelle tendenze relative a questo fenomeno variavano di regione in regione. Nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, la disoccupazione a lungo termine colpisce gli uomini più delle donne. Il tasso è simile per uomini e donne in Europa orientale, mentre è più alto per le donne in Asia, Caraibi ed Europa occidentale. In America Latina, tra il 1990 e il 1993, il tasso di disoccupazione a lungo termine delle donne era più basso di quello degli uomini, ma in seguito lo ha superato. Sia in Asia che in America Latina, dopo il 1994 il divario tra il tasso di disoccupazione a lungo termine delle donne e quello degli uomini è aumentato.

Il lavoro nel sommerso
Il settore delleconomia sommersa rappresenta una porzione significativa di forza lavoro femminile. Nel sommerso, le donne possono crearsi il proprio lavoro, e in molti paesi si tratta della fonte principale di occupazione.
La piena portata della partecipazione di donne e uomini alleconomia sommersa e il valore del suo contributo alla produzione rimangono ancora sconosciuti. Fino ad anni recenti, la mancanza di una definizione standard di questo settore e di una metodologia comune per la raccolta dati, hanno reso ampiamente invisibile leconomia sommersa, ostacolando un confronto tra i paesi e tra le diverse fonti di informazione. Ladozione nel 1993 di una definizione internazionale del sommerso3031 hanno reso possibile la raccolta dati e le stime statistiche per questo settore. Tuttavia, a causa della vasta gamma di attività svolte al suo interno (dal commercio ambulante alla produzione su piccola scala) e dei diversi modi in cui opera, leconomia sommersa è tipicamente difficile da quantificare.

Il sommerso è una fonte di occupazione maggiore per le donne che per gli uomini
I dati sulla composizione della forza lavoro non agricola indicano limportanza delleconomia sommersa in molti paesi delle regioni in via di sviluppo. In alcuni paesi dellAfrica sub-sahariana, quasi tutta la forza lavoro femminile non agricola lavora nel sommerso il 97 per cento in Benin e Chad e il 96 per cento nel Mali. In 7 su 10 paesi dellAmerica Latina per i quali sono disponibili i dati e in quattro paesi asiatici, quasi metà o più della forza lavoro femminile non agricola lavora nel sommerso. In India e Indonesia, il settore sommerso impiega 9 donne su 10 che non svolgono lavori agricoli.
Il settore sommerso è una fonte di occupazione maggiore per le donne che per gli uomini. In quasi tutti i paesi analizzati, la quota di forza lavoro femminile non agricola che si trova allinterno delleconomia sommersa è superiore rispetto a quella maschile. Le eccezioni sono le Filippine e la Tunisia, dove la quota maschile supera quella femminile, e in Venezuela, dove le percentuali tra i due sessi si equivalgono.
Nelleconomia sommersa di nove paesi, le donne economicamente attive sono più numerose degli uomini economicamente attivi, ossia, la percentuale di donne nel sommerso supera il 50 per cento. In altri paesi (con leccezione di Guinea, India e Tunisia), la quota femminile nel settore sommerso supera la quota femminile nellintera forza lavoro.
Le caratteristiche delleconomia sommersa variano di regione in regione. In alcuni paesi africani, quasi tutte le donne impegnate nel sommerso sono lavoratrici in proprio o coadiuvanti familiari. In nove su 14 paesi di America Latina ed Asia per i quali disponiamo di dati,
più del 20 per cento delle donne nelleconomia sommersa sono lavoratrici salariate. In ogni paese che riferisce i dati, tranne che nella Guinea, la percentuale di lavoratori dipendenti maschi allinterno del sommerso supera quella femminile. Inoltre, nella maggior parte dei paesi con dati disponibili, più del 20 per cento degli uomini attivi nel sommerso sono lavoratori salariati (le eccezioni sono: Benin, Chad, Guinea e Mali). Nei paesi in cui i lavoratori salariati sono una piccola minoranza, il settore sommerso genera occupazione prevalentemente per chi possiede unattività e per la sua ristretta cerchia familiare. In Asia ed America Latina, le percentuali più consistenti di lavoratori del sommerso che sono salariati suggeriscono che in queste regioni il segmento delleconomia sommersa caratterizzato dalle micro imprese che assumono pochi dipendenti fissi sia più consistente.
Per quanto riguarda lAmerica Latina, i dati dettagliati, disponibili per gli anni 1996/1997, indicano che le lavoratrici in proprio e le coadiuvanti familiari compongono una larga maggioranza delleconomia sommersa. Inoltre, tra le lavoratrici in proprio, il lavoro autonomo garantisce più dell80 per cento delloccupazione femminile. Anche se la percentuale di uomini che lavorano in proprio nel sommerso svolgendo un lavoro autonomo è consistente, rimane inferiore a quella delle donne.

Il contributo delle donne al PIL del sommerso è significativo
I sistemi di contabilità nazionale su economia e produzione hanno storicamente sottovalutato le attività delleconomia sommersa. Prima del 1993, quando la nuova versione del Sistema di contabilità nazionale (SNA, System of National Accounts) ha fornito una cornice per distinguere leconomia sommersa allinterno delleconomia familiare, pochi paesi avevano stimato il valore della produzione del sommerso allinterno del prodotto interno lordo (PIL). A ogni modo, lSNA non fornisce linee guida specifiche per elaborare stime indipendenti e separate, specifiche per il sommerso. In assenza di tali linee guida, sono stati effettuati pochi tentativi di tracciare stime nazionali della produzione del sommerso.3132
Tra gli otto paesi per i quali sono stati riportati i dati, nel 1992/1993, la quota femminile nel PIL delleconomia sommersa era paragonabile a quella degli maschile in Benin, Burkina Faso e Chad. Nelleconomia sommersa, la quota di produzione rappresentata dalle donne è pari o superiore alla loro quota di occupazione, tranne che nel Benin e Kenya, dove è inferiore rispettivamente del 9 e del 14 per cento.

Tra le donne, aumenta il lavoro a domicilio
Le statistiche ufficiali sul lavoro a domicilio sono scarse; anche quando vengono raccolte, tendono a sottostimare questo tipo di lavoro. A ogni modo, ci sono alcuni elementi che indicano che il lavoro a domicilio è una fonte di occupazione importante e in espansione a livello mondiale, soprattutto per le donne; e le condizioni di questa manodopera sotto-pagata e priva di tutele destano crescente preoccupazione.33 Nel 1996, lOIL ha adottato la Convenzione internazionale sul lavoro a domicilio, che riconosce il diritto di lavoratori e lavoratrici a domicilio a un trattamento uguale a quello riservato agli altri lavoratori, e stabilisce uno standard minimo per quanto riguarda i salari e le condizioni lavorative.3234
I dati esistenti per il 1991 e il 1999 indicano che, in Benin, il 66 per cento del lavoro non agricolo è a domicilio. Le cifre corrispondenti sono il 14 per cento nelle Filippine e il 15 per cento in Kenya. In Brasile, Cile, Perù, Tailandia e Tunisia, i lavoratori a domicilio ammontano solamente al 2-5 per cento della manodopera non agricola.3335
Questi dati indicano inoltre che le donne sono predominanti nel lavoro a domicilio. In sei sugli otto paesi che riportano dati per il periodo dal 1991 al 1999, le donne rappresentano dal 70 all80 per cento della manodopera a domicilio. In Kenya e Perù, le donne rappresentano il 35 per cento del lavoro a domicilio. In quattro su cinque paesi che riportano dati ripartiti in base allo stato occupazionale, la maggioranza delle lavoratrici a domicilio sono lavoratrici autonome: Kenya (62 per cento), Tunisia (64 per cento), Brasile (91 per cento) e Perù (100 per cento). In Tailandia, le lavoratrici a domicilio sono prevalentemente lavoratrici dipendenti (81 per cento), o coadiuvanti familiari (18 per cento).3436

LIMPIEGO DEL TEMPO
La maggior parte degli uomini e delle donne dividono il proprio tempo tra il lavoro retribuito e quello non retribuito sia occupandosi della famiglia che producendo beni di sussistenza. In termini generali, il lavoro non retribuito è invisibile nelle statistiche ufficiali. A ogni modo, gli statistici e chi promuove luguaglianza tra i sessi hanno cercato i modi per riflettere tutti i tipi di lavoro allinterno delle statistiche sulla forza lavoro, e molti paesi hanno compiuto degli sforzi per migliorare le statistiche ufficiali. Laffinamento delle defizioni e degli strumenti di raccolta dati hanno consentito di includere maggiormente le attività economiche femminili non retribuite allinterno delle statistiche sulla forza lavoro anche se non in tutti paesi e non nella stessa misura. Altri strumenti statistici come le ricerche sullimpiego del tempo offrono la possibilità di allargare il campo dindagine sia alle attività economiche non retribuite che al lavoro non retribuito, considerati al di fuori dei limiti posti dal Sistema di Contabilità Nazionale.
Le ricerche sullimpiego del tempo misurano quello che fanno donne e uomini nel corso della giornata e forniscono i dati per stimare il loro lavoro retribuito e non retribuito. Nei paesi sviluppati, le ricerche sullimpiego del tempo vengono utilizzate sempre di più per conoscere il tempo dedicato da donne e uomini a una serie di attività, non solo al lavoro, e come base per formulare politiche in ambiti come listruzione, i servizi per linfanzia e le attività culturali o di intrattenimento.
Inizialmente, le ricerche sullimpiego del tempo venivano effettuate nei paesi sviluppati. Più recentemente, gli istituti nazionali di statistica dei paesi in via di sviluppo si sono basati sulle ricerche sullimpiego del tempo per migliorare la misurazione del lavoro non retribuito di donne e uomini. Queste ricerche sono state portate avanti solo di recente e i risultati non sono ancora largamente attendibili. Pochi paesi hanno ripetuto le ricerche sullimpiego del tempo, che sono state effettuate in anni differenti, così è difficile individuare quali siano le linee di tendenza. A ogni modo, mentre le tendenze relative al lavoro retribuito variano di paese in paese, in tutte le regioni il numero di ore passato a svolgere lavori non retribuiti sembra essere leggermente in aumento per gli uomini e leggermente in calo per le donne.3537

Le donne lavorano più ore degli uomini
A partire dal 1995, sono state portate avanti poche ricerche sullimpiego del tempo.3638 In sette paesi per i quali sono stati riportati dati recenti relativi al periodo tra il 1995 e il 1999, emerge come sia le donne che gli uomini lavorino tra le 35 e le 50 ore settimanali, tranne che in Lituania, dove lavorano in media più di 50 ore (62 per le donne e 56 per gli uomini). Il tempo totale di lavoro delle donne superava quello degli uomini di due ore in tutti i paesi, con leccezione di Paesi Bassi e Nuova Zelanda, dove la differenza nel tempo totale di lavoro tra i due sessi risulta inferiore a unora.
Più della metà del tempo totale di lavoro delle donne viene dedicato al lavoro non retribuito, con leccezione della Repubblica di Corea, dove le donne dedicano al lavoro non retribuito il 42 per cento del proprio tempo di lavoro. Al contrario, gli uomini dedicano al lavoro non retribuito tra il 30 e il 42 per cento del loro tempo di lavoro, tranne che in Giappone e nella Repubblica di Corea, dove il lavoro non retribuito rappresenta rispettivamente il 7 e il 6 per cento del tempo di lavoro maschile. Il tempo dedicato dalle donne al lavoro retribuito rappresenta dal 50 al 70 per cento di quello degli uomini, ma il tempo dedicato dalle donne al lavoro non retribuito è quasi il doppio di quello degli uomini. Le differenze sono maggiormente pronunciate in Giappone e nella Repubblica di Corea, dove il lavoro femminile non retribuito è circa otto volte superiore a quello degli uomini.
Gli uomini dedicano alle attività di intrattenimento da 1 a 7 ore settimanali in più rispetto alle donne, ma le donne dedicano fino a 2,5 ore in più ai bisogni fondamentali.

