Il ruolo delle donne nel dibattito sulla stesura della Dichiarazione universale
Quando, nel 1946, la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite fu creata, essa era composta da 18 Stati Membri. Durante la sue prime sessioni, il principale tema dei lavori fu la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. La Commissione istituì un Comitato preparatorio, composto di otto membri, provenienti da Australia, Cile, Cina, Francia, Libano, URSS, Regno Unito e Stati Uniti d'America.
Il Segretariato delle Nazioni Unite, guidato da John Humphrey, elaborò i punti principali per indirizzare i lavori del Comitato: ma ben presto il ruolo guida nella stesura della Dichiarazione fu assunto da una donna, Eleanor Roosevelt, che aveva la presidenza della Commissione dei Diritti Umani. Allora, più di 50 anni fa, una donna che molto impropriamente è ricordata solo come moglie del Presidente degli Stati Uniti definiva i diritti umani in termini in cui molte femministe ancora oggi potrebbero riconoscersi.
"Dove, dopo tutto, hanno inizio i Diritti Umani? Nei luoghi più piccoli, vicino casa, così piccoli e vicini da non essere menzionati neppure sulle carte geografiche. Tuttavia questi luoghi rappresentano il mondo del singolo individuo; il quartiere in cui vive, la scuola o l'università che frequenta; la fabbrica, la fattoria o l'ufficio dove lavora. Questi sono i luoghi dove ogni uomo, donna e bambino cerca eguale giustizia, eguale opportunità, eguale dignità senza discriminazione. Qualora questi diritti abbiano poco valore in quei luoghi, essi ne avranno poco anche altrove."
Fu proprio Eleanor Roosevelt, il 10 dicembre del 1948, a leggere per la prima volta la Dichiarazione universale dei diritti umani di fronte allAssemblea Generale delle Nazioni Unite. Nonostante ciò, pochi conoscono il ruolo delle donne nella stesura della Dichiarazione, e i tanti segni che sin da allora, pur usando un linguaggio diverso dal nostro, le donne erano coscienti della necessità di un punto di vista di genere sui diritti umani. Diritti umani, appunto: non come per molti decenni si è insistito a dire, diritti delluomo, traducendo senza riflettere lespressione francese droits de lhomme, e tradendo il senso della Dichiarazione letta solennemente in inglese da Eleanor Roosevelt: International Declaration of Human Rights.
La " fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nella uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne...", è unespressione già contenuta nella Carta delle Nazioni Unite, e con la quale la nuova organizzazione creata dalle ceneri della seconda guerra mondiale introduceva nel diritto internazionale un'innovazione senza precedenti. Il Patto della Società delle Nazioni, infatti, pur,comprendendo articoli sulla soppressione della tratta delle donne e sulla necessità di condizioni di lavoro adeguate per tutti, senza distinzioni di sesso, non comprendeva alcun riferimento a principi generali di non discriminazione o di parità. Né erano realmente comprese le donne nelle definizioni contenute nei due documenti nazionali, ma dalle ambizioni universalistiche, considerati i più illustri precedenti della Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948: la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo prodotta dalla Rivoluzione francese, e la Dichiarazione di indipendenza americana, che non a caso recita tutti gli uomini sono creati uguali", e in nessun punto esplicita che fra "tutti gli uomini" sono almeno comprese, se non nominate, le donne.
Il confronto-scontro con i precedenti storici in materia di diritti fondamentali, fu uno dei nodi su cui si soffermò il dibattito dell'Assemblea Generale, quando si trattò di definire in che modo e con quali parole le donne dovessero essere comprese nella nuova Dichiarazione.
"Tutti gli esseri umani nascono liberi e eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza".
Così il testo dell'articolo 1, nella sua versione definitiva. La prima versione, tuttavia, era ben diversa: "Tutti gli uomini sono fratelli". Immediatamente, e nel modo più formale, si fece sentire la protesta della Commissione sulla Condizione della Donna (Commission on the Status of Women, CSW), istituita un anno dopo la nascita dell'ONU. Il dibattito fu lungo, aspro, non scontato. La stessa Roosevelt si trovò a difendere in quanto universali espressioni come "mankind" (letteralmente "umanità", ma a partire dalla radice "man", che significa "uomo", a differenza del più neutro "humankind"), affermando che esse ormai appartengono al linguaggio comune sia di uomini che di donne. La presidente della CSW, Sig.ra Begtrup, affermò invece esplicitamente che il mondo era cambiato, dopo la dichiarazione di indipendenza USA, e non era al suo linguaggio che ci si poteva richiamare. Per rimarcare le novità, propose che fosse inserita nella Dichiarazione una espressione o una nota secondo la quale, ogni volta che si usava una parola di genere maschile, la norma doveva essere applicata anche alle donne, senza discriminazione alcuna.
La proposta non fu nemmeno discussa, e dunque la CSW si impegnò, con grande ostinazione, perché in ogni singolo articolo della Dichiarazione fosse adottato un linguaggio non sessista. Una battaglia, in larga misura, vinta; anche se permane, nel testo inglese originale, luso dei pronomi he, him, himself, o dellaggettivo his, tutti riferiti al genere maschile. Negli anni seguenti, ha fatto particolarmente discutere luso di questa espressione al maschile riferito al diritto di ciascuna persona al sostentamento per sé e per la propria famiglia; tuttavia gli ultimi testi, ed in particolare la Raccomandazione n.28 del Comitato diritti umani, riferita al testo del Patto sui diritti civili e politici, ha chiarito senza equivoci che essa non può e non deve essere interpretata nel senso di una dipendenza della donna dalluomo.
Certamente, nel dibattito sulla stesura della Dichiarazione universale il dibattito su come definire la famiglia fu acceso e certo non indifferente rispetto alla lettura dei diritti della persona, e della persona donna. Su questi temi, al contrario che sul linguaggio, la Roosevelt ebbe un ruolo di punta, battendosi in prima fila per i diritti delle donne nel matrimonio e nel divorzio. Tutta la CSW, comunque, si impegnò molto per evitare ogni definizione discriminatoria, ed ottenne risultati rilevanti, tanto più rispetto alla cultura dell'epoca, come ad esempio sulla posizione di uomini e donne nel matrimonio, all'art. 16:
"Essi hanno uguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto dei suo scioglimento".
Nel dibattito sulla famiglia, peraltro, si scontrarono non solo uomini e donne, ma diverse politiche e diverse culture, come quando il delegato libanese propose una definizione della famiglia come "dotata dal Creatore di diritti inalienabili antecedenti a tutte le leggi positive", ed il delegato sovietico ribatté che non tutte le persone erano credenti, mentre la Dichiarazione era rivolta all'intera umanità. Il risultato, ancora una volta, fu un compromesso:
"La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato". (art. 16,3)
Resta il fatto che, come si può vedere su molti altri temi illustrati in questo sito, la Dichiarazione Universale è la base sono stati costruiti i principali strumenti internazionali in materia di diritti umani, e il più avanzato insieme di princìpi finora costruito dallumanità, a partire dal principio di eguaglianza e di non discriminazione su cui si fonda la sua stessa nozione di universalità.
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita, o di altra condizione.
Quanto sia poi complesso tradurre questo principio, e lidea di universalità dei diritti, nella realtà delle relazioni fra i sessi nelle diverse parti del mondo, è tema che percorre tutti i materiali contenuti in questo sito.