Migrazioni, diversità culturale, uguaglianza fra i sessi 1
Rapporto del gruppo di specialiste del Consiglio d'Europa, 1994*



I. Donne e migrazioni: linee di tendenza e dilemmi



Per indicare le persone di cui si parla in questo

rapporto si è rivelato impossibile usare un termine unico. In alcuni paesi sono di uso comune le parole "migranti", "immigrati/e", "stranieri/e"; in altri si preferiscono termini quali "popolazione di origine immigrata" oppure "minoranze etniche". Il presente testo non si è dunque proposto una totale coerenza nell’uso della terminologia: di norma sono state utilizzate le espressioni "immigrati/e". Con queste parole si intende fare riferimento sia a persone che hanno vissuto personalmente l’esperienza della migrazione, sia appartenenti a famiglie immigrate di recente. Alcune persone appartenenti a questi gruppi hanno cittadinanza straniera, altre hanno la nazionalità del paese in cui vivono, altre ancora hanno una doppia nazionalità.

In Europa le donne immigrate sono una popolazione altrettanto eterogenea della popolazione immigrata nel suo insieme. La situazione è estremamente variegata sia per quanto riguarda i paesi d’origine che la durata del soggiorno, la posizione giuridica, i livelli di istruzione, e le appartenenza culturali e religiose. Molte immigrate sono venute in Europa per raggiungere il coniuge nella fase seguita alla grande ondata di reclutamento di manodopera dai paesi del Mediterraneo degli anni sessanta e inizio anni settanta. Altre donne sono venute da sole già negli anni cinquanta (ad esempio quelle giunte nel Regno Unito dalle Indie occidentali), o sono immigrate molto recentemente (è questo il caso, ad esempio, di molte profughe, richiedenti asilo e immigrate irregolari).

L’immigrazione in Europa è stata a lungo orientata al reclutamento di forza lavoro maschile. Molti immigrati sono venuti per lavorare nell’industria in periodi in cui l’Europa industrializzata aveva carenze di manodopera. In questi casi veniva data preferenza agli uomini perché tradizionalmente erano loro a essere occupati nell’industria, in parte a causa della pesantezza del lavoro offerto. Al giorno d’oggi, con un’industria europea più automatizzata e informatizzata e un’economia spostata piuttosto verso il settore dei servizi, i flussi migratori tendono a comprendere un numero molto più alto di donne. Anche se in passato esisteva già una domanda di forza lavoro femminile per alcuni tipi di lavoro nell’industria, appare chiaro che attualmente e nel prossimo futuro l’offerta di lavoro si concentrerà soprattutto in settori quali il lavoro domestico, l’assistenza sanitaria e la ristorazione. Si tratta di settori in cui la percentuale di lavoratrici è tradizionalmente alta: si può pertanto prevedere che aumenteranno sempre di più le donne che vengono in Europa in cerca di lavoro. Tenuti presenti i forti mutamenti che caratterizzano l’andamento delle politiche di governo in materia di immigrazione, è anche prevedibile che molte di queste donne saranno immigrate irregolari, e pertanto si troveranno in una posizione giuridica più debole delle immigrate e degli immigrati delle generazioni precedenti.

Una percentuale significativa delle immigrate che vivono attualmente in Europa hanno livelli di istruzione bassi, o sono analfabete. Per contro, altre hanno qualifiche professionali eccellenti, anche se nel mercato del lavoro europeo è difficile per un’immigrata utilizzare le proprie competenze a livelli adeguati. Esiste inoltre una profonda differenza fra la prima generazione di immigrate e le generazioni successive: queste ultime hanno in genere livelli di istruzione più alti delle loro madri e delle loro nonne, e anzi sono molte quelle che hanno ottenuto o stanno ottenendo livelli di istruzione superiori. Tale conquista, però, non è affatto facile né automatica.

Le immigrate che provengono dagli stessi paesi europei hanno in genere meno difficoltà di adattamento al nuovo ambiente, mentre quelle che vengono da paesi extra-europei portano con sé un bagaglio di tradizioni e pratiche culturali e religiose molto diverse. Nei paesi europei esiste già una ricca tradizione di minoranze culturali, religiose e linguistiche. L’immigrazione recente non ha fatto che arricchire ulteriormente questo patrimonio, più che mutare la situazione in modo significativo. In questi ultimi anni, alcuni paesi europei hanno dimostrato un maggiore interesse verso le popolazioni autoctone che vivono sul loro territorio. In alcuni casi le comunità immigrate sono riuscite a trarre vantaggio dallo sviluppo di questo maggiore interesse nei confronti delle diversità culturali.

Le culture in generale tendono a dimostrare un certo grado di dinamicità, in particolare in situazioni di rapido mutamento e quando entrano in rapporto con culture diverse. Questo processo può naturalmente riguardare anche le culture delle popolazioni immigrate, ma la condizione perché esso si verifichi è che nasca uno scambio aperto e privo di pregiudizi fra tutti i gruppi e le persone interessate. Molte persone, in particolare se immigrate di seconda generazione e oltre, sviluppano anche la capacità di interiorizzare molti codici culturali diversi allo stesso tempo e si trovano relativamente a proprio agio in un contesto multiculturale. Perché ciò avvenga è necessario però che siano soddisfatte una serie di condizioni, come la sicurezza del proprio status giuridico, il lavoro e un grado di istruzione soddisfacente; inoltre non devono essere presenti fenomeni di razzismo e discriminazioni.

Gli scontri fra culture delle popolazione immigrata e cultura dominante purtroppo esistono, e possono essere di notevole gravità. Molti di questi scontri sono frutto di pregiudizi, eccesso di generalizzazioni, ignoranza e paura. Ciò si verifica più di frequente quando viene contrapposta una visione stereotipata di determinati valori o credenze (ad esempio l’Islam) a una visione altrettanto stereotipata dei cosiddetti valori occidentali. Esistono però alcuni casi in cui entrano effettivamente in gioco valori intrinsechi di natura talmente fondamentale, da non poter dire che lo scontro è dovuto solo a una mancanza di comunicazione.

Il Gruppo ha tentato di individuare alcuni casi di questo genere, esaminando quali sono i problemi di fondo a essi collegati. Nella maggior parte dei casi i problemi emergono negli ambiti in cui alcuni valori legati alla vita privata e familiare hanno ripercussioni sulla vita pubblica. Su questo terreno la posizione ricoperta dalle donne e dagli uomini è un tema di importanza cruciale. Il principio dell’uguaglianza fra donne e uomini è un diritto umano fondamentale, riconosciuto in quanto tale in quasi tutte le società. In alcuni casi, anche quando la popolazione immigrata proviene da società in cui questo principio viene accettato, tale accettazione non è universalmente condivisa da tutte le diverse articolazioni della comunità di riferimento. Atteggiamenti di questo tipo, e il comportamento che ne deriva, possono incidere sulla condizione delle immigrate in modo negativo, limitandone la libertà e le opportunità nella società di accoglienza.

Per un buon funzionamento di società multiculturali in Europa è necessaria un’apertura alla diversità culturale, il rispetto reciproco nei rapporti fra le persone, sia nella sfera pubblica che in quella privata, e pari opportunità di partecipazione per tutti e tutte. Purtuttavia, il Gruppo ritiene che laddove esistano nelle comunità immigrate atteggiamenti e pratiche che violano i diritti umani o contraddicono il principio dell’uguaglianza fra i sessi, esse non debbano essere tollerate, anche nei casi in cui hanno radici culturali o religiose. Il lavoro e il rapporto elaborati dal Gruppo sono stati condotti a partire da questa convinzione.

*Tratto da "Donne, migrazioni, diversità: l’Italia di oggi e di domani", atti del seminario 1 marzo 2001, in corso di pubblicazione a cura della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità.

1. Il seguente testo è tratto dal Rapporto finale del Gruppo di specialiste/i nominato nel 1994 dal Consiglio d’Europa per affrontare queste tematiche, e che nel corso di questo testo verrà definito come "il Gruppo". Gli stati membri del Consiglio d’Europa sono: Albania, Andorra, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Estonia, Federazione Russa, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldavia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica ex-jugoslava di Macedonia, Repubblica Slovacca, Romania, San Marino, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria. Il Gruppo è stato istituito congiuntamente dal Comitato Direttivo per l’uguaglianza fra donne e uomini (CDEG), e dal Comitato europeo sulle migrazioni (CDMG), i due organismi del Consiglio d’Europa che si occupano di questi temi, e ha concluso i suoi lavori nel 1995. Sono stati pertanto omessi in questa traduzione i capitoli che contengono dati e statistiche, in quanto ormai superati, e anche altri capitoli, relazioni e approfondimenti, di mole troppo vasta per essere inserita nella presente pubblicazione. Un testo completo del Rapporto, in inglese o francese (Final Report of Activities, Joint Specialist Group on Migration, Cultural Diversity and Equality of Women and Men, EG/MG (96) 2 rev.), può essere richiesto direttamente al Consiglio d’Europa.