CONVENZIONI ONU
PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI CIVILI E POLITICI


Adottato dall'Assemblea Generale il 16 dicembre 1966. Entrato in vigore il 23 marzo 1976.
Stati parte al 2000: 147
Reso esecutivo in Italia con legge n. 881 del 25 ottobre 1977. E' entrato in vigore per l'Italia il 15 dicembre 1978.
Il 15 settembre 1978 la Repubblica italiana ha riconosciuto la competenza del Comitato sui diritti umani, eletto in base all'art. 28 del Patto, a ricevere ed esaminare comunicazioni con cui uno stato parte avanza rilievi circa il mancato adempimento degli obblighi stabiliti dal presente Patto da parte di un altro stato parte.

Al momento della ratifica, il governo Italiano ha avanzato le seguenti dichiarazioni e riserve al Patto (trad. redazionale):
"La Repubblica italiana, considerando che l'espressione "arresto o detenzione illegali" contenuta nel paragrafo 5 dell'art. 9 può dar luogo a divergenze d'interpretazione, dichiara d'interpretare l'espressione summenzionata come riferentesi esclusivamente ai casi di arresto o detenzione contrari alle disposizioni del paragrafo 1 dell'art. 9.
Il paragrafo 4 dell'art. 12 non costituisce ostacolo alla applicazione della disposizione transitoria XIII della Costituzione italiana concernente il divieto di ingresso e di soggiorno nel territorio dello Stato di alcuni membri di Casa Savoia.
Le disposizioni della lettera d) del paragrafo 3 dell'art 14 sono considerate compatibili con le vigenti disposizioni italiane che disciplinano la presenza dell'imputato al processo e determinano i casi nei quali è ammessa l'autodifesa o è richiesta l'assistenza di un difensore.
Il paragrafo 5 dell'art. 14 non costituisce ostacolo alla applicazione delle vigenti disposizioni italiane che, in conformità alla Costituzione della Repubblica italiana, disciplinano lo svolgimento in unico grado del giudizio di fronte alla Corte Costituzionale nelle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica e i Ministri.
Riferendosi all'ultima frase del paragrafo 1 dell'art. 15 "se, posteriormente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, il colpevole deve beneficiarne", la Repubblica italiana dichiara di interpretare questa disposizione come applicabile esclusivamente alle procedure in corso.
Pertanto, una persona che sia già stata condannata con una decisione definitiva non potrà beneficiare di una legge posteriore a tale decisione, che preveda l'applicazione di una penal più lieve.
Le disposizioni del paragrafo 3 dell'art. 19 sono considerate compatibili con il vigente regime di autorizzazione per la radio-televisione nazionale e con le restrizioni stabilite dalla legge per le emittenti radiofoniche e televisive locali e per i ripetitori di emittenti straniere."

Il 5 ottobre 1993, il governo italiano avanza la seguente obiezione:
"Il governo italiano ... obietta alla riserva all'art. 6, paragrafo 5, contenuta nello strumento di ratifica degli Stai Uniti d'America. E' opinione dell'Italia che riserve alle disposizioni dell'art. 6 non siano permesse, alla luce di quanto stabilito nel paragrafo 2 dell'art. 4 del presente Patto. Pertanto la riserva è nulla e priva di effetti, in quanto incompatibile con l'oggetto e lo scopo dell'art. 6 del Patto. Inoltre, nell'interpretazione del governo italiano, la riserva apposta all'art. 7 del Patto non tocca gli obblighi assunti dagli stati parti del Patto stesso sulla base dell'art. 2 di quest'ultimo.
Tali obiezioni non costituiscono ostacolo all'entrata in vigore del Patto tra l'Italia e gli Stati Uniti.

Gli Stati parti del presente Patto,
Considerato che, in conformità ai principi enunciati nello Statuto delle Nazioni Unite, il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Riconosciuto che, in conformità alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, l'ideale dell'essere umano libero, che goda delle libertà civili e politiche e della libertà dal timore e dalla miseria, può essere conseguito soltanto se vengono create condizioni le quali permettano ad ognuno di godere dei propri diritti civili e politici, nonché dei propri diritti economici, sociali e culturali;
Considerato che lo Statuto delle Nazioni Unite impone agli Stati l'obbligo di promuovere il rispetto e l'osservanza universale dei diritti e delle libertà dell'uomo;
Considerato infine che l'individuo, in quanto ha dei doveri verso gli altri e verso la collettività alla quale appartiene, è tenuto a sforzarsi di promuovere e di rispettare i diritti riconosciuti nel presente Patto;
Hanno convenuto quanto segue:

COMMENTI A FRONTE ICCPR


I commenti qui contenuti sono basati sulla Raccomandazione generale n. 28, del Comitato diritti umani, intitolata "Eguaglianza dei diritti fra uomini e donne" e adottata il 29 marzo del 2000. Essa fornisce un punto di vista di genere sui principali diritti enunciati dal Patto. Per maggiore leggibilit‡, in alcuni casi i commenti sono stati sintetizzati o semplificati. Il testo completo della Raccomandazione generale Ë contenuto in questa biblioteca, nella sezione "testi interpretativi ufficiali".
I commenti in corsivo sono redazionali, e cosÏ i suggerimenti per approfondire.

PARTE PRIMA

Articolo 1
1. Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale.
2. Per raggiungere i loro fini, tutti i popoli possono disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali senza pregiudizio degli obblighi derivanti dalla cooperazione economica internazionale, fondata sul principio del mutuo interesse, e dal diritto internazionale In nessun caso un popolo può essere privato dei propri mezzi di sussistenza.
3. Gli Stati parti del presente Patto, ivi compresi quelli che sono responsabili dell'amministrazione di territori non autonomi e di territori in amministrazione fiduciaria, debbono promuovere l'attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto, in conformità alle disposizioni dello Statuto delle Nazioni Unite.

Articolo 1
Il Comitato diritti umani non fornisce commenti sul diritto dei popoli all'autodeterminazione da un punto di vista di genere.
Esistono tuttavia riflessioni, in particolare da parte del movimento delle donne, che evidenziano in particolare due aspetti:

- il rapporto fra autodeterminazione dei popoli e autodeterminazione delle persone
- il modo in cui all'interno dei movimenti per l'autodeterminazione nazionale i diritti/l'identit‡/l'autonomia delle donne, sono stati affermati o invece cancellati o messi in discussione.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi":

- il diritto dei popoli all'autodeterminazione
- il diritto all'autodeterminazione nella sfera personale
- (questioni controverse: diritti individuali/diritti collettivi


dalla biblioteca 2 "i testi":

- ICESCR, art.1
- PfA di Pechino, par.145a
- materiali di riflessione: Ö..

PARTE SECONDA
Articolo 2
1. Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a rispettare ed a garantire a tutti gli individui che si trovino sul suo territorio e siano sottoposti alla sua giurisdizione i diritti riconosciuti nel presente Patto, senza distinzione alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica o qualsiasi altra opinione, l'origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione.
2. Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a compiere, in armonia con le proprie procedure costituzionali e con le disposizioni del presente Patto, i passi per l'adozione delle misure legislative o d'altro genere che possano occorrere per rendere effettivi i diritti riconosciuti nel presente Patto, qualora non vi provvedano già le misure, legislative e d'altro genere, in vigore.
3. Ciascuno degli Stati parti del presente Patto s'impegna a:
a) Garantire che qualsiasi persona, i cui diritti o libertà riconosciuti dal presente Patto siano stati violati, disponga di effettivi mezzi di ricorso, anche nel caso in cui la violazione sia stata commessa da persone agenti nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali;
b) Garantire che l'autorità competente, giudiziaria, amministrativa o legislativa, od ogni altra autorità competente ai sensi dell'ordinamento giuridico dello Stato, decida in merito ai diritti del ricorrente, e sviluppare le possibilità di ricorso in sede giudiziaria:
c) Garantire che le autorità competenti diano esecuzione a qualsiasi pronuncia di accoglimento di tali ricorsi.
Articoli 2 e 3
In base all'articolo 3, tutti gli esseri umani devono poter godere dei diritti previsti dal Patto, su base egualitaria e nella loro totalit‡. Il pieno effetto di questa norma risulta limitato ogni qualvolta ad una persona venga negato l'esercizio pieno ed egualitario di un qualsiasi diritto. Di conseguenza, gli stati devono garantire l'esercizio di tutti i diritti sanciti dal Patto in modo eguale a uomini e donne, senza discriminazione alcuna.
Questo dovere impone agli stati parte di adottare tutte le misure necessarie a consentire a ciascuna persona l'esercizio di tali diritti. Sono comprese fra queste misure:

- la rimozione degli ostacoli all'esercizio paritario1 di ogni diritto
- l'educazione ai diritti umani, sia della popolazione in generale che dei funzionari della pubblica amministrazione
- l'adeguamento della legislazione interna, in modo tale da dare attuazione agli impegni stabiliti dal Patto
- il divieto di discriminazione in base al sesso
- tutte le misure necessarie per porre fine alle azioni discriminatorie che sono di ostacolo ad un esercizio paritario dei diritti, sia nel settore pubblico che in quello privato.

Lo stato parte non deve limitarsi ad adottare misure di tutela dei diritti, ma deve anche adottare azioni positive in tutti i campi, in modo tale da ottenere un empowerment delle donne, efficace e su base egualitaria.
Gli stati parte devono fornire informazioni2 sul ruolo effettivo delle donne nella societ‡, in modo che il Comitato possa verificare quali misure, oltre alle norme legislative, siano state o debbano essere adottate per dare attuazione ai suddetti obblighi, quali passi avanti siano stati compiuti, quali difficolt‡ siano state incontrate e quali passi compiuti per affrontarle.

