Lo stupro etnico*

di Valentina Piattelli


Per la mentalità tradizionale di molti paesi del mondo la donna è una proprietà dell'uomo, padre o marito che sia. In tempo di guerra in genere le donne tornano a essere contese come oggetti anche in quelle società che, in tempo di pace, sembravano aver superato questa visione. Nei conflitti etnici in particolar modo, le donne vengono colpite non perché realmente pericolose, ma solo perché sono le donne del nemico, potenziali generatrici di futuri nemici. Uccidendole, stuprandole o torturandole si vogliono colpire in realtà gli uomini, nemici, a cui esse appartengono. Per contro gli uomini percepiscono lo stupro delle loro donne come una delle massime umiliazioni: esso è la prova schiacciante della loro impotenza. Per questo motivo in guerra le donne vengono spesso violentate in presenza dei parenti maschi, o addirittura di fronte all'intera comunità: la simbologia della violenza travalica ogni lingua e ogni cultura e il messaggio è chiaramente quello del dominio totale.
Gli stupri di guerra nella ex Jugoslavia sono diventati i primi di cui si è parlato diffusamente, anche perché facevano parte di un vero e proprio progetto genocidiale noto come pulizia etnica. Anche se ci sono stati abusi imputabili a tutte le parti in conflitto, i soldati serbo-bosniaci hanno attuato un piano di stupri sistematici nei confronti delle donne musulmano-bosniache e croate, il cui obiettivo finale era la morte o una gravidanza coatta. Infatti per la mentalità tradizionale, non è la donna, ma luomo a determinare l'appartenenza etnica del nascituro. Così attraverso gli stupri di massa le donne dell'etnia nemica venivano contaminate e la propria etnia veniva diffusa.
In questo piano di violenze le autorità militari e civili sono state coinvolte indirettamente e direttamente: spesso, pur essendone a conoscenza, hanno lasciato correre; altrettanto spesso, per esempio con l'istituzione di centri di detenzione organizzati per lo stupro, ne sono state direttamente fautrici. In Bosnia molte donne violentate sono state detenute in campi di concentramento fino a che la loro gravidanza era in stato così avanzato che l'aborto sarebbe stato impossibile. In questo caso le madri hanno spesso nascosto la causa della loro gravidanza, ritenendo loro stesse che i figli nati dalle violenze appartenessero all'etnia dello stupratore: così, nella maggior parte dei casi i bambini sono stati abbandonati dopo il parto.
Quando è divenuto di pubblico dominio il piano di stupri messo in atto dai soldati serbi, e ben presto attuato per vendetta anche dagli altri eserciti coinvolti nel conflitto della ex Jugoslavia, nel mondo è sorta un'ondata di indignazione che ha costretto i responsabili militari a porre un freno alle violenze, segno fra l'altro dell'utilità della pressione dell'opinione pubblica. Per la prima volta si è avuta notizia di alcuni casi di stupratori arrestati e processati per i loro crimini. Nonostante lo stupro sia un reato che ricade sotto la giurisdizione del Tribunale istituito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per giudicare i crimini commessi nella ex Jugoslavia, sono ancora pochissimi i casi di uomini processati per tali atrocità.


*Tratto da Non sopportiamo la tortura. a cura di Amnesty International, ed. Rizzoli 2000, parte dellomonima campagna contro la tortura.