La presenza di figli piccoli aumentano notevolmente il lavoro non retribuito femminile, non quello maschile
Tre paesi su sette riportano i dati sullimpiego del tempo da parte di donne e uomini con figli piccoli (bambini di età inferiore ai 5 anni). In questi paesi, le donne con figli piccoli dedicano meno tempo al lavoro retribuito e più tempo a quello non retribuito. Nei Paesi Bassi, esse dedicano al lavoro retribuito almeno il 20 per cento di tempo in meno rispetto alle donne senza figli piccoli, e il 40 per cento in meno in Nuova Zelanda, ma il 10 per cento in più in Australia. In Australia e Nuova Zelanda, gli uomini con figli piccoli dedicano al lavoro retribuito circa il 40 per cento del tempo in più rispetto a quelli che non hanno figli piccoli, mentre nei Paesi Bassi questa percentuale è del 20 per cento.
Gli uomini con figli al di sotto dei cinque anni dedicano circa 5 ore in più al lavoro retribuito rispetto quelli che non hanno figli piccoli. Non ci sono, invece, grandi differenze nel tempo che entrambi questi gruppi dedicano al lavoro non retribuito, con leccezione dei Paesi Bassi, in cui i due gruppi dedicano rispettivamente 18 e 23 ore al lavoro non retribuito. Al contrario, il tempo che le donne dedicano al lavoro retribuito e non retribuito è influenzato dalla presenza di bambini piccoli soprattutto in Nuova Zelanda, dove le donne con figli piccoli spendono nove ore in meno in attività retribuite, ma 16 ore in più in attività non retribuite, rispetto alle donne che non hanno figli piccoli.
La responsabilità della cura dei figli ricade prevalentemente sulle donne, che vi dedicano il doppio del tempo rispetto agli uomini. (La cura dei figli comprende tutte le cure fisiche, leggere storie ai bambini e giocare con loro, ma esclude le cure secondarie ad esempio guardare i bambini mentre svolgono altre attività). Con leccezione della Repubblica di Corea dove, in media, sia le donne che gli uomini dedicano meno di unora a settimana alla cura dei figli, ovunque le donne spendono dalle due alle cinque ore a settimana alla cura dei figli, in confronto a meno di due ore dedicate alla cura dei figli da parte degli uomini.3739

Il tempo dedicato al lavoro diminuisce con letà
I dati sullimpiego del tempo di alcuni paesi industrializzati forniscono alcune indicazioni su come impieghino il loro tempo le donne e gli uomini più anziani.
In età più anziana, le donne dedicano più tempo al lavoro rispetto agli uomini, prevalentemente a causa delle differenze nel tempo da esse dedicato al lavoro non retribuito. Ci sono comunque ampie variazioni da paese allaltro nella quantità di tempo dedicato da donne e uomini al lavoro retribuito. Nei Paesi Bassi, le donne dai 60 ai 64 anni spendono due ore a settimana nel lavoro retribuito, in confronto a poco più di 10 ore in Norvegia. Nei Paesi Bassi, gli uomini di questa età dedicano sette ore a settimana al lavoro retribuito, mentre in Norvegia arrivano a 27 ore settimanali. Dopo i 65 anni, il lavoro retribuito diminuisce, dimezzandosi circa per donne e uomini tra i 65 ai 69 anni. Tra i 75-79 anni, il lavoro retribuito si è ridotto a poco meno di quattro ore per gli uomini e a meno di unora per le donne.
Daltro canto, il lavoro non retribuito continua a richiedere una quantità di tempo considerevole sia agli uomini che alle donne in età anziana. Le donne lavorano in attività non retribuite dalle 28 alle 44 ore , in media, a settimana tra i 60 e i 65 anni, e dalle 28 alle 33 ore settimanali tra i 75 e i 79 anni. Gli uomini dedicano dalle 14 alle 28 ore settimanali al lavoro non retribuito, tra i 60 e i 65 anni, e dalle 13 alle 30 ore settimanali tra i 75 e i 79 anni.

Condizioni e opportunità lavorative
I 156 paesi che hanno ratificato la Convenzione per leliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne si sono assunti lobbligo di prendere le misure adeguate per eliminare la discriminazione contro le donne nel mondo del lavoro. In particolar modo, questi paesi si sono impegnati a garantire il diritto a usufruire delle stesse opportunità occupazionali, compresa l'applicazione degli stessi criteri di selezione; il diritto alla libera scelta della professione e del lavoro, il diritto alla promozione, alla sicurezza del posto di lavoro ed a tutte le condizioni di servizio e prestazioni aggiuntive, nonché il diritto alla formazione ed all'aggiornamento professionale; il diritto alla parità di remunerazione nonché il diritto all'uguaglianza di trattamento nella valutazione della qualità del lavoro.3840 Inoltre, la legislazione sul lavoro di molti paesi include attualmente i principi di uguaglianza tra i sessi. Tuttavia, mentre è aumentata la partecipazione delle donne alla forza lavoro a livello mondiale, le loro condizioni di lavoro non hanno avuto un analogo miglioramento.3941

In tutte le regioni persiste la segregazione occupazionale in base sesso
La segregazione occupazionale è stata una caratteristica duratura e persistente del mercato del lavoro. Si estende a tutti i paesi e le regioni, a prescindere dal livello di sviluppo economico, dal sistema politico o dallambiente religioso, sociale o culturale.42 La segregazione occupazionale può essere sia orizzontale (la tendenza di donne e uomini a svolgere professioni diverse allinterno della struttura occupazionale), o verticale (la tendenza di donne e uomini a occupare posizioni differenti allinterno della stessa occupazione).
Nei paesi scandinavi per i quali disponiamo di dati (Finlandia, Norvegia e Svezia), il 55 per cento delle donne svolge professioni in cui le donne sono almeno l80 per cento della forza lavoro e il 40 per cento svolge professioni in cui le donne rappresentano il 90 per cento della forza lavoro.
Nelle professioni in cui si concentrano la maggior parte delle donne, come linsegnamento, esse occupano solitamente le posizioni gerarchiche più basse. Ad esempio, in Finlandia le donne rappresentano il 96 per cento del personale docente e dei direttori distituto della scuola elementare, ma solamente il 34 per cento del personale docente universitario.4043
Una ricerca dellOIL4144 indica che cè una preponderanza di professioni maschili rispetto a quelle femminili definite come professioni in cui le donne o gli uomini rappresentano almeno l80 per cento della manodopera. La ricerca riferisce che le professioni non agricole maschili sono almeno sette volte più numerose di quelle femminili. Il livello di segregazione varia notevolmente di regione in regione, anche se ci sono analogie tra i paesi interni a una stessa regione. Il livello più basso di segregazione si registra in Asia e il più alto in Medio Oriente e nord Africa.
La segregazione occupazionale può avere effetti indesiderati sul mercato del lavoro, come limitarne lefficienza economica. La segregazione esclude una maggioranza della forza lavoro da una maggioranza di lavori, e di conseguenza può portare a uno spreco; riduce inoltre la flessibilità del mercato del lavoro e del sistema economico nellinsieme.45 Inoltre, la segregazione occupazionale va a scapito delle donne più che degli uomini, soprattutto date le caratteristiche delle occupazioni tipicamente femminili. Le professioni femminili sono pagate relativamente poco, danno una sicurezza occupazionale relativamente scarsa e unautorità relativamente scarsa o poche opportunità di carriera,4246 e sono anche sotto-stimate dal punto di vista dello status sociale.4347

Tendenze di concentrazione
A causa delle differenze nel livello di istruzione e nelle esperienze lavorative, le donne svolgono meno professioni degli uomini ed hanno a disposizione meno opportunità occupazionali.4448 Inoltre, la maggior parte delle professioni femminili sono orientate verso il settore dei servizi,4549 o associate a stereotipi sulle donne (ad es. le donne sono adatte a ruoli di cura e a stare a casa e sono più docili).
Le donne rappresentano meno del 30 per cento di qualsiasi categoria professionale, con leccezione dellagricoltura e nel sudest asiatico (47 per cento) e nellAfrica sub-sahariana, esclusa lAfrica australe (64 per cento). Più del 30 per cento degli uomini svolgono professioni legate allindustria, con leccezione dellAfrica sub-sahariana (esclusa lAfrica australe), dellAsia meridionale e dellOceania. In queste regioni, gli uomini lavorano prevalentemente nellagricoltura (rispettivamente il 60, 42 e 37 per cento).
La concentrazione di donne è quasi la stessa in due o tre categorie professionali di Africa sub-sahariana (servizi, lavoro agricolo legato alla produzione), sudest asiatico (lavoro agricolo e legato alla produzione) e Caraibi (servizi e lavoro legato alla produzione).
La categoria di tecnici e professionisti è la seconda categoria in cui si concentrano le lavoratrici di Asia occidentale, Europa occidentale e di altre regioni sviluppate (rispettivamente il 21, il 19 e il 17 per cento). In nord Africa, ci sono più donne in questa categoria che in qualsiasi altra (21 per cento).
La categoria professionale con la percentuale più bassa di donne e uomini economicamente attivi è quella del personale amministrativo e dirigenziale il 5 per cento o meno in tutte le regioni tranne lEuropa occidentale (7 per cento degli uomini) e le regioni sviluppate al di fuori dellEuropa (il 9 per cento delle donne e il 12 per cento degli uomini). Nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa, i lavoratori agricoli sono la categoria professionale meno numerosa (il 3 per cento delle donne e il 6 per cento degli uomini).

Le donne professioniste e dirigenti
Non solo le donne e gli uomini svolgono professioni diverse, ma occupano anche posizioni molto differenti nella gerarchia lavorativa. Anche nelle professioni dominate dalle donne, gli uomini generalmente occupano posizioni meglio pagate e più autorevoli.
In molte regioni, le donne hanno raggiunto livelli distruzione paragonabili o superiori a quelli degli uomini, hanno aumentato la propria partecipazione alla forza lavoro ed hanno esteso le proprie opportunità lavorative, ritardando il matrimonio e limitando il numero di figli. Eppure, sono ancora sotto-rappresentate ai massimi livelli dirigenti e nelle altre posizioni dirigenti che implicano maggiori responsabilità, uno status più alto e stipendi più alti.
Le donne rappresentano dal 29 al 51 per cento della categoria che comprende professionisti e tecnici, anche se tendono a concentrarsi ai livelli più bassi e meno retribuiti. Ad esempio, lOIL riferisce che negli Stati Uniti, nel 1991, quasi la metà delle donne professioniste erano infermiere e insegnanti. In Giappone, nel 1990, il 47 per cento delle professioniste erano infermiere o insegnanti. In India, la cifra corrispondente superava l80 per cento.4650
Al contrario, le donne rappresentano meno del 30 per cento della forza lavoro con compiti amministrativi e dirigenziali in tutte le regioni, tranne che nei Caraibi (39 per cento), in Europa orientale (40 per cento) e nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa (35 per cento). In tutte le regioni, la quota femminile allinterno di questa categoria professionale è inferiore alla quota femminile nel mercato del lavoro. Questo indica che poche donne svolgono professioni che implicano unautorità e una responsabilità decisionale.
La quota di donne nella categoria del lavoro professionale e tecnico è pari o superiore alla loro quota nella forza lavoro in tutte le regioni, tranne che nellAfrica sub-sahariana (esclusa lAfrica australe).
Nella maggior parte delle regioni sviluppate e in via di sviluppo, a partire dal periodo 1975/1984, la percentuale di donne nel lavoro professionale e tecnico è cambiata solo leggermente. In nord Africa, America Latina, Asia orientale e occidentale, la percentuale di donne è aumentata di 4-9 punti percentuali. In Europa orientale, dove le opportunità per le donne si sono ridotte in alcuni segmenti del settore pubblico e il loro accesso ai posti di lavoro nel nuovo settore privato è limitato, la percentuale femminile nel personale tecnico e professionale è diminuita del 9 per cento.4751
Tra il 1975/1984 e il 1985/1997, la percentuale femminile tra professionisti e tecnici è aumentata in tutte le regioni del mondo, tranne che in Africa australe. Nello stesso periodo di tempo, questa percentuale è raddoppiata nellAfrica sub-sahariana, in America centrale, Asia occidentale e nelle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa ed è aumentata del 30-90 per cento nel resto del mondo.
Allinterno della categoria del lavoro tecnico e professionale, ci sono ampie differenze in termini di status sociale e livelli retributivi. Anche in paesi in cui queste professioni non sono particolarmente ambite in termini di status sociale e salariale, rimangono professioni dominate dagli uomini nella maggior parte delle regioni. In nord Africa, Africa sub-sahariana (esclusa lAfrica australe), ed Asia meridionale e occidentale, le donne rappresentano un terzo o meno di queste professioni.

Le donne ai vertici delle grandi imprese
Anche se è difficile confrontare i dati dei diversi paesi sulle posizioni dirigenziali giacché i termini e le definizioni variano ampiamente il quadro che emerge dalle informazioni disponibili indica che le donne sono ancora una minoranza dei dirigenti dazienda, soprattutto nelle grandi imprese. Ad esempio, dal censimento del 1999 sulle 500 imprese più grandi degli Stati Uniti, emerge che le donne occupavano solamente l11 per cento dei ruoli di dirigenti aziendali e il 5 per cento delle posizioni ai vertici aziendali, comprese quattro presidenti e amministratrici delegate.4852 In Canada, da un censimento del 1999 sulle 560 imprese più grandi del paese, è emerso che le donne occupavano il 12 per cento di tutte le posizioni di dirigenti anziendali e solo il tre per cento delle posizioni ai massimi livelli dirigenziali (comprese 12 presidenti e amministratrici delegate).4953
In Brasile, da una ricerca dellOIL del 1991 è emerso che le donne rappresentavano meno del 4 per cento dei vertici aziendali nelle 300 imprese private più grandi del paese, meno dell1 per cento nelle 40 imprese pubbliche, e meno dell1 per cento nelle 40 imprese di proprietà straniera più grandi del paese. Nel 1995, nel Regno Unito, le donne rappresentavano il 3 per cento dei consiglieri damministrazione di più di 300 aziende analizzate. Una ricerca del 1995 in Germania ha scoperto che le donne rappresentavano dall1 al 3 per cento dei vertici aziendali e degli amministratori delegati delle 70.000 imprese più grandi del paese.5054
Secondo lOIL, uno degli ostacoli principali alla partecipazione femminile al lavoro professionale e manageriale di alto livello è la responsabilità della cura dei figli e di gestione della casa, una responsabilità ancora scarsamente condivisa con i loro partner nella maggior parte del mondo. Le donne che fanno un lavoro part-time sono solitamente escluse dagli avanzamenti di carriera. Anche le donne che lavorano a tempo pieno hanno difficoltà ad avanzare ai livelli più alti se hanno anche responsabilità familiari. Nel 1997, una ricerca tra i manager tedeschi ha scoperto che il 43 per cento delle donne manager non erano sposate, in confronto al 4 per cento dei manager maschi. Una ricerca analoga nel Regno Unito ha scoperto che l88 per cento dei manager maschi era sposato, in confronto al 69 per cento delle donne che occupavano la stessa posizione.

Le donne nelle banche
La presenza femminile nel mondo finanziario è leggermente aumentata. La percentuale di donne tra coloro che occupano posizioni dirigenziali è aumentata dal 20 al 24 per cento in Colombia, tra il 1990 e il 1966, e dal 45 al 50 per cento negli Stati Uniti, tra il 1990 e il 1995.5155
Una ricerca recente in 63 banche commerciali dellUnione Europea ha scoperto che, tra il 1990 e il 1995, la percentuale femminile era aumentata dal 25 al 27 per cento ai livelli dirigenziali inferiori, dal 13 al 18 per cento ai livelli intermedi e dal 6 all8 per cento ai livelli più alti. Tuttavia, il potere decisionale sembra essere ancora fortemente dominato dagli uomini. La ricerca ha scoperto anche che le donne rappresentavano quasi la metà dellintera forza lavoro, ma solo l8 per cento dei massimi dirigenti. Le donne erano solamente il tre per cento dei membri dei comitati esecutivi.5256 Anche in questo settore, i vincoli familiari rappresentano lostacolo principale ai tentativi delle donne di accedere ai livelli decisionali superiori. Nella stessa ricerca sullUnione Europea, il 60 per cento delle donne dirigenti di banca riferivano che questo era lostacolo principale che dovevano superare per accedere ai livelli dirigenziali inferiori, e quasi tutte affermavano che si trattava dellostacolo principale allaccesso ai livelli intermedi.
Le banche centrali svolgono un ruolo cruciale nel sistema finanziario ed economico di un paese. La ricerca dellUnione Europea indica che le donne sono state storicamente escluse dai ruoli decisionali nelle banche centrali e stanno appena iniziando a occupare posizioni al vertice. Nel 1994/1995, le donne dirigevano due banche centrali su 15 in Danimarca e Finlandia. Tuttavia, quattro di queste banche non avevano donne ai primi cinque livelli dirigenziali.5357

Le donne guadagnano meno degli uomini
Anche se il principio di parità retributiva per pari mansioni è stato incluso nelle legislazioni sul lavoro di molti paesi, in nessun paese per cui disponiamo di dati accade che le donne guadagnino quanto gli uomini. Ad esempio, nellindustria, in 13 su 39 paesi le donne guadagnano fino al 20 per cento in meno rispetto agli uomini; in altri paesi la differenza salariale è addirittura più alta. A ogni modo, tra il 1990 e il 1997, le differenze tra i redditi femminili e quelli maschili sono diminuite in 26 su 36 paesi che riportavano i dati per lindustria, mentre sono rimaste le stesse o sono aumentate nei restanti 10 paesi.
Le differenze salariali tra donne e uomini variano a seconda delle categorie professionali e dei paesi. Ad esempio, in Finlandia, nel 1993, i redditi delle lavoratrici salariate erano in media l80 per cento di quelli degli uomini, mentre le dirigenti dazienda guadagnavano il 66 per cento dei salari dei loro colleghi maschi.58 Nel Regno Unito, nel 1996, le professioniste guadagnavano il 17 in meno rispetto agli uomini e le dirigenti dazienda guadagnavano il 27 per cento in meno rispetto agli uomini. In Uruguay, nel 1995, i redditi delle dirigenti nel settore bancario e finanziario erano tanto bassi da rappresentare il 47 per cento di quelli degli uomini.5459

Il lavoro part-time è in aumento e le donne sono la maggioranza della forza lavoro part-time
Negli ultimi ventanni, cè stato un aumento del lavoro part-time rispetto a quello full-time.5560 Il lavoro part-time è particolarmente importante per le donne, offrendo loro una maniera efficace per dividere il proprio tempo tra il lavoro retribuito, le responsabilità domestiche e la cura dei figli. Può facilitare lingresso graduale nel mercato del lavoro, la partecipazione alle sue attività e il pensionamento. Tuttavia, è spesso associato a uno status professionale basso, a stipendi più bassi ed a meno o a nessuna opportunità di carriera.
Nei paesi per i quali vengono riportati i dati, le donne rappresentano la larga maggioranza della forza lavoro part-time, l80 per cento o più in alcuni contesti.
Il lavoro part-time è comune tra le donne dellEuropa occidentale. Lavora part-time più della metà delle lavoratrici dei Paesi Bassi, quasi metà delle lavoratrici svizzere, e più di un terzo delle islandesi. Al contrario, in queste regioni lavora part-time dal 3 all11 per cento degli uomini.
Il lavoro part-time è diffuso tra le donne delle regioni sviluppate al di fuori dellEuropa (19-38 per cento). In queste regioni, anche se la percentuale di uomini che lavora part-time è bassa, sta lentamente aumentando, tranne che negli Stati Uniti.
In Europa orientale, il lavoro part-time è meno comune e le differenze tra lavoratori e lavoratrici sono meno pronunciate. In cinque paesi su otto della regione, lavora part-time il 10 per cento o meno delle donne e degli uomini.
I paesi delle regioni in via di sviluppo che riportano dati sul lavoro part-time sono pochi. Tra questi la forza lavoro part-time è ampiamente femminile.

Sono aumentate le donne che lavorano negli anni della gravidanza e della cura dei figli
Come conciliare il lavoro al di fuori della famiglia e le responsabilità familiari è un punto di grande preoccupazione. Le donne che svolgono un lavoro retribuito negli anni di gravidanza e cura dei figli sono aumentate (vedi il riquadro sui tassi di attività nel corso del ciclo di vita). I diritti delle lavoratrici in età fertile sono sempre più tenuti in considerazione dalle legislazioni sul lavoro e le pratiche sui luoghi di lavoro sono migliorate; a ogni modo, lo scarto tra la legge e la pratica rimane ampio. Le donne sposate con figli riescono ad approfittare con maggiore facilità delle opportunità di carriera quando il datore di lavoro garantisce loro la flessibilità necessaria a conciliare responsabilità familiari e carriera.5661 LOIL ha portato avanti una revisione estesa delle norme e delle pratiche relative a gravidanza e lavoro per le donne.5762
Molte lavoratrici madri continuano a subire un trattamento ineguale sul lavoro in un qualche momento durante i loro anni lavorativi. Le pratiche discriminatorie basate sulla potenziale o reale maternità sono ampiamente diffuse, a tal punto che alcuni paesi hanno approvato, o stanno prendendo in considerazione, una legislazione che proibisca al datore di lavoro di chiedere come condizione per lassunzione un certificato di sterilizzazione o un impegno da parte della dipendente a non rimanere incinta durante i termini del suo contratto.

Congedi di maternità
Da quando è stata adottata la Convenzione dellOIL sulla tutela della maternità, nel 1952, è stato riconosciuto a livello internazionale il diritto di una madre a lasciare il lavoro dopo il parto e ad avere la garanzia di potervi tornare. Questa Convenzione sancisce uno standard per i congedi di maternità che devono avere una durata minima di 12 settimane. Attualmente, 119 paesi rispettano questo standard di 12 o più settimane; in 20 paesi il congedo di maternità è di 17 settimane o più e in 31 paesi il congedo di maternità è inferiore alle 12 settimane.
Il modo in cui viene applicato il congedo di maternità e il fatto che questo sia obbligatorio o facoltativo per il datore di lavoro possono influenzare profondamente il reale diritto delle donne alla maternità. Negli Stati Uniti, è facoltativo; in altri paesi cè un livello minimo stabilito per legge. Diversamente, in altri paesi, la durata minima standard di 12 settimane, sancita come requisito minimo dalla Convenzione per la tutela della maternità, è obbligatoria.
La maggior parte delle donne può trarre vantaggio dal congedo di maternità solo se questo è retribuito. La maggior parte dei paesi garantiscono il pieno stipendio, o quasi, durante il congedo di maternità. Tuttavia, molti paesi non forniscono alcuna prestazione economica. In alcuni paesi, gli stipendi sono pagati solamente durante la prima parte del congedo, o sono garantiti solamente alle dipendenti pubbliche.
Nei paesi in cui sono i sistemi di previdenza sociale a finanziare i congedi di maternità, può essere richiesto un livello contributivo minimo per maturare il diritto al congedo retribuito. Inoltre, le lavoratrici part-time e a tempo determinato possono avere difficoltà nel maturare il diritto alla maternità retribuita, e il numero di donne che usufruiscono realmente di questo diritto varia di paese in paese. Molte donne economicamente attive, lavorando al di fuori del settore formale delleconomia, che è quello coperto dalla previdenza sociale, non usufruiscono del congedo di maternità e delle prestazioni sanitarie. Alcuni paesi (Ecuador, Marocco e Tunisia) hanno esteso le prestazioni per la maternità alle lavoratrici agricole. Belgio, Francia, Gabon, Spagna e Lussemburgo hanno istituito sistemi speciali per coprire le lavoratrici in proprio.

Tutela occupazionale
Conservare il posto di lavoro durante gravidanza, parto e congedo di maternità è un diritto essenziale delle lavoratrici. Secondo lOIL, 29 paesi, soprattutto africani ed asiatici, proibiscono il licenziamento di una lavoratrice in congedo di maternità per qualsiasi motivo. Inoltre, molti paesi proibiscono il licenziamento durante un periodo che segue il rientro al lavoro. La durata di questo periodo va da 30 giorni dopo il rientro dalla maternità per Belgio e Repubblica di Corea, fino a due anni in Mongolia e tre anni in Bielorussia e Ucraina.
La fine del rapporto di lavoro dovuta alla gravidanza è un fenomeno registrato anche in paesi dove è vietato dalla legge. Nel Regno Unito, una denuncia su otto alla Commissione per le Pari Opportunità riguarda il licenziamento dovuto alla gravidanza. Le donne che tornano al lavoro dopo il parto devono affrontare nuovi ostacoli allo sviluppo della propria carriera e spesso vengono destinate a posizioni di livello inferiore.

Congedo parentale
Il congedo parentale, che consente ad entrambi i genitori di restare a casa con i figli quando è necessario, è considerato una componente essenziale delle pari opportunità di uomini e donne di conciliare i figli e il lavoro.
Analizzando la legislazione di 138 paesi membri, lOIL ne ha trovati 36 con una legislazione che regolamenti il congedo parentale. In 25 di questi paesi, compresi 9 su 14 paesi dellUnione Europea con una legislazione di questo tipo, tale congedo è retribuito.5863 I paesi scandinavi offrono ai genitori i pacchetti più generosi in materia, con un alto livello di compensazione per i guadagni perduti. In Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, il congedo parentale, pur essendo completamente neutrale tra i sessi, non è retribuito.
La maggior parte dei sistemi di congedo parentale forniscono anche la garanzia che il dipendente o la dipendente possano tornare al proprio lavoro dopo il congedo una garanzia indispensabile affinché il sistema sia efficace. La lunghezza del congedo, letà dei figli per i quali il congedo è garantito, e la flessibilità di tale congedo dal punto di vista di quando è possibile usufruirne e della possibilità per ciascun genitore di trasferirlo allaltro, sono altre componenti importanti della legislazione in materia. Inoltre, sembra che i genitori siano più inclini a chiedere tale congedo quando questo è retribuito.
Pochi paesi riferiscono il numero di genitori che va in congedo parentale. In paesi che garantiscono tale permesso, come Danimarca, Norvegia e Svezia, quasi tutte le famiglie che ne hanno diritto usufruiscono di questi sistemi (soprattutto le madri).
Nella maggioranza dei paesi, il congedo parentale è pensato come un diritto della famiglia e può essere richiesto dalla madre o dal padre. Tuttavia, la maggior parte degli uomini non ne usufruisce. In Danimarca, nel 1996, il 92 per cento delle persone che hanno preso questo congedo erano donne. In Germania, le donne rappresentavano il 96 per cento dei genitori che hanno usufruito di questo diritto nel 1995. In Finlandia, il 38 per cento dei padri ha preso un permesso alla nascita di un figlio o di una figlia, ma solo il 2 per cento ha usufruito del congedo parentale.
Alcuni paesi (Belgio, Danimarca, Grecia, Paesi Bassi e Svezia) hanno adottato misure speciali per incoraggiare i padri a condividere la cura dei figli con la propria partner, come destinare ai padri una quota del congedo parentale che non è trasferibile alle madri.5964


* Tratto da The worlds women 2000. Trends and statistics, a cura dellUfficio statistico delle Nazioni Unite, New York 2000. Versione italiana a cura della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità, in corso di pubblicazione.

1footnote1 OIL, World Employment Report 1998-99; Employability of the Global Economy; How training Matters (Ginevra, 1998).

22 Maria Lazrey, ed., Making the Transition Work for Women in Europe and Central Asia, World Bank Discussion Paper, n°411 (1999).

33 UNICEF, Women in Transition, MONEE Project Regional Monitoring Report No.6 (1999).

44 Vedere ad esempio, Susan Jeokes, Trade-related employment for women in industry and services in developing countries, United Nations Research Institute for Social Development, Occasional Paper, OP 5 (Ginevra, agosto 1995); Valentine M.Moghadam, The political economy of female employment in the Arab region, in Gender and Development in the Arab World; Womens Economic Participation:Patterns and Policies, Nabil F.Khoury e Valentine M.Moghadam (Londra, Zed Books, 1995).

5footnote5 Nazioni Unite, Arab Women 1995: Trends, Statistics and Indicators (New York, 1997).

66 OIL, Maternity protection at work, ottantasettesima sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro, 1999, rapporto V (1).

77 Ibidem.

88 Ibidem.

99 Ibidem.

1010 Peter Auer e Maniàngels Fortuny, Ageing of the Labour Force in OECD Countries:Economic and Social Consequences, ILO Employment Paper, No.2000/2.

1111 Ibidem.

1212 OIL, World Employment 1995: An ILO Report (Ginevra, 1995).

13footnote13 OIL, World Employment 1996/1997: National Policies in a Global Context (Ginevra, 1996).

1414 OIL, World Employment Report 1998-99

1515 Banca Mondiale, Enhancing Womens Participation in Economic Development, World Bank Policy Paper (Washington D.C., 1994).

1616 I dati recenti sullAfrica sub-sahariana sono sparsi.

1717 OIL, World Employment 1996/1997..

1818 Basato su una ricerca su 21 paesi OCSE; vedi OIL, World Employment 1996/1997..

1919 I dati sono riportati in OIL, Key Indicators of the Labour Market (Ginevra, 1999), tavola 3.

20footnote20 Basato sulla Classificazione Internazionale dello Stato Occupazionale, adottata dalla quindicesima Conferenza Internazionale degli Statistici del Lavoro, nel 1993; vedi OIL, Bulletin of Labour Statistics, 1993-2 (Ginevra).

2121 OCSE, Financing Newly Emerging Private Enterprises in Transition Economies (Parigi, 1999).

2222 Izolda Kruitkiene, SME development in Lithuania, in OCSE, Financing Newly Emerging Private Enterprises in Transition Economies (Parigi, 1999).

2323 OIL, General conditions to stimulate job creation in small and medium sized enterprises, Conferenza Internazionale del Lavoro, ottantacinquesima sessione, 1997, rapporto V (1).

2424 Candida G.Brush, A resource perspective on womens entepreneurship research, relevance and recognition, in OCSE, Women Entepreneurs in Small and Medium Enterprises (Parigi, 1997).

2525 Vedi Introduction, in OCSE, Women Entepreneurs in Small and Medium Enterprises (Parigi, 1997).

2626 Amayrta Sen, Inequality, unemployment and contemporary Europe, International Labour Review, vol. 136, No.2 (1997).

27footnote27 Basato sulle medie regionali elaborate da OIL, Key Indicators of the Labour Market (Ginevra, 1999), tavola 11.

2828 OIL, World Employment Report 1998-99

2929 Lanalisi delle medie regionali è elaborata da, OIL, Key Indicators of the Labour Market (Ginevra, 1999), tavola 10.

3030 OIL, World Employment Report 1998-99

3131 Definizione adottata dalla quindicesima Conferenza Internazionale degli Statistici del Lavoro. Vedi OIL, Bulletin of Labour Statistics, 1993-2 (Ginevra).

32footnote32 Le stime presentate in questa sezione sono sperimentali. Cfr. Gender and the informal sector, documento preparato da Jacques Charmes in quanto consulente dellUfficio Demografico del Segretariato delle Nazioni Unite, 1999.

3333 Unanalisi dei risultati principali sui lavoratori a domicilio nelle diverse parti del mondo è contenuta in Martha Chen, Jennifer Sbstad e Lasley OConnell, Counting the invisible workforce: the case of home-based workers, World Development, col. 27, No.3 (1999).

3434 OIL, Convention concerning Home Work, ottantatreesima Conferenza Internazionale sul Lavoro, Ginevra, 1996.

3535 Basato sui dati elaborati da Jacques Charmes in quanto consulente dellUfficio Demografico del Segretariato delle Nazioni Unite, dai dati delle ricerche contenute nei rapporti nazionali.

3636 Basato sui dati dei rapporti nazionali contenuti in Gender and informal sector, documento preparato da da Jacques Charmes in quanto consulente dellUfficio Demografico del Segretariato delle Nazioni Unite (inedito, 1999).

3737 Nazioni Unite, The Worlds Women 1995: Trends and Statistics (United Nations publication, Sales No. E.95XVII.2)

3838 Per lanalisi dei dati delle prime ricerche sullimpiego del tempo, vedi Nazioni Unite, The Worlds Women 1970-1990: Trends and Statistics (United Nations publication, Sales No. E.90XVII.3); e The Worlds Women 1995..

39footnote39 Basato sullanalisi dei dati preparata da Andrew Harvey, in quanto consulente dellUfficio Demografico del Segretariato delle Nazioni Unite, dalla banca dati del Multinational Time Budget Archive, microdati da ricerche nazionali ed altri rapporti pubblicati.

4040 Articolo 11 (c) fino a (d). La Convenzione è stata adottata dallAssemblea Generale, nella sua Risoluzione 34/1e80 dell8 dicembre 1979; vedi anche il cap.6 sottostante.

4141 OIL, More and Better Jobs for Women: an Action Guide (Ginevra, 1996).

4242 Richard Anker, Theories of occupational segregation by sex: an overview, in International Labour Review, vol. 136, No. 3.

4343 OIL, Gender Equality and Occupational Segregation in Nordic Labour Markets (Ginevra, 1998).

4444 La ricerca copriva 41 paesi, con il 50% dei dati relativi al 1990 e il resto relativo ad anni precenti. Una classificazione dettagliata, che prevedeva 175 occupazioni per ogni paese, forniva le basi della ricerca, che comprendeva 17 paesi membri dellOCSE, quattro economie in via di transizione, sette paesi di Asia e Pacifico, sei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, ed altri sette paesi o aree sviluppate. Cfr. OIL, Gender and Jobs: Sex Segregation of Occupations in the World (Ginevra, 1998).

4545 Anker, loc.cit.

4646 OIL, Gender and Jobs...

4747 OCSE, The Future of Female Dominated Occupations (Parigi, 1998).

4848 Anker, loc.cit.

4949 OCSE, The Future of Female Dominated Occupations..

5050 OIL, Breaking through the glass ceiling: women in management (Ginevra, 1997).

5151 UNICEF, op.cit.

52footnote52 1999 Catalyst Census of Women Board Directors of the Fortune 1000, reperito su: http://www.catalystwomen.org/press/factswbd99.html.

5353 Catalyst census finds few women corporate officers, reperito su: http://www.catalystwomen.org/press/release020800.html.

5454 OIL, Breaking through the glass ceiling..

5555 Ibidem.

5656 Sigrid Quack e Bob Hanckè, in cooperazione con European Network, Women in decision making in finance (Commissione Europea, 1997).

5757 Ibidem.

5858 Veikkola Eeva-Sisko, Women and men at the top, Gender Statistics (Finladia), 1997:1.

5959 OIL, Breaking through the glass ceiling..