Inoltre gli stati parte devono garantire che gli atteggiamenti tradizionali, storici, religiosi, o culturali, non vengano utilizzati per giustificare violazioni del diritto delle donne all'eguaglianza di fronte alla legge ed all'esercizio paritario di tutti i diritti garantiti dal Patto, e devono fornire informazioni adeguate su:

- aspetti della tradizione, della storia, delle pratiche culturali e degli atteggiamenti religiosi che mettono, o possono mettere, in discussione il rispetto dell'articolo 3
- quali misure siano state adottate, o si intendano adottare, per superare tali problemi.


Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi":

- diritto all'eguaglianza
- Discriminazione
- diritto all'eguaglianza/diritto alla diversit‡
- diritti eguali/soggetti diversi/interventi diversi


dalla biblioteca 2 "i testi":

- DU art.2
- ICESCR, art.2 e art.3
- CEDAW (in particolare Preambolo, articoli 1-5, art.15)
- ICERD
- CRC art.2
- PfA di Pechino par.214, 232
- materiali di riflessione: Ö

Articolo 3
Gli Stati parti del presente Patto s'impegnano a garantire agli uomini e alle donne la parità giuridica nel godimento di tutti i diritti civili e politici enunciati nel presente Patto.
Articolo 4
1. In caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l'esistenza della nazione e venga proclamato un atto ufficiale, gli Stati parti del presente Patto possono prendere misure le quali deroghino agli obblighi imposti dal presente Patto, nei limiti in cui la situazione strettamente lo esiga, e purché tali misure non siano incompatibili con gli altri obblighi imposti agli Stati medesimi dal diritto internazionale e non comportino una discriminazione fondata unicamente sulla razza, sul colore, sul sesso, sulla lingua, sulla religione o sull'origine sociale.
2. La suddetta disposizione non autorizza alcuna deroga agli articoli 6, 7, 8 (paragrafi 1 e 2), 11, 15, 16 e 18.
3. Ogni Stato parte del presente Patto che si avvalga del diritto di deroga deve informare immediatamente, tramite il Segretario generale delle Nazioni Unite, gli altri Stati parti del presente Patto sia delle disposizioni alle quali ha derogato sia dei motivi che hanno provocato la deroga. Una nuova comunicazione deve essere fatta, per lo stesso tramite, alla data in cui la deroga medesima viene fatta cessare.

Articolo 4
Quando si verifica uno stato di emergenza deve essere garantito l'esercizio paritario dei diritti umani da parte delle donne. Gli stati parte che in situazioni di pubblica emergenza adottino, ai sensi dell'articolo 4, misure in deroga ai loro obblighi di rispetto del Patto, devono fornire informazioni al Comitato in merito all'impatto di tali misure sulle donne, e devono dimostrare che le misure in questione non sono discriminatorie.
Le donne sono particolarmente vulnerabili in caso di conflitti armati, interni o internazionali. Gli stati parte devono informare il Comitato di tutte le misure adottate in tali situazioni per proteggere le donne dallo stupro, dal sequestro di persona, e da altre forme di violenza fondata sulla differenza di genere.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi":

- Diritto umanitario
- diritti umani delle donne e conflitti armati


dalla biblioteca "i testi"

- le Convenzioni di Ginevra
- Dichiarazione sulla tutela delle donne e dei bambini nelle emergenze e nei conflitti armati (DPWCEAC)
- PfA di Pechino, area critica "donne e conflitti armati"

Articolo 5
1. Nessuna disposizione del presente Patto può essere interpretata nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato, gruppo o individuo di intraprendere attività o di compiere atti miranti a sopprimere uno dei diritti o delle libertà riconosciuti nel presente Patto ovvero a limitarlo in misura maggiore di quanto è previsto dal Patto stesso.
2. Nessuna restrizione o deroga a diritti fondamentali dell'uomo riconosciuti o vigenti in qualsiasi Stato parte del presente Patto in virtù di leggi, convenzioni, regolamenti o consuetudini, può essere ammessa col pretesto che il presente Patto non li riconosce o li riconosce in minor misura.
Articolo 5
Nell'aderire al Patto gli stati parte si impegnano, ai sensi dell'articolo 3, a garantire l'eguale diritto di uomini e donne all'esercizio di tutti i diritti civili e politici da esso sanciti; come stabilito dall'articolo 5, nulla di ciÚ che Ë contenuto nel Patto puÚ essere interpretato nel senso di indicare il diritto di qualsiasi stato, gruppo, o persona, ad intraprendere attivit‡ o atti mirati allo smantellamento uno dei diritti sanciti dall'articolo 3, o all'introduzione di limitazioni non indicate dal Patto stesso. Non dovr‡ inoltre essere riconosciuta nÈ dovr‡ esistere nelle leggi, nei contratti, nelle norme o nelle consuetudini, alcuna restrizione o deroga all'esercizio paritario da parte delle donne di tutti i diritti umani fondamentali, che usi come pretesto il fatto che il Patto non riconosce tali diritti, o li riconosce in misura minore.


Per approfondire:

- percorso base


dalla biblioteca "i temi"

- i diritti umani (generale)
- punto di vista di genere sui diritti umani
- diritti individuali/diritti collettivi
- universalit‡/multiculturalismo


dalla biblioteca "i testi"

- DU, art.30
- ICESCR, art.5
- PfA di Pechino, area critica, "i diritti umani delle donne"
- Piattaforma di Vienna, Ö
- materiali di riflessioneÖ

PARTE TERZA
Articolo 6
1. Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve esser protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita
2. Nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata soltantto per i delitti più gravi, in conformità alle leggi vigenti al momento in cui il delitto fu commesso e purché ciò non sia in contrasto né con le disposizioni del presente Patto né con la Convenzione per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio. Tale pena può essere eseguita soltanto in virtù di una sentenza definitiva, resa da un tribunale competente.
3. Quando la privazione della vita costituisce delitto di genocidio, resta inteso che nessuna disposizione di questo articolo autorizza uno Stato parte del presente Patto a derogare in alcun modo a qualsiasi obbligo assunto in base alle norme della Convenzione per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio.
4. Ogni condannato a morte ha il diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena. L'amnistia, la grazia o la commutazione della pena di morte possono essere accordate in tutti i casi.
5. Una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti commessi dai minori di 18 anni e non può essere eseguita nei confronti di donne incinte
6. Nessuna disposizione di questo articolo può essere invocata per ritardare o impedire l'abolizione della pena di morte ad opera di uno Stato parte del presente Patto.
Articolo 6
Nel riferire al Comitato diritti umani sul diritto alla vita gli stati parte devono fornire dati su:

- tasso di natalit‡
- mortalit‡ delle donne per motivi legati alla gravidanza e al parto
- dati sul tasso di mortalit‡ infantile disaggregati in base al sesso
- informazioni sulle misure adottate per aiutare le donne a prevenire gravidanze indesiderate, e per garantire che esse non siano costrette a ricorrere ad aborti clandestini, a rischio della vita
- informazioni sulle misure adottate per proteggere le donne da pratiche che ne violano il diritto alla vita, quali l'infanticidio delle femmine, il rogo delle vedove e le uccisioni per motivi legati alla dote
- informazioni sull'impatto specifico sulle donne della povert‡ e delle privazioni, nella misura in cui esse possono rappresentare una minaccia per la loro sopravvivenza.


Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- il diritto alla vita
- i diritti sessuali e riproduttivi


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU, art.3
- CRC, art.6
- Secondo Protocollo opzionale ICCPR, 1989
- materiali di approfondimentoÖ

Articolo 7
Nessuno può essere sottoposto alla tortura né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, in particolare, nessuno può essere sottoposto, senza il suo libero consenso, ad un esperimento medico o scientifico.
Articolo 7
Per valutare il rispetto dell'articolo 7, nonchÈ dell'articolo 24 del Patto che impone una speciale tutela dell'infanzia, al Comitato devono essere fornite informazioni su:

- le leggi e la prassi nazionale in materia di violenza domestica e di altri tipi di violenza contro le donne, compreso lo stupro
- la possibilit‡ o meno di un aborto in condizioni sicure per le donne che sono rimaste incinte a seguito di uno stupro
- le misure adottate per impedire l'aborto forzato o la sterilizzazione forzata
- le misure di tutela adottate, comprese quelle che riguardano i rimedi per vie di legge, per le donne i cui diritti ai sensi dell'articolo 7 siano stati violati
- negli stati parte in cui esiste la pratica delle mutilazioni genitali, informazioni sulla sua diffusione, e sulle misure adottate per eliminarla.

Possono costituire violazioni dell'articolo 7 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, laddove per imporre il rispetto di tali norme vengano comminate punizioni corporali.
Vedi anche: articolo 10.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- libert‡ dalla tortura e dai trattamenti disumani e degradanti
- violenza contro le donne
-


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.5
- la Convenzione contro la Tortura (CAT) e relativo pacchetto informativo
- CRC art.37, art.39
- i rapporti della relatrice speciale sulla violenza contro le donne
- PfA di Pechino, area critica "la violenza contro le donne", area critica "donne e conflitti armati"
- Dichiarazione sulla tutela delle donne e dei bambini nelle emergenze e nei conflitti armati (DPWCEAC)
- materiali di riflessione:


dalla biblioteca "i luoghi, le istituzioni, i soggetti"

- il relatore speciale sulla tortura e i trattamenti disumani e degradanti
- la relatrice speciale sulla violenza contro le donne

Articolo 8
1. Nessuno può esser tenuto in stato di schiavitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibite sotto qualsiasi forma.
2. Nessuno può esser tenuto in stato di servitù.
3.
a) Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio; b) La lettera
b) del presente paragrafo non può essere interpretata nel senso di proibire, in quei paesi dove certi delitti possono essere puniti con la detenzione accompagnata dai lavori forzati, che sia scontata una pena ai lavori forzati, inflitta da un tribunale competente;
c) L'espressione "lavoro forzato o obbligatorio", ai fini del presente paragrafo, non comprende:
i) qualsiasi lavoro o servizio, diverso da quello menzionato alla lettera b), normalmente imposto ad un individuo che sia detenuto in base a regolare decisione giudiziaria o che essendo stato oggetto di una tale decisione, sia in libertà condizionata;
ii) qualsiasi servizio di carattere militare e, in quei paesi ove è ammessa l'obbiezione di coscienza, qualsiasi servizio nazionale imposto per legge agli obiettori di coscienza;
iii) qualsiasi servizio imposto in situazioni di emergenza o di calamità che minacciano la vita o il benessere della comunità; iv) qualsiasi lavoro o servizio che faccia parte dei normali obblighi civili.
Articolo 8
Per quanto riguarda gli obblighi degli stati parte sanciti dall'articolo 8, gli stati parte devono riferire al Comitato su:

- le misure intraprese per eliminare la tratta di donne e bambine, all'interno del paese o attraverso le frontiere, nonchÈ la prostituzione forzata
- le misure adottate per proteggere dalla schiavit&Mac249; le donne, i bambini e le bambine, compresi/e donne, bambine e bambini stranieri, anche quando tale schiavit&Mac249; Ë mascherata sotto forma di lavoro domestico o altro tipo di servizio alla persona
- le misure, sia nazionali che internazionali, adottate per prevenire la violazione dei diritti delle donne e dell'infanzia, sia nei territori di provenienza che di destinazione.


Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"
- Violenza contro le donne: tratta e sfruttamento sessuale

dalla biblioteca 2 "i testi":

- DU art.4
- Convenzione supplementare per l'abolizione della schiavit&Mac249;, della tratta degli schiavi, e di istituzioni e pratiche simili alla schiavit&Mac249; (SCAS)
- Convenzione per la soppressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione (CSTPEP, solo versione inglese)
- Protocollo di Palermo sul traffico di esseri umani
- CEDAW, art. 6
- CRC art.19, art.34, art.35, art.36
- PfA di Pechino, par. 130, 230m, n, 283bÖ
- Pechino + 5, paragrafiÖ
- Conclusioni concordate CSW sulla violenza, 1998Ö
- Risoluzione CHR 2001 sulla violenza contro le donne
- Rapporto relatrice speciale sulla violenza contro le donne, 2000
- Dichiarazione dell'Aja sulla tratta delle donne per fini di sfruttamento sessuale

Articolo 9
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Nessuno può essere arbitrariamente arrestato o detenuto. Nessuno può esser privato della propria libertà, se non per i motivi e secondo la procedura previsti dalla legge.
2. Chiunque sia arrestato deve essere informato, al momento del suo arresto, dei motivi dell'arresto medesimo, e deve al più presto aver notizia di qualsiasi accusa mossa contro di lui.
3. Chiunque sia arrestato o detenuto in base ad un'accusa di carattere penale deve essere tradotto al più presto dinanzi a un giudice o ad altra autorità competente per legge ad esercitare funzioni giudiziarie, e ha diritto ad essere giudicato entro un termine ragionevole, o rilasciato. La detenzione delle persone in attesa di giudizio non deve costituire la regola, ma il loro rilascio può essere subordinato a garanzia che assicurino la comparizione dell'accusato sia ai fini del giudizio, in ogni altra fase del processo, sia eventualmente, ai fini della esecuzione della sentenza.
4. Chiunque sia privato della propria libertà per arresto o detenzione ha diritto a ricorrere ad un tribunale, affinché questo possa decidere senza indugio sulla legalità della sua detenzione e, nel caso questa risulti illegale, possa ordinare il suo rilascio.
5. Chiunque sia stato vittima di arresto o detenzione illegali ha pieno diritto a un indennizzo.
Articolo 9
In riferimento all'articolo 9, gli stati parte devono fornire informazioni su qualsiasi legge o prassi che privi le donne della loro libert‡ su base arbitraria o non paritaria, come nel caso in cui esse vengano confinate in casa. (Vedi Raccomandazione generale n.8, paragrafo 1). Possono costituire violazioni dell'articolo 9 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, laddove il mancato rispetto di tali norme venga punito con l'arresto

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- Violenza contro le donne


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.9
- CRC, art.37d
- Raccomandazione generale n.8, Comitato diritti umani (abstract)

Articolo 10
1. Qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere trattato con umanità e col rispetto della dignità inerente alla persona umana.
2.
a) Gli imputati, salvo circostanze eccezionali, devono essere separati dai condannati e sottoposti a un trattamento diverso, consono alla loro condizione di persone non condannate;
b) gli imputati minorenni devono esser separati dagli adulti e il loro caso deve esser giudicato il più rapidamente possibile.
3. Il regime penitenziario deve comportare un trattamento dei detenuti che abbia per fine essenziale il loro ravvedimento e la loro riabilitazione sociale. I rei minorenni devono essere separati dagli adulti e deve esser loro accordato un trattamento adatto alla loro età e al loro stato giuridico
Articolo 10
Per quanto riguarda gli articoli 7 e 10, gli stati parte devono fornire tutte le informazioni pertinenti rispetto alla garanzia che i diritti delle persone private della propria libert‡ vengano tutelati in modo eguale sia per gli uomini che per le donne. In particolare, gli stati parte devono riferire al Comitato:

- se nelle carceri donne e uomini vengono separati
- se per le donne il personale di custodia Ë esclusivamente femminile
- se viene rispettata la norma in base alla quale le minori detenute devono essere separate dalle adulte
- se esiste qualsiasi differenza di trattamento fra persone private della propria libert‡ di sesso maschile o femminile, quale ad esempio in materia di accesso ai programmi di formazione e di recupero sociale, nonchÈ alle visite da parte del coniuge e dei familiari.

Le donne incinte che vengano private della libert‡ devono ricevere un trattamento umano, nel rispetto della loro intrinseca dignit‡, in tutte le fasi del parto e durante la cura del neonato; gli stati parte devono riferire al Comitato sulle strutture esistenti a garanzia di tale diritto, e sull'assistenza medica e sanitaria alle madri e ai bambini in tali situazioni.

N.B. Il Comitato diritti umani si Ë occupato in questo commento di tutte le donne, in generale. Tuttavia nel recente dibattito sui rapporti fra discriminazione di genere e discriminazione razziale, molte donne hanno sottolineato come la condizione nelle carceri rappresenti spesso uno dei casi pi&Mac249; visibili di discriminazione incrociata, che colpisce in modo particolare le donne nere, o appartenenti a minoranze.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- Discriminazione
- I diritti delle detenute


dalla biblioteca 2 "i testi"

- CRC, art.37c
- Rapporto del Segretario Generale alla CSW 2001, su discriminazione di genere e discriminazione razziale, parÖ
- Rapporto del gruppo di esperte su discriminazione di genere e discriminazione razziale, Zagabria, novembre 2000, par.. (solo inglese)

Articolo 11
Nessuno può essere imprigionato per il solo motivo che non è in grado di adempiere a un obbligo contrattuale.

Articolo 12
1. Ogni individuo che si trovi legalmente nel territorio di uno Stato ha diritto alla libertà di movimento e alla libertà di scelta della residenza in quel territorio.
2. Ogni individuo è libero di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio.
3. I suddetti diritti non possono essere sottoposti ad alcuna restrizione, tranne quelle che siano previste dalla legge, siano necessarie per proteggere la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, la sanità o la moralità pubbliche, ovvero gli altrui diritti e libertà, e siano compatibili con gli altri diritti riconosciuti dal presente Patto.
4. Nessuno può essere arbitrariamente privato del diritto di entrare nel proprio paese.
Articolo 12
Per quanto riguarda l'articolo 12, gli stati parte devono fornire informazioni su qualsiasi norma di legge o prassi che comporti una restrizione del diritto delle donne alla libert‡ di movimento, ad esempio attraverso l'esercizio di potere del marito sulla moglie, o del padre sulle figlie adulte, o attraverso norme di diritto o di fatto che impediscano alle donne di viaggiare, quali l'obbligo di autorizzazione da parte di un soggetto terzo nel caso di rilascio ad una donna adulta di passaporto o altro tipo di documento necessario per viaggiare. Gli stati parte devono anche riferire sulle misure adottate per abrogare tali leggi o prassi, e per tutelare le donne contro di esse, compreso il riferimento ai rimedi previsti dalla legislazione nazionale. (Vedi Raccomandazione generale n.27, paragrafi 6 e 18).
Possono costituire violazioni dell'articolo 12 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, laddove tali norme comportino una restrizione della libert‡ di movimento.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- libert‡ di movimento
- i diritti delle migranti
- violenza contro le donne


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU, art.13
- CEDAW, art.15
- ICERD, art. 5

Articolo 13
Uno straniero che si trovi legalmente nel territorio di uno Stato parte del presente Patto non può esserne espulso se non in base a una decisione presa in conformità della legge e, salvo che vi si oppongano imperiosi motivi di sicurezza nazionale, deve avere la possibilità di far valere le proprie ragioni contro la sua espulsione, di sottoporre il proprio caso all'esame dell'autorità competente, o di una o più persone specificamente designate da detta autorità, e di farsi rappresentare innanzi ad esse a tal fine.
Articolo 13
Gli stati parte devono garantire che alle donne straniere venga garantito in modo eguale agli uomini il diritto a presentare ricorso contro un'eventuale espulsione, e ad ottenere l'esame di tale ricorso ai sensi dell'articolo 13. In riferimento a ciÚ, va loro garantito il diritto di includere fra le motivazioni del ricorso le violazioni del Patto specificamente riferibili alla differenza di genere, quali quelle citate nei commenti sugli articoli 6 e 7.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- Diritto umanitario
- i diritti delle migranti
- i diritti delle rifugiate
-


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.14
- le Convenzioni di Ginevra
- Convenzione sulla condizione dei rifugiati/Protocollo sulla condizione dei rifugiati (CRSR)
- CAT art.3
- Convenzione internazionale sui diritti dei lavoratori migranti e dei loro familiari (non ancora in vigore - solo testo inglese?)
- UNHCR General Conclusion 54, 60, 64, 73
- Pf di Pechino, par.147,148, 226


Dalla biblioteca "i luoghi, le istituzioni, i soggetti"

- L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR-ACNUR)

Articolo 14
1. Tutti sono eguali dinanzi ai tribunali e alle corti di giustizia. Ogni individuo ha diritto ad un'equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale, stabilito dalla legge, allorché si tratta di determinare la fondatezza di un'accusa penale che gli venga rivolta, ovvero di accertare i suoi diritti ed obblighi mediante un giudizio civile. Il processo può svolgersi totalmente o parzialmente a porte chiuse, sia per motivi di moralità, di ordine pubblico o di sicurezza nazionale in una società democratica, sia quando lo esiga l'interesse della vita privata delle parti in causa, sia, nella misura ritenuta strettamente necessaria dal tribunale, quando per circostanze particolari la pubblicità nuocerebbe agli interessi della giustizia; tuttavia, qualsiasi sentenza pronunciata in un giudizio penale o civile dovrà essere resa pubblica, salvo che l'interesse di minori esiga il contrario, ovvero che il processo verta su controversie matrimoniali o sulla tutela dei figli.
2. Ogni individuo accusato di un reato ha il diritto di essere presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente
3. Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena eguaglianza, come minimo, alle seguenti garanzie: a) ad essere informato sollecitamente e in modo circostanziato, in una lingua a lui comprensibile, della natura e dei motivi dell'accusa a lui rivolta; b) a disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa ed a comunicare con un difensore di sua scelta; c) ad essere giudicato senza ingiustificato ritardo; d) ad essere presente al processo ed a difendersi personalmente o mediante un difensore di sua scelta; nel caso sia sprovvisto di un difensore, ad essere informato del suo diritto ad averne e, ogni qualvolta l'interesse della giustizia lo esiga, a vedersi assegnato un difensore d'ufficio, a titolo gratuito se egli non dispone di mezzi sufficienti per compensarlo; e) a interrogare o far interrogare i testimoni a carico e ad ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; f) a farsi assistere gratuitamente da un interprete, nel caso egli non comprenda o non parli la lingua usata in udienza; g) a non essere costretto a deporre contro se stesso od a confessarsi colpevole.
4. La procedura applicabile ai minorenni dovrà tener conto della loro età e dell'interesse a promuovere la loro riabilitazione.
5. Ogni individuo condannato per un reato ha diritto a che l'accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità della legge.
6. Quando un individuo è stato condannato con sentenza definitiva e successivamente tale condanna viene annullata, ovvero viene accordata la grazia, in quanto un fatto nuovo o scoperto dopo la condanna dimostra che era stato commesso un errore giudiziario, l'individuo che ha scontato una pena in virtù di detta condanna deve essere indennizzato, in conformità della legge, a meno che non venga provato che la mancata scoperta in tempo utile del fatto ignoto è a lui imputabile in tutto o in parte.
7. Nessuno può essere sottoposto a nuovo giudizio o a nuova pena, per un reato per il quale sia stato già assolto o condannato con sentenza definitiva in conformità al diritto e alla procedura penale di ciascun paese.
Articolo 14
Gli stati parte devono fornire informazioni che consentano al Comitato di valutare se l'accesso al sistema giudiziario ed il diritto ad un equo processo vengono esercitati dalle donne alle stesse condizioni degli uomini. In particolare, gli stati parte devono informare il Comitato:

- sull'esistenza o meno di norme di legge che impediscano alle donne un accesso diretto e autonomo ai tribunali
- sulla possibilit‡ delle donne di rendere testimonianza alle stesse condizioni degli uomini
- sulle eventuali misure adottate per garantire alle donne un eguale accesso al patrocinio legale, in particolare in materie legate al diritto di famiglia.

Gli stati parte devono riferire se ad alcune categorie di donne viene negato l'esercizio del diritto alla presunzione di innocenza, sancito dal paragrafo 2 dell'articolo 14; nonchÈ sulle misure adottate per porre fine a tale situazione. Possono costituire violazioni dell'articolo 14 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- Discriminazione
- I diritti delle detenute


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.7, art.10, art.11
- CEDAW, art.2, art.15
- ICERD, art.5
- CRC, 40,2b
- PfA di Pechino par.232

Articolo 15
1. Nessuno può essere condannato per azioni od omissioni che, al momento in cui venivano commesse, non costituivano reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Così pure, non può essere inflitta una pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso. Se, posteriormente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, il colpevole deve beneficiarne.
2. Nulla, nel presente articolo, preclude il deferimento a giudizio e la condanna di qualsiasi individuo per atti od omissioni che, al momento in cui furono commessi, costituivano reati secondo i principi generali del diritto riconosciuti dalla comunità delle nazioni.
Articolo 15

Per approfondire:

- DU art.11
- CRC, art.40,2a


Articolo 16

Il diritto di ciascuno/a al riconoscimento in ogni luogo della propria personalit‡ giuridica Ë particolarmente pertinente per le donne, che spesso ne subiscono una limitazione in ragione del proprio sesso o della propria condizione coniugale. Da questo diritto consegue che la capacit‡ giuridica delle donne di possedere beni, sottoscrivere un contratto, o esercitare altri diritti civili, non puÚ essere limitata in ragione della loro condizione coniugale, o di qualsiasi altro motivo di discriminazione; e ne consegue anche che le donne non possono essere trattate come oggetti che la famiglia del marito eredita in caso di decesso di quest'ultimo, insieme ai suoi beni.
Gli stati devono fornire informazioni al Comitato sulle leggi o le prassi che impediscono alle donne di essere trattate o di agire a tutti gli effetti come persone dotate di personalit‡ giuridica, nonchÈ sulle misure adottate per abrogare le leggi o le prassi che consentono tale trattamento.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- donne e famiglia


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.6
- CEDAW, art.15
- Convenzione sulla nazionalit‡ delle donne sposate (CNMW)

Articolo 16
Ogni individuo ha diritto al riconoscimento in qualsiasi luogo della sua personalità giuridica.
Articolo 17
1. Nessuno può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegittime nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa o nella sua corrispondenza, né a illegittime offese al suo onore e alla sua reputazione.
2. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze od offese.
Articolo 17
Gli stati parte devono fornire informazioni che consentano al Comitato di valutare gli effetti di qualsiasi legge o prassi che entri in contrasto con il diritto delle donne alla privacy, e agli altri diritti tutelati dall'articolo 17, in condizioni di eguaglianza rispetto agli uomini.
Alcuni esempi di tali interferenze:

- quando per decidere i diritti di una donna in base alla legge e le tutele cui essa ha diritto, compresa la protezione dallo stupro, viene presa in esame la sua vita sessuale
- le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico
- interferenze da parte di soggetti privati, come nel caso dei datori di lavoro che prima di assumere una donna chiedono l'effettuazione di un test di gravidanza.

Un altro campo in cui puÚ avvenire che gli stati non rispettino il diritto delle donne alla privacy Ë quello relativo alle loro funzioni riproduttive, ad esempio:

- nei casi in cui viene richiesta l'autorizzazione del marito prima di consentire una sterilizzazione
- quando per la sterilizzazione delle donne vengono posti come condizione determinati requisiti, relativi ad esempio al numero dei figli o all'et‡ della donna
- quando gli stati impongono per legge ai medici e al personale sanitario il dovere di denunciare i casi di donne sottoposte ad aborto volontario. In questi casi possono entrare in gioco anche altri diritti sanciti dal Patto, quali quelli tutelati dagli articoli 6 e 7. Inoltre la privacy delle donne puÚ subire

Gli stati parte devono riferire al Comitato su tutte le leggi e le azioni da parte di soggetti pubblici o privati che interferiscano con l'esercizio paritario da parte delle donne dei diritti sanciti dall'articolo 17, e sulle misure adottate per eliminare tali interferenze e proteggere le donne da esse.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- donne e famiglia
- violenza contro le donne
- il diritto alla privacy


dalla biblioteca "i testi"

- DU, art.12
- CRC, art.16
- materiali di riflessione: Ö

Articolo 18
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di avere o di adottare una religione o un credo di sua scelta, nonché la libertà di manifestare, individualmente o in comune con altri, e sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nel culto e nell'osservanza dei riti, nelle pratiche e nell'insegnamento
2. Nessuno può essere assoggettato a costrizioni che possano menomare la sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di sua scelta.
3. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico e della sanità pubblica, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali
4. Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a rispettare la libertà dei genitori e, ove del caso, dei tutori legali di curare l'educazione religiosa e morale dei figli in conformità alle proprie convinzioni
Articolo 18

- Gli stati parte devono adottare misure per assicurare che la libert‡ di pensiero, di coscienza e di religione, e la libert‡ di adottare la religione di propria scelta - compresa la libert‡ di cambiare religione o credo e di esprimere la propria religione o credo - siano garantite e tutelate di diritto e di fatto, sia per gli uomini e che per le donne, alle stesse condizioni e senza discriminazione alcuna.
- Queste libert‡ non devono essere sottoposte ad alcuna restrizione al di fuori di quelle indicate dal Patto stesso, nÈ possono subire vincoli quali quelli rappresentati da norme che richiedano l'autorizzazione di soggetti terzi, o dall'interferenza di padri, mariti, fratelli, o altri.
- L'articolo 18 non puÚ essere invocato per giustificare la discriminazione contro le donne in nome della libert‡ di pensiero, di coscienza e di religione
- Gli stati parte devono fornire informazioni sulla condizione delle donne in materia di libert‡ di pensiero, di coscienza e di religione, e indicare quali passi sono stati compiuti o si intenda compiere sia per eliminare e prevenire le violazioni di tali libert‡ per ciÚ che riguarda le donne, sia per tutelare i diritti di queste ultime da ogni discriminazione.
- Possono costituire violazioni dell'articolo 18 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, quando alle donne vengano imposte costrizioni in materia di abbigliamento che contraddicono la loro religione o la loro libert‡ di espressione.


Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- libert‡ di pensiero, di coscienza e di religione
- diritti umani delle donne e religione
- diritti umani delle donne e famiglia
- questioni controverse: universalit‡/multiculturalismo

-

dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.18
- ICERD, art.5
- CRC, art.14
- Dichiarazione sull'intolleranza religiosa
-


Dalla biblioteca "i luoghi, le istituzioni, i soggetti"

- il relatore sull'intolleranza religiosa
-

Articolo 19
1. Ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni.
2. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta.
3. L'esercizio delle libertà previste al paragrafo 2 del presente articolo comporta doveri e responsabilità speciali. Esso può essere pertanto sottoposto a talune restrizioni che però devono essere espressamente stabilite dalla legge ed essere necessarie: a) al rispetto dei diritti o della reputazione altrui; b) alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell'ordine pubblico, della sanità o della morale pubbliche
Articolo 19
Per quanto riguarda l'articolo 19, gli stati parte devono informare il Comitato su qualsiasi legge o altro fattore che possa impedire alle donne di esercitare in modo paritario i diritti sanciti da tale articolo. PoichÈ Ë probabile che la pubblicazione e la diffusione di materiale pornografico e osceno, che descrive le donne e le bambine come oggetti di violenza o di trattamento inumano e degradante, incoraggi questo tipo di trattamento nei confronti delle donne, gli stati parte devono fornire informazioni sulle misure di legge adottate per limitare la pubblicazione o diffusione dei suddetti materiali.
Possono costituire violazioni dell'articolo 19 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, quando alle donne vengano imposte costrizioni in materia di abbigliamento che contraddicono la loro religione o la loro libert‡ di espressione.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- libert‡ di opinione e di espressione
-


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.19
- ICERD art.5
- CRC art.12, art.13, art.17

Articolo 20
1. Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve esser vietata dalla legge.
2. Qualsiasi appello all'odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all'ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge.
Articolo 20
Il Comitato diritti umani non ha analizzato l'articolo 20 da un punto di vista di genere. Tuttavia in molte altre sedi il tema del ruolo delle donne nell'impegno per affermare il diritto alla pace, e nella lotta all'odio nazionale, razziale e religioso, Ë stato approfondito e sviluppato.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- il diritto alla pace
- diritti umani delle donne e conflitti armati


dalla biblioteca 2 "i testi"

- Dichiarazione sul diritto alla pace
- PfA di Pechino, area critica "donne e conflitti armati"
- Conclusioni concordate CSW, "donne e conflitti armati"
- Pechino + 5, paragrafiÖ
- Rapporto relatrice speciale sulla violenza contro le donne, 2000
- Risoluzione 1325 Consiglio di Sicurezza
- Materiali di riflessione Ö.

Articolo 21
E' riconosciuto il diritto di riunione pacifica. L'esercizio di tale diritto non può formare oggetto di restrizioni tranne quelle imposte in conformità alla legge e che siano necessarie in una società democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o per tutelare la sanità e la morale pubbliche. o gli altrui diritti e libertà.
Articoli 21 e 22
I temi del diritto di riunione e di associazione, e della libert‡ sindacale, non sono stati analizzati dal Comitato diritti umani da un punto di vista di genere. Esistono perÚ molti materiali e riflessioni sull'importanza di questi diritti per la possibilit‡ di un esercizio pieno ed effettivo dei diritti umani da parte delle donne.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- I diritti delle lavoratrici


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU, art.20, art.23
- ICESCR, art.8
- CEDAW, art.7
- ICERD, art.5
- CRC art.15
- PfA di Pechino, par.165r, par.190c, par.178h

Articolo 22
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di associazione. che include il diritto di costituire dei sindacati e di aderirvi per la tutela dei propri interessi
2. L'esercizio di tale diritto non può formare oggetto di restrizioni, tranne quelle stabilite dalla legge e che siano necessarie in una società democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico, o per tutelare la sanità e la morale pubbliche o gli altrui diritti e libertà. Il presente articolo non impedisce di imporre restrizioni legali all'esercizio di tale diritto da parte dei membri delle forze armate e della polizia.
3. Nessuna disposizione del presente articolo autorizza gli Stati parti della Convenzione del 1948 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, concernente la libertà sindacale e la tutela del diritto sindacale a adottare misure legislative che portino pregiudizio alle garanzie previste dalla menzionata Convenzione, o ad applicare le loro leggi in modo da causare tale pregiudizio.
Articolo 23
1. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.
2. Il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia è riconosciuto agli uomini e alle donne che abbiano l'età per contrarre matrimonio.
3. Il matrimonio non può essere celebrato senza il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
4. Gli Stati parti del presente Patto devono prendere misure idonee a garantire la parità di diritti e di responsabilità dei coniugi riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e al momento del suo scioglimento In caso di scioglimento, deve essere assicurata ai figli la protezione necessaria.

Articolo 23
Gli stati sono tenuti ad un trattamento eguale di uomini e donne in materia di matrimonio, come sancito dall'articolo 23, e come approfondito ulteriormente dall'Raccomandazione generale n.19 (1990). Uomini e donne hanno il diritto di contrarre matrimonio solo in base al proprio libero e pieno consenso, e gli stati hanno l'obbligo di tutelare l'esercizio di questo diritto alle stesse condizioni per i due sessi.
Molti fattori possono impedire alle donne di prendere la decisione di sposarsi in piena libert‡. Ad esempio:

- l'et‡ minima al di sotto della quale non Ë consentito il matrimonio. Tale limite di et‡ deve essere fissato dallo stato sulla base di criteri eguali per i due sessi; tali criteri devono garantire alla donna la possibilit‡ di prendere una decisione informata e libera da coercizioni.
- norme statutarie o consuetudinarie in base alle quali invece della donna Ë un suo tutore, in genere di sesso maschile, a dare il consenso al matrimonio, il che impedisce alle donne di esercitare una libera scelta.
- atteggiamenti sociali che tendono a emarginare le donne vittime di stupro, e a far pressione su di loro perchÈ acconsentano a sposarsi.
- leggi che consentano allo stupratore una estinzione o riduzione delle proprie responsabilit‡ penali nel caso in cui sposi la vittima dello stupro.
- il caso in cui gli stati impongono alle donne restrizioni in materia di nuovo matrimonio diverse da quanto previsto per gli uomini.
- leggi o pratiche che vietino il matrimonio di una donna di una determinata religione con un uomo che non professi alcuna religione, o che professi una religione diversa.


Gli stati devono fornire informazioni al Comitato su tutte queste eventuali leggi e prassi, e sulle misure adottate per abrogare le leggi e eliminare alle radici le pratiche che minano il diritto delle donne a sposarsi solo dopo aver fornito il proprio libero e pieno consenso.

Per adempiere ai propri obblighi sanciti dal paragrafo 4 dell'articolo 23, gli stati devono:

- garantire che il diritto di famiglia preveda eguali diritti ed eguali doveri per entrambi i coniugi, in materia di custodia e cura dei figli, della loro educazione morale e religiosa, di capacit‡ giuridica di trasmettere ai figli la propria nazionalit‡, di propriet‡ e amministrazione dei beni, sia che si tratti di beni comuni che di beni di propriet‡ esclusiva di uno dei due coniugi
- ove necessario, rivedere la propria legislazione per garantire che le donne sposate abbiano eguali diritti in materia di propriet‡ ed amministrazione dei suddetti beni
- garantire che non si verifichi alcuna discriminazione in base al sesso per ciÚ che riguarda l'acquisizione o perdita della nazionalit‡ a seguito di matrimonio, i diritti in materia di residenza, e il diritto di ciascun coniuge di mantenere l'uso del proprio cognome originario o di partecipare su base egualitaria alla scelta di un nuovo cognome della famiglia
- garantire l'eguaglianza all'interno del matrimonio, che significa che moglie e marito devono condividere in modo egualitario responsabilit‡ ed autorit‡ all'interno della famiglia
- tenere presente che la parit‡ di trattamento in materia di diritto al matrimonio implica che la poligamia Ë incompatibile con tale principio. La poligamia viola la dignit‡ delle donne e costituisce un'inammissibile discriminazione contro le donne. Di conseguenza, laddove essa esiste deve decisamente essere abolita.


E' dovere degli stati anche garantire l'eguaglianza in materia di scioglimento del matrimonio, il che significa che:

- Ë esclusa la possibilit‡ del ripudio
- i motivi di divorzio e annullamento devono essere gli stessi per gli uomini e per le donne, e cosÏ le decisioni per ciÚ che riguarda la distribuzione delle propriet‡, gli alimenti e l'affidamento dei figli
- l'esigenza di mantenere i contatti fra i figli e il genitore non affidatario deve essere tenuta in conto secondo criteri di eguaglianza fra i sessi
- quando la fine del matrimonio Ë dovuta alla morte di uno dei coniugi, i diritti delle donne in materia di eredit‡ devono essere eguali a quelli degli uomini.


Nel dare attuazione al riconoscimento della famiglia sancito dall'articolo 23, Ë importante accettare il concetto che esistono varie forme di famiglia, comprese le coppie non sposate e i loro figli, e i genitori soli e i loro figli, e garantire il trattamento paritario delle donne in questi contesti (vedi Raccomandazione generale n.19, paragrafo 2, ultima frase). Le famiglie in cui Ë presente un solo genitore spesso consistono in una donna sola che si occupa di uno o pi&Mac249; figli, e gli stati parte devono indicare quali misure di sostegno esistono nel proprio territorio per consentire alle donne che vivono in questa situazione di adempiere alle proprie funzioni genitoriali alle stesse condizioni di un uomo che si trovi in posizione analoga.


Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- diritti umani delle donne e famiglia
- violenza contro le donne: matrimoni precoci e forzati, violenza domesticaÖ
- diritti umani delle donne e eredit‡ e propriet‡ della terra


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU art.16
- ICESCR, art.10
- CEDAW, art.5, art.9 e art.16
- ICERD, art.5
- Convenzione sulla nazionalit‡ delle donne coniugate (CNMW)
- Convenzione sul consenso al matrimonio, l'et‡ minima per il matrimonio, e la registrazione dei matrimoni (CCM)
- Convenzione supplementare per l'abolizione della schiavit&Mac249;, della tratta degli schiavi, e di istituzioni e pratiche simili alla schiavit&Mac249; (SCAS), art.1c, art.2
- PfA di Pechino, par. 274e, 277a
- Pechino + 5, paragrafiÖ
- Raccomandazione generale n.21 Comitato CEDAW
- Raccomandazione generale n.19 Comitato diritti umani

Articolo 24
1. Ogni fanciullo, senza discriminazione alcuna fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'origine nazionale o sociale, la condizione economica o la nascita, ha diritto a quelle misure protettive che richiede il suo stato minorile, da parte della sua famiglia, della società e dello Stato.
2. Ogni fanciullo deve essere registrato subito dopo la nascita ed avere un nome.
3. Ogni fanciullo ha diritto ad acquistare una cittadinanza
Articolo 24
All'obbligo di proteggere l'infanzia gli stati devono adempiere secondo criteri di eguaglianza fra bambini e bambine. Gli stati devono riferire sulle misure adottate per garantire che le bambine vengano trattate in modo eguale ai maschi in materia di istruzione, alimentazione, e assistenza sanitaria; su questi temi devono essere forniti al Comitato dati disaggregati in basi al sesso. Gli stati devono eliminare alle radici, sia per via legislativa che attraverso ogni altra misura a ciÚ appropriata, tutte le pratiche culturali o religiose che mettono in pericolo la libert‡ e il benessere delle bambine.
Vedi anche commento all'articolo 7.

Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- i diritti delle bambine


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU, art.15
- CRC e relativo pacchetto informativo
- CEDAW, art.5, art.9, art.16, comma 2
- ICERD, art.5
- PfA di Pechino, area critica: "I diritti delle bambine"
- Conclusioni concordate della CSW, "I diritti delle bambine"
- Pechino +5, paragrafiÖ

Articolo 25
Ogni cittadino ha il diritto, e deve avere la possibilità, senza alcuna delle discriminazioni menzionate all'articolo 2 e senza restrizioni irragionevoli:
a) di partecipare alla direzione degli affari pubblici, personalmente o attraverso rappresentanti liberamente scelti;
b) di votare e di essere eletto, nel corso di elezioni veritiere, periodiche, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, che garantiscano la libera espressione della volontà degli elettori;
c) di accedere, in condizioni generale di eguaglianza, ai pubblici impieghi del proprio paese
Articolo 25
Il diritto di partecipare alla gestione della cosa pubblica non viene pienamente attuato ovunque su base egualitaria. Gli stati devono:

- assicurare che la legge garantisca alle donne i diritti sanciti dall'articolo 25 alle stesse condizioni degli uomini
- adottare misure attive adeguate, comprese le azioni positive pi&Mac249; appropriate, per promuovere ed assicurare le partecipazione delle donne alla gestione della cosa pubblica e alle cariche pubbliche.
- adottare misure efficaci, e non discriminatorie in base al sesso, per garantire che tutte le persone che hanno diritto di voto siano in grado di esercitare tale diritto.

Il Comitato richiede agli stati parte di fornire informazioni statistiche sulla percentuale di donne che ricoprono cariche pubbliche elettive, compreso, fra le altre cose, nei parlamenti, nella dirigenza statale e nella magistratura.


Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- diritto a partecipare alla vita politica
-


dalla biblioteca 2 "i testi"

- DU, art.21
- CEDAW, art.7 e art.8
- ICERD, art.5
- PfA di Pechino, area critica "donne e processi decisionali"
- Pechino + 5, paragrafiÖ
- Conclusioni concordate CSW, "donne e processi decisionali"
- Materiali di riflessioneÖ

Articolo 26
Tutti gli individui sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. A questo riguardo, la legge deve proibire qualsiasi discriminazione e garantire a tutti gli individui una tutela eguale ed effettiva contro ogni discriminazione, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica o qualsiasi altra opinione, l'origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione

Articolo 26
La discriminazione contro le donne Ë spesso intrecciata con altri motivi di discriminazione, quali la razza, il colore della pelle, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altra natura, l'origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita o altra condizione. Gli stati parte devono affrontare i modi in cui i casi di discriminazione per motivi diversi dal sesso colpiscono le donne in modo specifico, e includere nei loro rapporti informazioni sulle misure adottate per contrastare tali conseguenze.
Il diritto all'eguaglianza di fronte alla legge e la libert‡ dalle discriminazioni, sanciti dall'articolo 26, obbligano gli stati ad intervenire contro le discriminazioni praticate da soggetti pubblici e privati in tutti i campi. Costituiscono violazione dell'articolo 26:

- la discriminazione contro le donne in settori quali le leggi in materia di sicurezza sociale
- la discriminazione contro le donne in materia di cittadinanza o di diritti delle persone che non hanno la cittadinanza del paese in questione
- le leggi che impongono pene più severe alle donne che non agli uomini in caso di adulterio o di altri reati
- in alcuni casi, anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico.


Il Comitato ha inoltre osservato spesso, nell'esaminare i rapporti degli stati, che un'alta percentuale di donne Ë occupata in settori non tutelati dalla legislazione sul lavoro, e che le consuetudini e le tradizioni prevalenti sono discriminatorie nei confronti delle donne, in particolare per ciÚ che riguarda l'accesso ad un'occupazione retribuita meglio e ad un eguale retribuzione per lavoro di eguale valore.
Gli stati devono

- rivedere la propria legislazione e le proprie prassi
- farsi parte dirigente nell'attuazione di tutte le misure necessarie per eliminare la discriminazione contro le donne in tutti i campi, ad esempio vietando la discriminazione da parte di soggetti privati in settori quali il lavoro, l'istruzione, l'attivit‡ politica e la fornitura di beni, servizi e alloggio
- riferire su tutte le suddette misure, e fornire informazioni sui rimedi disponibili per le vittime di tali discriminazioni.


Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- Discriminazione
- Il diritto all'eguaglianza (gen.)
- Il diritto all'eguaglianza di fronte alla legge
- I diritti umani delle: (vedere ciascuna delle singole voci)
- Questioni controverse: diritto all'eguaglianza/diritto alla diversit‡, universalit‡/multiculturalismo, diritti eguali /soggetti diversi /interventi diversi


dalla biblioteca 2 "i testi"
- DU, art.1, art.2, art.7
CEDAW, in particolare articoli 1-5
I
CERD e relativo pacchetto informativo

Articolo 27
In quegli Stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo.
Articolo 27
I diritti che spettano alle persone appartenenti a minoranze, ai sensi dell'articolo 27 del Patto, per quanto riguarda la loro lingua, cultura e religione, non autorizzano alcuno stato, persona, o gruppo, a violare il diritto delle donne all'eguaglianza nell'esercizio di tutti i diritti tutelati dal Patto stesso, compreso il diritto ad un eguale protezione da parte della legge. Possono costituire violazioni dell'articolo 27 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, quando tali costrizioni in materia di abbigliamento entrano in conflitto con la cultura cui la donna puÚ rivendicare di appartenere.
Gli stati devono riferire al Comitato su:

- qualsiasi legge o prassi amministrativa relativa all'appartenenza ad una comunit‡ di minoranza, che possano costituire una violazione degli eguali diritti delle donne ai sensi del Patto
- le misure adottate o previste per garantire gli eguali diritti di uomini e donne ad esercitare tutti i diritti civili e politici sanciti dal Patto
- le misure adottate per adempiere alle proprie responsabilit‡ in relazione alle pratiche culturali o religiose all'interno delle comunit‡ di minoranza che incidono sui diritti delle donne
- il contributo delle donne alla vita culturale delle loro comunit‡.



Per approfondire:
dalla biblioteca 1 "i temi"

- i diritti umani delle minoranze
- Discriminazione
- Il diritto all'eguaglianza
- Questioni controverse: diritti individuali/diritti collettivi; universalit‡/multiculturalismo; diritto all'eguaglianza/diritto alla diversit‡


dalla biblioteca 2 "i testi"

- CRC, art.30
- Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti a minoranze etniche, nazionali, religiose
- PfA di Pechino, par.232a, 242d
- Pechino +5, parÖ
- Materiali di riflessioneÖ

PARTE QUARTA
Articolo 28
1. E istituito un Comitato dei diritti dell'uomo (indicato di qui innanzi, nel presente Patto, come "il Comitato". Esso si compone di diciotto membri ed esercita le funzioni qui appresso previste.
2. Il Comitato si compone di cittadini degli Stati parti del presente Patto, i quali debbono essere persone di alta levatura morale e di riconosciuta competenza nel campo dei diritti dell'uomo Sarà tenuto conto dell'opportunità che facciano parte del Comitato alcune persone aventi esperienza giuridica.
3. I membri del Comitato sono eletti e ricoprono la loro carica a titolo individuale.
Articoli 28-53
Articolo 29
1. I membri del Comitato sono eletti a scrutinio segreto fra una lista di persone che posseggono le qualità stabilite all'articolo 28, e che siano state designate a tal fine dagli Stati parti del presente Patto.
2. Ogni Stato parte del presente Patto può designare non più di due persone. Queste persone devono essere cittadini dello Stato che le designa.
3. La stessa persona può essere designata più di una volta
Articoli 16-31

Per approfondire:
dalla biblioteca "i temi":
- Che cos'Ë una Convenzione
dalla biblioteca "i luoghi, le istituzioni, i soggetti":
- il Comitato diritti umani
dalla biblioteca "gli strumenti di denuncia"

- le denunce al Comitato diritti umani

dalla biblioteca "i testi":
- i protocolli facoltativi all'ICCPR

Articolo 30
1. La prima elezione si svolgerà entro sei mesi a partire dalla data di entrata in vigore del presente Patto.
2. Almeno quattro mesi prima della data di ciascuna elezione al Comitato, salvo che si tratti di elezione per colmare una vacanza dichiarata in conformità all'articolo 34, il Segretario generale delle Nazioni Unite invita per iscritto gli Stati parti del presente Patto a designare, nel termine di tre mesi, i candidati da essi proposti come membri del Comitato.
3. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite compila una lista in ordine alfabetico di tutte le persone così designate, facendo menzione degli Stati parti che le hanno designate, e la comunica agli Stati parti del presente Patto almeno un mese prima della data di ogni elezione.
4. L'elezione dei membri del Comitato ha luogo nel corso di una riunione degli Stati parti del presente Patto convocata dal Segretario generale delle Nazioni Unite presso la sede dell'Organizzazione In tale riunione, per la quale il quorum è costituito dai due terzi degli Stati parti del presente Patto, sono eletti membri del Comitato i candidati che ottengono il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei voti dei rappresentanti degli Stati parti presenti e votanti.
Articolo 31
1. Il Comitato non può comprendere più di un cittadino dello stesso Stato.
2. Nell'elezione del Comitato, deve tenersi conto di un equa ripartizione geografica dei seggi, e della rappresentanza sia delle diverse forme di civiltà sia dei principali sistemi giuridici.

Articolo 32
1. I membri del Comitato sono eletti per un periodo di quattro anni Sc vengono nuovamente designati sono rieleggibili Tuttavia, il mandato di nove membri eletti alla prima elezione scadrà al termine di due anni; subito dopo la prima elezione, i nomi di questi nove membri saranno tirati a sorte dal Presidente della riunione di cui al paragrafo 4 dell'articolo 30
2. Allo scadere del mandato, le elezioni si svolgono in conformità alle disposizioni degli articoli precedenti di questa parte del Patto

Articolo 33
1. Se, a giudizio unanime degli altri membri, un membro del Comitato abbia cessato di esercitare le sue funzioni per qualsiasi causa diversa da un'assenza di carattere temporaneo, il Presidente del Comitato ne informa il Segretario generale delle Nazioni Unite. il quale dichiara vacante il seggio occupato da detto membro
2. In caso di morte o di dimissione di un membro del Comitato, il Presidente ne informa immediatamente il Segretario generale delle Nazioni Unite, il quale dichiara vacante il seggio a partire dalla data della morte o dalla data in cui avranno effetto le dimissioni.
Articolo 34
1. Quando una vacanza viene dichiarata in conformità; all' arti colo 33, e se il mandato del membro da sostituire non deve aver fine entro i sei mesi successivi alla dichiarazione di vacanza, il Segretario generale delle Nazioni Unite ne avverte gli Stati parti del presente Patto, i quali possono entro due mesi designare dei candidati, in conformità all'articolo 29, per ricoprire il seggio vacante.
2. Il Segretario generale delle Nazioni Unite compila una lista in ordine alfabetico delle persone così designate e la comunica agli Stati parti del presente Patto. L'elezione per ricoprire il seggio vacante si svolge quindi in conformità alle disposizioni pertinenti della presente parte del Patto.
3. Un membro del Comitato eletto ad un seggio dichiarato vacante in conformità all'articolo 33 rimane in carica tino alla scadenza del mandato del membro, il cui seggio nel Comitato sia divenuto vacante ai sensi del predetto articolo.
Articolo 35
I membri del Comitato ricevono, con l'approvazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, degli emolumenti prelevati sui tondi della Organizzazione, alle condizioni stabilite dall'Assemblea generale, avuto riguardo all'importanza delle funzioni del Comitato.
Articolo 36
Il Segretario generale delle Nazioni Unite mette a disposizione del comitato il personale e i mezzi materiali necessari perché esso possa svolgere efficacemente le funzioni previste dal presente Patto.
Articolo 37
1. Il Segretario generale delle Nazioni Unite convocherà la prima riunione del Comitato nella sede dell'Organizzazione.
2. Dopo la sua prima riunione, il Comitato si riunisce alle scadenze previste dal proprio regolamento interno.
3. Le riunioni del Comitato si tengono normalmente nella Sede delle nazioni Unite ovvero nell'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra.
Articolo 38
Ogni membro del Comitato, prima di assumere la carica, deve fare in udienza pubblica dichiarazione solenne che egli eserciterà le sue funzioni in modo imparziale e coscienzioso.
Articolo 39
1. Il Comitato elegge il proprio ufficio di presidenza per un periodo di due anni. I componenti di tale ufficio sono rieleggibili.
2. Il Comitato stabilisce il proprio regolamento interno; questo deve tuttavia contenere, tra l'altro, le disposizioni seguenti: a) Il quorum è di dodici membri; b) Le decisioni del Comitato sono prese a maggioranza dei membri presenti.
Articolo 40
1. Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a presentare rapporti sulle misure che essi avranno adottate per dare attuazione ai diritti riconosciuti nel presente Patto, nonché sui progressi compiuti nel godimento di tali diritti: a) entro un anno dall'entrata in vigore del presente Patto rispetto a ciascuno degli Stati parti; b) Successivamente, ogni volta che il Comitato ne farà richiesta.
2. Tutti i rapporti sono indirizzati al Segretario generale delle Nazioni Unite, che li trasmette per esame al Comitato I rapporti indicano, ove del caso, i fattori e le difficoltà che influiscano sull'applicazione del presente Patto.
3. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, previa consultazione col Comitato, può trasmettere agli istituti specializzati interessati copia di quel le parti dei rapporti che possono riguardare i campi di loro competenza.
4. Il Comitato studia i rapporti presentati dagli Stati parti del presente Patto. Esso trasmette agli Stati parti i propri rapporti e le osservazioni generali che ritenga opportune. Il Comitato può anche trasmettere al Consiglio economico e sociale tali osservazioni, accompagnate da copie dei rapporti ricevuti dagli Stati parti del presente Patto.
5. Gli Stati parti del presente Patto possono presentare al Comitato i propri rilievi circa qualsiasi osservazione fatta ai sensi del paragrafo 4 del presente articolo.
Articolo 41
1. Ogni Stato parte del presente Patto può dichiarare in qualsiasi momento, in base al presente articolo, di riconoscere la competenza del Comitato a ricevere ed esaminare comunicazioni nelle quali uno Stato parte pretenda che un altro Stato parte non adempie agli obblighi derivanti dal presente Patto. Le comunicazioni di cui al presente articolo possono essere ricevute ed esaminate soltanto se provenienti da uno Stato parte che abbia dichiarato di riconoscere, per quanto lo concerne, la competenza del Comitato. Il Comitato non può ricevere nessuna comunicazione riguardante uno Stato parte che non abbia tatto tale dichiarazione. Alle comunicazioni ricevute in conformità al presente articolo si applica la procedura seguente:
a) Se uno Stato parte del presente Patto ritiene che un altro Stato parte non applica le disposizioni del presente Patto, esso può richiamare sulla questione, mediante comunicazione scritta, l'attenzione di tale Stato. Entro tre mesi dalla data di ricezione della comunicazione, lo Stato destinatario fa pervenire allo Stato che gli ha inviato la comunicazione delle spiegazioni o altre dichiarazioni scritte intese a chiarire la questione, che dovrebbero includere, purché ciò sia possibile e pertinente, riferimenti alle procedure e ai ricorsi interni già utilizzati, o tuttora pendenti, ovvero ancora esperibili;
b) Se, nel termine di sei mesi dalla data di ricezione della comunicazione iniziale da parte dello Stato destinatario, la questione non è stata risolta con soddisfazione di entrambi gli Stati parti interessati, tanto l'uno che l'altro hanno il diritto di deferirla al Comitato, mediante notifica fatta sia al Comitato sia all'altro interessato.
c) Il Comitato può entrare nel merito di una questione ad esso deferita soltanto dopo avere accertato che tutti i ricorsi interni disponibili siano stati esperiti ed esauriti in conformità ai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Questa norma non si applica se la trattazione dei ricorsi subisce ingiustificati ritardi. d) Quando esamina le comunicazioni previste dal presente articolo il Comitato tiene seduta a porte chiuse. e) Salvo quanto è stabilito alla lettera c), il Comitato mette i suoi buoni uffici a disposizione degli Stati parti interessati, allo scopo di giungere ad una soluzione amichevole della questione, basata sul rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, quali sono riconosciuti dal presente Patto. f) In ogni questione ad esso deferita, il Comitato può chiedere agli Stati parti interessati, di cui alla lettera b), di fornire qualsiasi informazione pertinente. g) Gli Stati parti interessati, di cui alla lettera b), hanno diritto di tarsi rappresentare quando la questione viene esaminata dal Comitato e di presentare osservazioni oralmente o per scritto, o in entrambe le forme. h) Il Comitato deve presentare un rapporto, entro dodici mesi dalla data di ricezione della notifica prevista alla lettera b): i) Se è stata trovata una soluzione conforme alle condizioni indicate alla lettera e), il Comitato limita il suo rapporto ad una breve esposizione dei tatti e della soluzione raggiunta; ii) Se non è stata trova una soluzione conforme alle condizioni indicate alla lettera e), il Comitato limita il suo rapporto a una breve esposizione dei fatti; il testo delle osservazioni scritte e i verbali delle osservazioni orali presentate dagli Stati parti interessati vengono allegati al rapporto. Per ogni questione, il rapporto è comunicato agli Stati parti interessati.
2. Le disposizioni del presente articolo entreranno in vigore quando dieci Stati parti del presente Patto avranno fatto la dichiarazione prevista al paragrafo 1 del presente articolo. Detta dichiarazione sarà depositata dagli Stati parti presso il Segretario generale delle Nazioni Unite, che ne trasmetterà copia agli altri Stati parti. Una dichiarazione potrà essere ritirata in qualsiasi momento mediante notifica diretta al Segretario generale. Questo ritiro non pregiudicherà l'esame di qualsiasi questione che formi oggetto di una comunicazione già inviata in base al presente articolo; nessun'altra comunicazione di uno Stato parte sarà ricevuta dopo che il Segretario generale abbia ricevuto notifica del ritiro della dichiarazione, salvo che lo Stato parte interessato non abbia fatto una nuova dichiarazione.
Articolo 42
1.
a) Se una questione deferita al Comitato in conformità all'articolo 41 non viene risolta in modo soddisfacente per gli Stati parti interessati, il Comitato, previo consenso degli Stati parti interessati, può designare una Commissione di conciliazione ad hoc(indicata da qui innanzi come "la Commissione". La Commissione mette i suoi buoni uffici a disposizione degli Stati parti interessati, allo scopo di giungere ad una soluzione amichevole della questione, basata sul rispetto del presente Patto.
b) La Commissione è composta di cinque membri nominati di concerto con gli Stati parti interessati. Se gli Stati parti interessati non pervengono entro tre mesi a un'intesa sulla composizione della Commissione, o di parte di essa, i membri della Commissione sui quali non è stato raggiunto l'accordo sono eletti dal Comitato fra i propri membri, con voto segreto e a maggioranza dei due terzi.
2. I membri della Commissione ricoprono tale carica a titolo individuale. Essi non devono essere cittadini né degli Stati parti interessati, né di uno Stato che non sia parte del presente Patto, né di uno Stato parte che non abbia tatto la dichiarazione prevista all'articolo 11.
3. La Commissione elegge il suo Presidente e adotta il suo regolamento interno
4. Le riunioni della Commissione si tengono normalmente nella Sede delle Nazioni Unite ovvero nell'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra Tuttavia, esse possono svolgersi in qualsiasi altro luogo appropriato che può essere stabilito dalla Commissione previa consultazione con il Segretario generale delle Nazioni Unite e con gli Stati parti interessati.
5. Il segretariato previsto all'articolo 36 presta i suoi servigi anche alle commissioni nominate in base al presente articolo.
6. Le informazioni ricevute e vagliate dal Comitato sono messe a disposizione della Commissione, e la Commissione può chiedere agli Stati parti interessati di fornirle ogni altra informazione pertinente.
7. Dopo un completo esame della questione, ma in ogni caso entro un termine massimo di dodici mesi dal momento in cui ne è stata investita, la Commissione presenta un rapporto al Presidente del Comitato, perché sia trasmesso agli Stati parti interessati: a) se la Commissione non è in grado di completare l'esame della questione entro i dodici mesi, essa si limita ad esporre brevemente nel suo rapporto a qual punto si trovi l'esame della questione medesima; b) se si è giunti ad una soluzione amichevole della questione, basata sul rispetto dei diritti dell'uomo riconosciuti nel presente Patto, la Commissione si limita ad esporre brevemente nel suo rapporto i fatti e la soluzione a cui si è pervenuti; c) se non si è giunti ad una soluzione ai sensi della lettera b), la Commissione espone nel suo rapporto i propri accertamenti su tutti i punti di fatto relativi alla questione dibattuta fra gli Stati parti interessati, nonché le proprie considerazioni circa la possibilità di una soluzione amichevole dell'affare. Il rapporto comprende pure le osservazioni scritte e un verbale delle osservazioni orali presentate dagli Stati parti interessati; d) se il rapporto della Commissione è presentato in conformità alla lettera c), gli Stati parti interessati, entro tre mesi dalla ricezione del rapporto, debbono rendere noto al Presidente del Comitato se accettano o meno i termini del rapporto della Commissione.
8. Le disposizioni del presente articolo non pregiudicano le attribuzioni del Comitato previste all'art. 41.
9. Tutte le spese dei membri della Commissione sono ripartite in parti uguali tra gli Stati interessati, in base a un preventivo predisposto dal Segretario generale delle Nazioni Unite.
10. Il Segretario generale delle Nazioni Unite è autorizzato a pagare, se occorre, le spese dei membri della Commissione prima che gli Stati parti interessati ne abbiano effettuato il rimborso, in conformità al paragrafo 9 del presente articolo.
Articolo 43
I membri del Comitato e i membri delle commissioni di conciliazione ad hoc che possano essere designate ai sensi dell'articolo 42 hanno diritto a quelle agevolazioni, quei privilegi e quelle immunità riconosciuti agli esperti in missione per conto delle Nazioni Unite, che sono enunciati nelle sezioni pertinenti della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite.
Articolo 44
Le disposizioni per l'attuazione del presente Patto si applicano senza pregiudizio delle procedure istituite nel campo dei diritti dell'uomo ai sensi o sulla base degli strumenti costitutivi e delle convenzioni delle Nazioni Unite e degli istituti specializzati. e non impediscono agli Stati parti del presente Patto di ricorrere ad altre procedure per la soluzione di una controversia, in conformità agli accordi internazionali generali o speciali in vigore tra loro.
Articolo 45
Il Comitato tramite il Consiglio economico e sociale, presenta ogni anno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite un rapporto sulle sue attività.
PARTE QUINTA
Articolo 46
Nessuna disposizione del presente Patto può essere interpretata in senso lesivo delle disposizioni dello Statuto delle Nazioni Unite e degli statuti degli istituti specializzati che definiscono le funzioni rispettive dei vari organi delle Nazioni Unite e degli istituti specializzati riguardo alle questioni trattate nel presente Patto.
Articolo 47
Nessuna disposizione del presente Patto può essere interpretata in senso lesivo del diritto inerente a tutti i popoli di godere e di disporre pienamente e liberamente delle loro ricchezze e risorse naturali.
PARTE SESTA
Articolo 48
1. Il presente Patto è aperto alla firma di ogni Stato membro delle Nazioni Unite o membro di uno qualsiasi dei loro istituti specializzati di ogni Stato parte dello Statuto della Corte internazionale di giustizia, nonché di qualsiasi altro Stato che sia invitato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a divenire parte del presente Patto.
2. Il presente Patto è soggetto a ratifica. Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
3. Il presente Patto sarà aperto all'adesione di qualsiasi Stato tra quelli indicati al paragrafo 1 del presente articolo.
4. L'adesione sarà effettuata mediante deposito di uno strumento di adesione presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
5. Il Segretario generale delle Nazioni Unite informerà tutti gli Stati che abbiano firmato il presente Patto, o che vi abbiano aderito, del deposito di ogni strumento di ratifica o di adesione.
Articolo 49
1. Il presente Patto entrerà in vigore tre mesi dopo la data del deposito presso il Segretario generale delle Nazioni Unite del trentacinquesimo strumento di ratifica o di adesione.
2. Per ognuno degli Stati che ratificheranno il presente Patto o vi aderiranno successivamente al deposito del trentacinquesimo strumento di ratifica o di adesione, il Patto medesimo entrerà in vigore tre mesi dopo la data del deposito, a parte di tale Stato, del suo strumento di ratifica o di adesione.
Articolo 50
Le disposizioni del presente Patto si applicano, senza limitazione o eccezione alcuna, a tutte le unità costitutive degli Stati federali.
Articolo 51
1. Ogni Stato parte del presente Patto potrà proporre un emendamento e depositarne il testo presso il Segretario generale delle Nazioni Unite Il Segretario generale comunicherà quindi le proposte di emendamento agli Stati parti del presente Patto. chiedendo loro di informarlo se sono favorevoli alla convocazione di una conferenza degli Stati parti per esaminare dette proposte e metterle ai voti Se almeno un terzo degli Stati parti si dichiarerà a favore di tale convocazione, il Segretario generale convocherà la conferenza sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Ogni emendamento approvato dalla maggioranza degli Stati presenti e votanti alla conferenza sarà sottoposto all'approvazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
2. Gli emendamenti entreranno in vigore dopo esser stati approvati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e accettati, in conformità alle rispettive procedure costituzionali, da una maggioranza di due terzi degli Stati parti del presente Patto.
3. Quando gli emendamenti entreranno in vigore, essi saranno vincolanti per gli Stati parti che li abbiano accettati, mentre gli altri Stati parti rimarranno vincolati dalle disposizioni del presente Patto e da qualsiasi emendamento anteriore che essi abbiano accettato.
Articolo 52
Indipendentemente dalle notifiche effettuate ai sensi del paragrafo 5 dell'articolo 48, il Segretario generale delle Nazioni Unite informerà tutti gli Stati indicati al paragrafo 1 di detto articolo: a) delle firme apposte al presente Patto e degli strumenti di ratifica e di adesione depositati in conformità all'articolo 48 b) della data in cui il presente Patto entrerà in vigore, in conformità all'articolo 49, e della data in cui entreranno in vigore gli emendamenti ai sensi dell'articolo 51.
Articolo 53
1. Il presente Patto, di cui i testi cinese, francese, inglese, russo e spagnolo, fanno egualmente fede, sarà depositato negli archivi delle Nazioni Unite.
2. Il Segretario generale delle Nazioni Unite trasmetterà copie autentiche del presente Patto a tutti gli Stati indicati all'articolo 48.

Aggiornato al 21.03.2001
e-mail: cesdup@cdu.cepadu.unipd.it

1footnote * Nota della traduttrice: si Ë utilizzata questa espressione per tradurre l'espressione "equal enjoyment", che letteralmente significa "eguale godimento" dei diritti. L'uso della parola "paritario" implica pertanto un'assoluta eguaglianza sul piano dei diritti, senza per ciÚ indicare in alcun modo un appiattimento della differenza di genere, che anzi, sia pur non nominata esplicitamente, Ë il riferimento chiaro e trasversale su cui si fonda tutto questo testo del Comitato diritti umani, e la stessa scelta di redigerlo. [TORNA]

2 Il riferimento, come in altre parti del testo, Ë alle informazioni che devono essere fornite dagli stati che hanno ratificato il Patto, nei rapporti periodici presentati al Comitato diritti umani per consentire a quest'ultimo di verificare l'attuazione degli impegni assunti dagli stati all'atto della ratifica (vedi: biblioteca "I luoghi, le istituzioni, i soggetti - organi di controllo sull'applicazione dei trattati"). N.d.r. [TORNA]