Migrazioni, diversità culturale, uguaglianza fra i sessi
Rapporto del gruppo di specialiste del Consiglio d'Europa, 1994*



IX. Ulteriori raccomandazioni su misure per garantire la parità delle donne immigrate



In tutto il suo lavoro, ed in particolare nell’ascolto delle testimonianze di donne immigrate, il Gruppo ha verificato che alcuni aspetti delle politiche sull’immigrazione in alcuni paesi rappresentano barriere aggiuntive alla parità per le donne immigrate. Il Gruppo ritiene pertanto necessario presentare una serie di raccomandazioni che riguardano le politiche generali sull’immigrazione.

a. Soggiorno

  1. Quando le donne immigrate hanno un permesso di soggiorno legato a quello del coniuge, ai mariti viene potenzialmente dato un potere su di loro, che può rivelarsi molto oppressivo. Vanno pertanto riviste le norme sui permessi di soggiorno, per garantire che laddove una persona si ricongiunge al proprio coniuge nel paese di accoglienza, a seguito di quanto previsto dalla legge in materia di ricongiungimento familiare, questa persona possa ottenere prima possibile un permesso di soggiorno autonomo. A ciò dovrebbe accompagnarsi il diritto al lavoro nel paese di accoglienza, ed alle stesse condizioni di lavoro e di protezione sociale garantite ai lavoratori autoctoni.

  2. Un approccio eccessivamente restrittivo al tema del ricongiungimento familiare può interferire pesantemente nella vita familiare, che tutti i paesi europei riconoscono come un diritto umano fondamentale. Inoltre, la costruzione di una vita familiare normale nel paese di accoglienza viene universalmente riconosciuta come una delle chiavi per un’integrazione efficace. Le norme in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero pertanto essere riviste, al fine di garantire che l’ingresso nel paese di residenza del proprio coniuge non venga inutilemente ritardato da periodi di prova o da altri vincoli, salvo quanto strettamente necessario per il completamento delle procedure amministrative.

  3. Immigrate e immigrati che hanno il permesso di soggiorno in un paese europeo possono però incontrare forti difficoltà ad entrare in un altro. Ciò rende oltretutto difficile alle immigrate costruire reti europee e partecipare alla vita associativa in condizioni di parità rispetto alle altre donne, ed impedisce anche la gestione di normali contatti sociali e familiari fra paesi diversi. Le cittadine ed i cittadini di paesi terzi legalmente residenti in uno stato membro del Consiglio d’Europa dovrebbero pertanto avere il diritto di visitare per brevi periodi, e per motivi diversi dal lavoro, tutti gli altri stati membri.

b. Norme di tutela in materia di lavoro

  1. Le donne che entrano in un paese perché legate ad un contratto di lavoro, o come lavoratrici domestiche, si trovano in una forma di lavoro vincolato, ed hanno particolarmente bisogno di essere protette dallo sfruttamento. I governi ed i sindacati devono esercitare una vigilanza speciale per difendere queste donne, ed essere pronti ad intervenire con energia contro i datori di lavoro che tentino in qualsiasi forma di impedire alle lavoratrici immigrate di esercitare il proprio diritto a cambiare lavoro.
  2. A seguito di una generale femminilizzazione dei flussi migratori, accompagnata da vincoli sempre più restrittivi sull’immigrazione per motivi di lavoro, nei paesi europei vivono ormai un gran numero di immigrate irregolari. Inutile dire che queste donne sono altamente vulnerabili allo sfruttamento da parte di datori di lavoro privi di scrupoli. Esistono inoltre problemi che riguardano l’accesso all’assistenza sanitaria e, quando queste donne sono accompagnate dai figli, l’accesso all’istruzione di questi ultimi. Senza in alcun modo mettere in discussione l’esigenza di evitare l’immigrazione clandestina, il Gruppo chiede ai governi di esaminare con maggiore attenzione i gravi problemi delle donne che si trovano in questa situazione.

c. Nazionalità

  1. Quando le immigrate hanno la cittadinanza del paese in cui vivono si trovano in una posizione di maggior forza per chiedere il pieno rispetto dei loro diritti, e l’uguaglianza sia nella sfera pubblica che in quella privata. Il Gruppo richiede pertanto ai governi di facilitare l’acquisizione della nazionalità dopo un certo periodo di residenza nel paese.

In conclusione, alcune delle raccomandazioni contenute in questo rapporto corrispondono alle strategie elencate al paragrafo VI della Dichiarazione sull’uguaglianza fra donne e uomini adottata nel 1988 dal Consiglio d’Europa. La recente raccomandazione 1261 dell’Assemblea Parlamentare (1995), sulla situazione delle donne immigrate in Europa, riflette anch’essa molte delle preoccupazioni espresse nel presente rapporto, in particolare sullo status giuridico disuguale delle donne immigrate. Il Gruppo raccomanda pertanto che, al fine di riconoscere l’importanza di ottenere la parità a tutti i livelli per le donne immigrate, il Comitato dei Ministri emetta una specifica Raccomandazione sulla parità delle donne immigrate.

*Tratto da "Donne, migrazioni, diversità: l’Italia di oggi e di domani", atti del seminario 1 marzo 2001, in corso di pubblicazione a cura della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità.