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Migrazioni, diversità culturale, uguaglianza fra i sessi
Rapporto del gruppo di specialiste del Consiglio d'Europa, 1994*
VIII. Raccomandazioni mirate a migliorare le possibilita di partecipazione delle immigrate alle societa di accoglienza
Le eventuali tensioni fra rispetto per le diversità culturali e uguaglianza fra i sessi possono essere evitate o risolte più facilmente dove esistono opportunità migliori di partecipazione delle immigrate alla vita della società. Su questo tema il Gruppo propone le seguenti raccomandazioni, in larga parte fondate sul Rapporto sulle relazioni comunitarie, e dunque in alcuni casi riferibili non solo alle immigrate ma anche alla popolazione immigrata in generale:
Alla luce dei risultati del lavoro del Gruppo, risulta chiara lesigenza di leggi contro lincitazione allodio razziale, anche se le leggi da sole non bastano. E necessario comunque valutare se la legislazione vigente negli stati membri risulti adeguata su questo terreno. E anche urgente lesigenza di inasprire le sanzioni, ed adottare misure di intervento attivo per garantire la protezione contro la discriminazione etnica e razziale. E importante che venga facilitato laccesso ai tribunali o alle altre istituzioni a tutela dei diritti individuali di difesa dalle discriminazioni, e che donne e uomini vengano informati dei loro diritti ed incoraggiati ad esercitarli.
Tenuto conto del fatto che le immigrate spesso vengono considerate vittime di una duplice discriminazione (in primo luogo in quanto immigrate, e in secondo luogo in quanto donne), i programmi di azioni positive mirati ad incrementare la partecipazione, o delle donne o degli immigrati, a tutti i tipi di istituzioni pubbliche e private dovrebbero prevedere misure specifiche mirate alle donne immigrate. Le strutture istituzionali create negli stati membri, ad esempio gli organismi creati nei vari stati per promuovere luguaglianza fra i sessi, devono tener conto delle esigenze specifiche delle donne immigrate, e fornire consulenze su programmi e tipo di documentazione necessari a rispondere alle loro esigenze.
Per le immigrate giunte di recente nella società di accoglienza, dovrebbero essere disponibili sin dallinizio corsi che forniscano una formazione linguistica, un insieme di informazioni pratiche sulla società di accoglienza, e la possibilità di acquisire professionalità spendibili sul mercato del lavoro, quali ad esempio unalfabetizzazione informatica, o un aiuto nella riorganizzazione del lavoro domestico e dellallevamento dei figli in un ambiente diverso. Una parte di questo lavoro di formazione può essere svolto dalle associazioni delle immigrate, che in questo caso dovrebbero ricevere un finanziamento pubblico.
La questione del riconoscimento dei titoli di studio ottenuti in paesi terzi, nonché delle esperienza lavorative acquisite, pesa in modo particolare sulle donne immigrate. I preconcetti su quale sia una carriera professionale normale possono risultare scarsamente applicabili a donne la cui vita è stata sconvolta dalla migrazione, e che hanno responsabilità familiari. Il valore del bilinguismo, insieme alle professionalità acquisite per il fatto di essersi mosse allinterno di due diverse culture, devono anchessi essere riconosciuti ed utilizzati. Le Convenzioni del Consiglio dEuropa, quali la Convenzione sul riconoscimento dei titoli universitari (1959), dovrebbero essere riviste e possibilmente estese, ed i governi europei dovrebbero attivarsi per coordinare ed istituire programmi che riconoscano lequivalenza dei diplomi, al fine di accelerare il processo, spesso lungo e difficoltoso, di ottenere un riconoscimento per i titoli acquisiti allestero. Quando tale riconoscimento viene ottenuto in uno stato membro, il riconoscimento dovrebbe risultare valido anche negli altri stati. Nei casi in cui i titoli non risultino facilmente trasferibili da un paese allaltro, i singoli paesi dovrebbero impegnarsi nella creazione di programmi di formazione o istruzione integrativa, mirati alladattamento dei titoli di studio esteri ai requisiti nazionali.
I criteri di accesso ai programmi di istruzione e di formazione professionale devono essere flessibili, per tener conto delle esperienze multiformi delle immigrate, e consentire loro di esprimere le proprie potenzialità, ad esempio come studentesse in età matura. Può essere necessario inoltre inserire nei programmi anche la formazione linguistica, e programmi di riabilitazione sanitaria per le donne che in precedenza erano occupate nel lavoro domestico o in mansioni dequalificate dellindustria.
E evidente limportanza fondamentale di istituire servizi per linfanzia, in parallelo ai programmi di formazione e per consentire alle madri di parteciparvi. E importante anche tener conto delle esigenze di donne molto giovani con famiglie numerose, e delle famiglie in cui il genitore è una single, che si trova ad allevare i figli da sola. Entrambi i gruppi sopracitati hanno esigenze particolari che vanno analizzate, fra le quali anche lesigenza di strutture per linfanzia, che consentano loro di avere del tempo libero, con la possibilità di perseguire obiettivi personali, compresi quelli di conseguire una formazione generale e professionale.
Nonostante lalto numero di immigrate professionalizzate, ed il dato di fatto dei risultati scolastici migliori che conseguono le giovani immigrate rispetto ai loro coetanei maschi, nel lavoro le donne immigrate continuano ad essere sotto-rappresentate nei livelli professionali più alti, e concentrate solo in alcuni settori. Ancora una volta si può ritenere che questa situazione sia il risultato di una doppia discriminazione. I datori di lavoro dovrebbero essere incoraggiati, con tutti i mezzi disponibili nei diversi sistemi di regole esistenti in Europa, ad adottare programmi per le pari opportunità, finalizzati ad aumentare le assunzioni di donne immigrate o appartenenti a minoranze etniche e il loro accesso alla formazione, e soprattutto a consentire loro la promozione a ruoli professionali e manageriali. I programmi di pari opportunità devono contenere al loro interno misure finalizzate a ridurre il doppio svantaggio vissuto dalle donne che appartengono a minoranze etniche.
I manager e in generale le persone collocate in ruoli decisionali devono ricevere una formazione che punti a stili di management interculturali, mentre lavoratrici e lavoratori vanno sensibilizzati e resi coscienti di quali siano i comportamenti più adeguati ad una situazione di lavoro in cui sono presenti diversità culturali. Ciò dovrebbe comprendere anche una sensibilizzazione sul fatto che i ruoli di uomini e donne, ed i relativi comportamenti sul luogo di lavoro, non sono uguali in tutte le culture; nonché sui preconcetti e gli stereotipi dei componenti della società dominante rispetto ad altre culture e gruppi, e sulle norme e i valori delle culture di minoranza. Questo tipo di programmi devono comprendere anche la questione di come affrontare i comportamenti maschilisti e le azioni che denotano scarsa sensibilità in questo campo.
Non si può sottovalutare il valore di programmi radio-televisivi, sia di interesse generale che di contenuto formativo, che tengano conto degli interessi specifici delle donne immigrate e siano trasmessi nella loro lingua. In particolare per le donne segregate in casa, i media possono fornire sia istruzione che intrattenimento, e rappresentare un legame con il resto della società. Le autorità radio-televisive dovrebbero essere incoraggiate a trasmettere programmi mirati al pubblico delle donne immigrate, e coinvolgere queste ultime nella produzione e presentazione dei programmi in questione.
*Tratto da "Donne, migrazioni, diversità: lItalia di oggi e di domani", atti del seminario 1 marzo 2001, in corso di pubblicazione a cura della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità.