L'impegno per eliminare le mutilazioni dei genitali femminili*



La questione delle pratiche tradizionali dannose per la salute delle donne, comprese le mutilazioni dei genitali femminili, è stata portata all’attenzione della comunità internazionale grazie all’impegno delle Nazioni Unite, delle sue agenzie specializzate, dei suoi fondi e programmi, e grazie all’impegno della società civile, comprese le organizzazioni non governative. Nell’aprile del 1997, l’OMS, l’UNICEF e il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) hanno prodotto una dichiarazione congiunta sulle mutilazioni dei genitali femminili, che sosteneva l’impegno dei governi e delle comunità verso la promozione e la tutela della salute e dello sviluppo di donne e bambine, e delineava le strategie per eliminare le mutilazioni dei genitali femminili. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato diverse risoluzioni in cui esortava i governi a sradicare tali pratiche.

Anche il Comitato per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne ha richiesto ai governi di eliminare le mutilazioni dei genitali femminili, perché minacciano la salute e il benessere delle donne. Diversi paesi hanno introdotto leggi specifiche finalizzate allo sradicamento delle mutilazioni dei genitali femminili e di altre pratiche dannose per la salute delle donne, ed hanno lanciato, o proseguito, campagne di educazione e sensibilizzazione per promuovere riti di passaggio alternativi. Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gibuti, Egitto, Ghana, Guinea, Senegal, Repubblica Unita di Tanzania e Togo sono alcuni dei paesi che hanno adottato misure legislative per affrontare il problema delle mutilazioni dei genitali femminili. In Eritrea, le recenti riforme del codice civile hanno vietato per legge le mutilazioni dei genitali femminili e il matrimonio precoce. Diversi paesi in cui risiedono ampie comunità di immigrati che praticano le mutilazioni dei genitali femminili, come l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno a loro volta varato leggi che vietano tali pratiche.

In Africa, in occasione di un seminario per i membri dell’Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale, tenutosi nel maggio del 1999, i parlamentari, i Ministri di governo e i membri del Comitato Inter-Africano sulle pratiche tradizionali che danneggiano la salute di donne e bambini (IAC) hanno adottato la Dichiarazione di Ougadougou. La Dichiarazione chiede l’adozione di leggi nazionali che condannino le mutilazioni dei genitali femminili, e la creazione di servizi speciali per il controllo dei flussi migratori dei circoncisori. Anche la prima Conferenza Ministeriale sui Diritti Umani dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OAU), tenutasi nell’aprile del 1999 alle isole Mauritius, ha esortato gli Stati africani ad adoperarsi per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne e per l’abolizione delle pratiche culturali disumane e degradanti per le donne e per le bambine e i bambini.

 

* Tratto da The world’s women 2000. Trends and statistics", a cura dell’Ufficio statistico delle Nazioni Unite, New York 2000. Versione italiana a cura della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità.