Progetto di ricerca sulle Mgf in un contesto di immigrazione*

di Carla Pasquinelli, Cristina Cenci, Silvia Manganelli e Valeria Guelfi



1. Obiettivi

Il profondo radicamento delle Mgf in larga parte delle culture africane è dovuto a una complessa costellazione di fattori che, pur variando da una cultura all'altra, presentano alcuni tratti comuni, che abbiamo assunto come referente teorico della nostra ipotesi di ricerca. Si tratta del ruolo fondamentale che esse hanno nella costruzione dell'identità di genere, nella formazione dell'appartenenza etnica, e nella definizione dei rapporti di potere tra i sessi e tra le generazioni. La loro efficacia è associata al complesso sistema di strategie matrimoniali fondato sul prezzo della sposa, che delega alle Mgf il controllo della sessualità femminile.

Questo quadro tradizionale si presenta oggi sempre meno compatto in seguito da un lato ai processi di modernizzazione che hanno investito le società africane, dall'altro alle dinamiche di acculturazione generate dai flussi di emigrazione nelle società occidentali.

La nostra ricerca si è posta l'obiettivo di indagare lo statuto delle Mgf nel contesto dell'immigrazione in Italia analizzando come e in che misura vivere in un'altra società possa mutare o quantomeno influenzare in positivo o in negativo atteggiamenti, comportamenti e valori rispetto a una pratica ancora fortemente sentita.

Per questo ci siamo concentrate su un aspetto troppo spesso trascurato e cioè l'interazione complessa che si viene a creare con la società di accoglienza. Si tratta di una variabile che può influenzare in modo determinante la posizione delle donne immigrate rispetto alle Mgf, dando luogo a due atteggiamenti opposti. Può sia favorire un'apertura problematica che porti a un atteggiamento di progressivo rifiuto di questa pratica, sia provocare un atteggiamento di chiusura che finisca per radicalizzare le Mgf come mezzo per riaffermare la propria diversità.

Nel contesto dell'immigrazione assume infatti particolare rilevanza il ruolo delle Mgf nei processi di tutela e di legittimazione dell'identità etnica. Attraverso le Mgf il gruppo scrive il suo nome sui corpi delle donne, incide quelle "ferite simboliche", che pur assoggettandole ne assicurano il riconoscimento e il senso di appartenenza alla comunità. Da qui il carattere di sfida culturale che esse possono facilmente assumere in una situazione di immigrazione dove identità e senso di appartenenza sono a rischio e devono continuamente essere confermate e reinventate.

In questo quadro si tratta di capire in che modo intervengano le politiche di accoglienza adottate nei confronti dei gruppi immigrati: assimilazione o multiculturalismo. A differenza di altri paesi europei - come ad esempio la Francia e la Gran Bretagna dove prevalgono due atteggiamenti opposti - in Italia c'è tuttora molta incertezza. La mancanza di una linea definita porta al prevalere di un'indifferenza bonaria fondata su un generico multiculturalismo, che in concreto non sembra spesso riservare altra scelta se non quella tra emarginazione o assimilazione.

In assenza di una politica nazionale coerente assume un ruolo determinante l'atteggiamento delle comunità di accoglienza locali, e in particolare degli operatori sociali e sanitari, che costituiscono l'interfaccia quotidiana con i gruppi di immigrati.

Proprio per questo abbiamo optato per una doppia situazione. Per potere cogliere, ma anche comparare le diverse variabili abbiamo scelto come oggetto di ricerca due diverse comunità di donne immigrate, somale e nigeriane, localizzate in due diversi contesti di accoglienza: Torino e Roma.

2. Ipotesi

Alla base della nostra ricerca vi sono due ipotesi fondamentali: la prima riguarda lo statuto delle Mgf e la seconda l'interpretazione del cambiamento sociale.

Prima ipotesi

Le Mgf sono una pratica culturale che non può essere affrontata isolatamente, come troppo spesso si tende a fare, ma deve essere contestualizzata. Il contesto che conferisce senso alla pratica culturale delle Mgf e all'agire dei soggetti interessati è un sistema complesso di strategie matrimoniali, fondate sul prezzo della sposa, che hanno come corollario alcuni tratti fissi che si implicano a vicenda quali il matrimonio combinato, l'età prematura della sposa, l'età avanzata dello sposo e la poligamia, oltre a una serie di tratti secondari che variano da un'etnia all'altra.

Le Mgf sono - per usare un'espressione introdotta da Marcel Mauss - "un fatto sociale totale", nel senso che non possono essere comprese a un solo livello, ma costituiscono un sistema di fenomeni - economici, sociali e simbolici - strettamente collegati tra loro.

Tenere presente questo complesso sistema economico-simbolico significa estendere il campo di analisi sulle Mgf a tutti gli altri tratti cointeressati - prezzo della sposa, matrimonio combinato, poligamia ecc. - in modo tale da potere effettuare un monitoraggio capillare in grado di segnalare mutamenti laterali o spostamenti impercettibili, ma non per questo meno significativi soprattutto in quei casi in cui la pratica delle Mgf appare invece presentarsi sostanzialmente immutata.

Seconda ipotesi

La principale strategia adottata dagli organismi internazionali e, su pressione di questi ultimi, dai governi locali per porre fine alle Mgf si colloca sul piano educativo attraverso campagne di informazione condotte a vari livelli. Si tratta di una forma di intervento che può avere, come di fatto in parte ha avuto, degli effetti positivi nei confronti di alcune élite, ma che appare insufficiente se ci si aspetta da essa di eliminare qualcosa di così radicato e diffuso nel corpo sociale come lo sono le Mgf.

Tale aspettativa nasce da un'idea utopistica e ingenua delle dinamiche di cambiamento, fondata com'è su un'impostazione pedagogica che affida illuministicamente allo sviluppo dell'educazione e all'innalzamento del livello culturale la risoluzione di un fenomeno così complesso qual è la trasformazione delle società. Ma soprattutto questo tipo di interventi non tiene sempre adeguatamente conto delle maniere complesse e contraddittorie che assume il mutamento sociale, e in particolare la specificità dei processi di modernizzazione in società come quelle africane tuttora caratterizzate da una forte presenza della tradizione.

I processi di cambiamento che hanno investito il continente africano e che si chiamano urbanizzazione, tribalizzazione, guerra, emigrazione, fondamentalismo islamico, ecc. hanno portato a un aumento della conflittualità e a una sua estensione a fasce e a gruppi sociali le cui identità e ruoli appaiono sempre meno suscettibili di essere definiti e regolamentati da forme tradizionali di potere e di controllo sociale.

È in questo contesto che abbiamo cercato di impostare la questione delle Mgf per potere capire fino a che punto i loro margini di consenso sono affetti da tali processi di cambiamento.

3. Metodologia

Prima di descrivere come è stata condotta la ricerca, vogliamo chiarire i criteri che sono alla base della nostra impostazione metodologica.

Forse è bene qui ricordare una caratteristica fondamentale dei metodi delle scienze sociali, una caratteristica acquisita da Weber in poi che però a volte si tende a dimenticare. Al contrario di quanto vale per le scienze naturali, che sono basate sulla ricerca di dati oggettivi e di leggi fondate sul principio di causa, il paradigma delle scienze sociali si fonda invece sulla comprensione e sull'interpretazione dei significati che i soggetti sociali attribuiscono alle proprie azioni. In concreto ciò significa che tutti i dati, anche quelli più semplici, dipendono dal quadro interpretativo: in altre parole ciò significa che non esistono dati oggettivi. I dati sono sempre interpretati, tanto che un diverso quadro interpretativo applicato a una stessa situazione indagata può portare a risultati assolutamente divergenti.

Ora sfogliando l'amplia letteratura sulle Mgf siamo rimaste colpite dall'assoluta assenza - tranne rarissime eccezioni - di quadri interpretativi, e nello stesso tempo siamo rimaste sommerse da una sovrabbondanza di dati che spesso si ripetono e si sovrappongono da una pubblicazione all'altra. Come se non bastasse tali dati appaiono quasi sempre semplificati in modo da essere resi misurabili e utilizzabili statisticamente secondo un trattamento quantitativo che risponde al tentativo di garantirne una pretesa di oggettività.

Ma questo ideale di un sapere oggettivo fondato empiricamente non solo si dimostra del tutto inadeguato quando a essere oggetto dell'analisi sono i comportamenti e i sistemi di credenze di individui e gruppi umani, ma anche fornisce dei dati scarsamente utilizzabili, dal momento che per farli apparire "oggettivi" vengono depurati di ogni riferimento al sistema di significati in cui acquisiscono invece il loro senso.

Noi, come antropologhe, ci siamo attenute strettamente a un'impostazione interpretativa che tenesse fermo un quadro di riferimento per la lettura dei dati che venivamo via via rilevando nel corso della ricerca. Con una accortezza metodologica in più, di cui siamo debitrici ai sofisticati procedimenti interpretativi di Clifford Geertz per il quale le interpretazioni in gioco sono di due tipi: quelle dell'osservatore e quelle dell'osservato.

Ciò significa che i resoconti resi, ad esempio, come nel nostro caso, in forma di intervista da parte degli "osservati" (le donne intervistate da noi) ci hanno rimandato a significati e interpretazioni che non sono personali, "private", ma sono sempre interpretazioni comuni e cioè condivise da parte del gruppo sociale cui le persone intervistate appartengono. In quanto tali, queste loro interpretazioni sono state a loro volta interpretate da parte nostra, dalla nostra posizione di osservatrici a partire da un quadro interpretativo fondato sulle due ipotesi illustrate nel paragrafo precedente.

In tal modo tra noi e loro si è venuta a stabilire una relazione di influenza reciproca per quanto riguarda l'elaborazione e l'interpretazione dei dati e delle informazioni che emergevano nel corso dei nostri incontri - interviste, focus group, ecc. È all'interno dunque di questo complesso contesto di riferimenti che i dati della nostra ricerca hanno acquisito la loro intelligibilità mettendoci in grado di formulare alcune linee interpretative sui trend dominanti.

Dal momento che si è trattato di una ricerca fondata su un rapporto stretto tra osservatore e osservato, abbiamo ritenuto essenziale attenerci a due prescrizioni metodologiche fondamentali. La prima è la necessaria ridefinizione dell'oggetto della ricerca nel corso dell'indagine e la seconda è la riproblematizzazione del punto di vista dell'osservatore. Si tratta di due accorgimenti che partono dal riconoscimento che l'osservatore fa parte del contesto osservato e che nel corso della ricerca quest'ultimo deve essere salvaguardato, per quanto possibile, dalle inevitabili proiezioni dell'osservatore.

In concreto la ricerca è stata articolata secondo due fasi distinte: desk research e field research.

La prima fase: desk research

È consistita in un lavoro di reperimento di materiali, di inventario delle fonti e di selezione della letteratura sulle Mgf secondo due assi principali: le società di partenza e le società di accoglienza.

Per quanto riguarda il lavoro svolto sulle due società di partenza - Somalia e Nigeria - si è provveduto attraverso la letteratura italiana e straniera a reperire materiali che fornissero indicazioni utili per delineare a grandi tratti il profilo culturale delle due società prese in esame, con particolare attenzione per quanto riguarda la Nigeria ai gruppi etnici a cui appartengono le donne intervistate nella seconda fase della ricerca.

Per quanto riguarda le società di accoglienza abbiamo lavorato su tre piani diversi. Per prima cosa abbiamo cercato di fare il punto sullo stato delle questioni sull'immigrazione nel nostro paese, con particolare riferimento alle due aree interessate (Roma e Torino) reperendo dati sui flussi migratori, le presenze, il sesso e le classi di età.

Ci siamo in un secondo momento soffermate sui principali problemi legati alla crescente presenza di donne operate, a cui le società di accoglienza sono state chiamate a far fronte (sanità, cittadinanza, religione), così come sono emerse nella sfera pubblica attraverso una rassegna della stampa italiana sul tema delle Mgf. Sono stati analizzati tutti gli articoli pubblicati tra il 1998 e il 2000 su quotidiani e periodici di rilevanza nazionale (Il Sole 24 ore, l'Unità, il manifesto, il Giornale, la Repubblica, Il Messaggero, L'Avvenire, Amica, Elle, Oggi, Il Venerdì di Repubblica). Per approfondire la presenza del tema nella stampa è stata inoltre svolta un'analisi diacronica circoscritta a due testate: il Corriere della sera e La Stampa lungo tutto il periodo che va dal 1992 al 1998.

Infine è stata messa a punto una rassegna critica delle principali pubblicazioni di carattere specialistico - libri e saggi - uscite in Italia, completata da una bibliografia ragionata su quanto è stato pubblicato e tradotto in italiano sul tema delle Mgf.

La seconda fase: field research

Abbiamo scelto come oggetto di ricerca due diverse comunità di donne immigrate, somale e nigeriane, localizzate in due diversi contesti di accoglienza: Torino e Roma.

Questo duplice criterio di scelta si basa su una serie di considerazioni:

Abbiamo proceduto secondo tre diversi moduli:

  1. interviste in profondità;
  2. focus group;
  3. osservazione partecipante.

Globalmente sono state realizzate 50 interviste in profondità e 4 focus group composti ciascuno da 12 donne.

1. Per intervista in profondità si intende un'intervista non strutturata che utilizza linee guida generali che si precisano nel corso dell'interazione tra intervistatore e intervistato. Mentre il questionario organizza la riflessione del soggetto intorno a una configurazione di temi predefinita, l'intervista in profondità facilita l'emergere di items spontanei e impliciti e come tale l'abbiamo ritenuta particolarmente adatta per indagini come la nostra su temi così intimi e personali.

L'uso di procedure per l'analisi del discorso ha consentito inoltre la costruzione di alcune mappe semantiche significative che abbiamo declinato secondo due assi paralleli: i termini e le categorie delle intervistate da una parte e la loro traduzione in alcuni concetti antropologici dall'altra. Ne sono venute fuori i seguenti accorpamenti semantici: diventare donna/costruzione dell'identità di genere; difesa della verginità/prezzo della sposa; scelta volontaria/habitus; tradizione versus religione/dinamiche del cambiamento; bellezza e integrità del corpo/coppia puro/impuro.

2. I focus group sono stati condotti secondo il modello psicodinamico, poco praticato in Italia, dove prevale invece il molto meno efficace discussion group. Questo modello si basa invece su catene associative, test proiettivi e sociodrammi che permettono di cogliere anche gli atteggiamenti e le rappresentazioni meno consapevoli.

Al di là dei risultati conseguiti sia nelle interviste in profondità sia nei focus group, abbiamo ritenuto molto fecondo soffermarsi sullo scarto che si è prodotto a livello di discorsi, di significati e di atteggiamenti tra le due prestazioni. Nel senso che molto spesso abbiamo rilevato che non c'era coerenza tra quanto sostenuto nell'intervista e le affermazioni che venivano fatte nel corso del focus group. Tale scarto, e soprattutto il fatto in sé per cui alcune delle intervistate hanno sostenuto all'interno del focus group tesi opposte alle affermazioni fatte nell'intervista individuale, è diventato a sua volta oggetto di interpretazione. E ciò ha spostato la nostra attenzione dall'interazione tra noi e loro all'analisi delle dinamiche tra di loro e al tentativo di comprendere in che misura e come la nostra presenza condizionasse a sua volta tali dinamiche interne al gruppo.

3. Abbiamo inoltre condiviso momenti della loro vita quotidiana e siamo stati presenti ad alcuni eventi e cerimonie nelle case o negli spazi della comunità, utilizzando il metodo della osservazione partecipante, che è la tecnica antropologica di ricerca basata sull'inserimento attivo di un osservatore nel gruppo oggetto di analisi. L'osservazione partecipante non mimetizza l'antropologo, ma anzi attiva un processo di interazione che può fare emergere sia comportamenti stereotipati sia vissuti e aspettative latenti degli osservati.

 

*Tratto da "Antropologia delle mutilazioni genitali femminili. Una ricerca in Italia" a cura di Carla Pasquinelli, edito da AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo, 2000.