Donne: persecuzione sotto i riflettori*

di Judith Kumin



«Dove, in fin dei conti, hanno inizio i diritti umani universali? In luoghi piccoli vicino a casa.» —Eleanor Roosevelt

Nel 1989 Mihai e Maria fuggirono dal brutale regime dell’uomo forte rumeno Nicolae Ceausescu percorrendo il Danubio su delle camere d’aria. I due presentarono la richiesta per ottenere lo status di rifugiato presso l’ufficio dell’UNHCR a Belgrado. ´Non riesco a trovare alcun appiglio per riconoscerliª, mi disse allora un collega preoccupato. ´Ma credo che dovresti parlare con la moglie. Ho la sensazione che abbia qualcosa da dire, ma non vuole dirlo a me. Si rifiuta persino di guardarmiª.

Con in mano una tazza di caffè e non in presenza del marito, Maria raccontò un’agghiacciante storia di umiliazioni e abusi sessuali ad opera della polizia segreta rumena, la Securitate, che riteneva il marito coinvolto con un gruppo d’opposizione clandestino ed era decisa ad estrarre una confessione dalla donna.

Poco dopo il colloquio con Maria la coppia fu reinsediata negli Stati Uniti. Ci siamo tenuti in contatto nel corso degli anni ed io ho spesso riflettuto su quanto fossimo stati vicini al respingere la loro richiesta e a consegnarli alla polizia jugoslava, che li avrebbe a sua volta riconsegnati alla Securitate.

Quando i padri della Convenzione del 1951 — tutti uomini - scrissero quella che sarebbe diventata la Magna Charta del diritto internazionale del rifugiato elaborarono una definizione del termine rifugiato che contemplava un timore ben fondato di persecuzione su base razziale, religiosa, nazionale, per l’appartenenza ad un gruppo sociale determinato, per motivi di opinione politica. La persecuzione sessuale non venne deliberatamente omessa — non venne neanche presa in considerazione.

Anche se veniva riconosciuto che le donne potessero essere rifugiati a pieno titolo, nella prassi risultava loro difficile sostenere le proprie richieste. Spesso alle mogli non veniva neanche data l’opportunità di raccontare le proprie storie. A volte, come nel caso di Maria, esitavano a farlo di fronte ad intervistatori di sesso maschile. Ben scarsa considerazione veniva data ai tipi di persecuzione che possono affliggere solo le donne.

La persecuzione su base sessuale iniziò ad emergere negli anni ‘80, all’epoca del primo decennio delle donne dell’ONU. Nel 1984 il Parlamento Europeo approvò una risoluzione rivoluzionaria per i tempi nella quale si chiedeva agli stati membri di considerare le donne che trasgrediscono la morale sociale o religiosa un ´gruppo sociale particolareª ai sensi della determinazione dello status di rifugiato.

Alcune voci critiche giudicarono questo atteggiamento come un’ingerenza occidentale sulle tradizioni culturali delle società non occidentali. Altri giudicarono la risoluzione troppo vaga, sostenendo che la persecuzione doveva essere in fattispecie personale e specifica. Nel 1985 il Comitato Esecutivo dell’UNHCR adottò la sua prima Conclusione sulle donne rifugiate e sulla protezione internazionale e nel 1988 l’UNHCR tenne la sua prima Consultazione sulle donne rifugiate.

Punto di svolta

Ma la vera svolta ebbe luogo negli anni ‘90. Le violazioni dei diritti umani delle donne acquistarono una nuova visibilità e il movimento teso al riconoscimento dell’universalità dei diritti umani acquistò una maggiore credibilità. Si stava gradualmente affermando la coscienza del fatto che le rivendicazioni su base sessuale possono e devono rientrare nell’ambito della Convenzione del 1951. Nel 1991 l’UNHCR pubblicò le sue ´Linee guida per la protezione delle donne rifugiateª. Nel 1993 il Consiglio per l’immigrazione e i rifugiati del Canada pubblicò a sua volta le proprie rivoluzionarie linee guida su ´Donne richiedenti asilo che temono persecuzioni su base sessualeª. Gli Stati Uniti, l’Australia e il Regno Unito seguirono l’esempio del Canada con proprie direttive. Oggigiorno, gli stati sono sempre più restii a respingere le richieste d’asilo di donne sulla base della secolare argomentazione del ‘relativismo culturale’, che considera le violazioni dei diritti delle donne incidenti di natura privata specificamente legati a particolari religioni e culture.

Una manciata di paesi guidati dalla Germania continuano a sostenere che affinché un individuo possa essere riconosciuto come rifugiato la persecuzione deve essere perpetrata dallo stato o da un agente dello stato. Ma l’UNHCR e gran parte dei paesi d’asilo insistono sul fatto che ciò che è importante non è tanto chi commette le persecuzioni, quanto se lo stato è o meno disponibile a, o in grado di, proteggere la vittima.

Un’altra questione controversa è se vi debba essere un’intenzione di natura dolosa a nuocere la vittima. Questo diventa particolarmente importante nel contesto di pratiche tradizionali quali la circoncisione femminile, nella quale è certamente assente qualsiasi intenzione dei perpetratori di nuocere alle bambine, anche se viene generalmente riconosciuto che la pratica comporta gravi danni.

L’opinione politica è un’altra area complessa. Le donne possono essere oggetto di persecuzione non solo per le loro opinioni, ma anche per quelle dei loro mariti. Le donne più degli uomini possono essere sottoposte a trattamenti discriminatori a causa di restrizioni di tipo religioso, come avviene nei campi del lavoro, del vestiario e della possibilità di viaggiare.

Ma è ‘l’appartenenza ad uno specifico gruppo sociale’ la fattispecie che ha generato le maggiori controversie. Anche se viene generalmente accettato che certe donne possano essere considerate parte di uno ‘specifico gruppo sociale’ ai fini della determinazione dello status di rifugiato, c’è meno accordo su quanto possa essere estesa questa argomentazione, in particolare in connessione ai casi di donne vittime di abusi tra le mura domestiche - la principale causa di lesioni per le donne nel mondo. Deve lo stato astenersi dal proteggere la donna? O è semplicemente non in grado di proteggerla? Quanto deve essere estesa la protezione dello stato?

L’ex Ministro della Giustizia americano Janet Reno ha dovuto affrontare queste questioni proprio poche ore prima di dover lasciare l’incarico nel gennaio del 2001. La Reno ordinò al Consiglio d’appello per l’immigrazione di rivedere una decisione del 1999 che aveva portato a negare l’asilo ad una donna guatemalteca che era stata gravemente malmenata ed aveva cercato negli USA protezione dagli abusi dell’ex marito.

Uno sviluppo di portata storica si è avuto con l’adozione a Roma nel luglio 1998 dello Statuto della Corte penale internazionale, che sarà competente su una vasta gamma di reati connessi al sesso: lo stupro, la schiavitù sessuale, la costrizione alla prostituzione, la gravidanza forzata, la sterilizzazione forzata. Nel febbraio 2001 il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha emesso ai danni di tre ufficiali serbo-bosniaci le prima condanne che contemplano lo stupro come crimini contro l’umanità.

A 50 anni dalla sua adozione, la Convenzione sui rifugiati contempla ancora appena cinque fattispecie per il riconoscimento dello status di rifugiato. È stato suggerito da alcune parti che vada aggiunta una sesta fattispecie relativa al sesso. Ma casi giuridici da ogni parte del mondo forniscono ampia prova del fatto che le rivendicazioni basate su persecuzioni a sfondo sessuale possono essere gestite nell’ambito del testo attuale. La persecuzione a sfondo sessuale, e la persecuzione delle donne in particolare, è uscita allo scoperto.

*Articolo tratto da: "Rifugiati" pubblicazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, edizione italiana, n. 3/2001, pag. 12-13.

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