La tratta delle donne a scopo di matrimonio*

Per quanto le donne adulte ne siano le principali vittime, il traffico di "mogli ordinate per posta" può coinvolgere anche bambine di 13 anni. Un affare da milioni di dollari alimentato dalla ‘domanda’ di uomini che cercano partner sessuali o donne schiave. In diversi paesi, gli ‘annunci’ che alimentano questo traffico sono esposti in modo piuttosto esplicito nei giornali. Recentemente, gli agenti del traffico delle mogli per posta hanno cominciato a servirsi di Internet. Agenzie ufficialmente autorizzate a fornire servizi per "cuori solitari", offrono cataloghi di donne e bambine provenienti dall’Asia, dall’Europa orientale o da altre regioni. Alcune di queste foto mostrano donne che giocano con i figli, e questo genera la preoccupazione che anche i bambini siano coinvolti nel traffico. Troppo spesso queste donne o adolescenti rischiano di diventare delle schiave domestiche, a causa dell’isolamento e della paura, di essere inserite nel circuito della prostituzione o della pornografia, vi sono anche resoconti di donne maltrattate, sottoposte a violenze o uccise (Calcetas-Santos1998, Doc. A/53/311).

Vittime, modi di reclutamento e vie del traffico di bambini

Alcuni gruppi di bambini e bambine sono particolarmente esposti al coinvolgimento nel traffico internazionale di persone, in ragione della propria vulnerabilità sociale legata alla povertà, al basso status sociale, alla mancanza di opportunità di lavoro, di educazione o di consapevolezza. Nelle regioni rurali del Sud-Est asiatico, il primo contatto con i familiari del fanciullo o con lo stesso minore avviene ad opera di "mediatori" (quasi esclusivamente maschi) nativi del luogo, con precedenti esperienze di emigrazione. False promesse, racconti di favolosi guadagni all’estero possono essere usati come fattore di persuasione nei riguardi dei bambini e delle famiglie. A questo si aggiunge la corruzione diffusa che permette ai trafficanti di coinvolgere o ottenere la tolleranza di capi villaggio, ufficiali di polizia e funzionari amministrativi, che possono procurare importanti aiuti sia per il trasporto, sia per ottenere i documenti necessari. Il poroso confine tra Nepal e India, lungo 1.500 km, con oltre 20 posti doganali ufficiali e un numero indefinito di valichi non controllati, costituisce una sorta di luogo simbolo del traffico internazionale di minori. I bambini trasportati verso l’India vengono istruiti sul modo di rispondere ad eventuali domande al confine. Spesso gli ufficiali doganali si fingono ignari del crimine, salvo poi ricattare i trafficanti estorcendo una partecipazione nei proventi. Dopo l’attraversamento del confine, la destinazione finale è spesso una fabbrica o un altro luogo di lavoro forzato. In certi casi, le bambine sono consegnate a tenutari di bordelli. In Thailandia, le bambine costrette alla prostituzione provengono generalmente dalle tribù del nord del paese o da paesi confinanti come la Cambogia, la Cina e il Vietnam. Uno studio effettuato in Cambogia ha individuato l’esistenza di reti basate su relazioni personali e familiari, piuttosto che su organizzazioni criminali nazionali o internazionali (Annuska Derks, Trafficking of Cambodian Women and Children to Thailand, IOM, 1997). Le vie del traffico sono state identificate virtualmente in ogni parte del mondo e cambiano in continuazione, in relazione a vari fattori: mutamenti legislativi o di politica nazionale, apertura di nuovi mercati, conflitti armati, ecc. Le direttrici principali del traffico internazionale di minori vanno: dall’America Latina verso il Nord America, l’Europa e il Medio Oriente; dai paesi dell’ex blocco sovietico verso i paesi baltici e l’Europa occidentale; dalla Romania verso l’Italia e, attraverso la Turchia e Cipro, verso Israele e il Medio Oriente; dalla Thailandia e dalle Filippine verso l’Australia, la Nuova Zelanda e Taiwan; dalla Cambogia e dal Vietnam verso la Thailandia; dal Nepal e dal Bangladesh verso l’India; dall’India e dal Pakistan verso il Medio Oriente (Calcetas-Santos 1998, Doc. A/53/311).

*tratto da www.cepadu.unipd.it, boll.17-18, p.19