Introduzione alla CEDAW



La Convenzione CEDAW: storia e contenuti di una convenzione dalla parte delle donne1


1. Precedenti storici2
I primi accordi internazionali a tutela dei diritti delle donne risalgono agli inizi del secolo. Dopo la creazione delle Nazioni Unite, furono formulati alcuni trattati internazionali che si occupavano specificamente di diritti delle donne, come la Convenzione del 1952 sui Diritti Politici delle Donne, la Convenzione del 1957 sulla nazionalità delle donne coniugate. Questo tipo di trattati, però, persero rapidamente la loro rilevanza politica, mentre prevalse l'approccio secondo il quale il miglior modo di tutelare i diritti umani "universali" era l'introduzione nei trattati internazionali di norme generali di non discriminazione, come quelle contenute nell'Articolo 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nei due Patti del 1966 sui Diritti Civili e Politici e sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, e in tutti i principali trattati in materia di diritti umani. Queste norme sono state poi ulteriormente rafforzate da una serie di convenzioni ad hoc, come ad esempio quelle dell'ILO e dell'UNESCO, e da altri strumenti internazionali di particolare rilevanza per le donne.

Nel corso degli anni '60, però, il dibattito internazionale sui diritti delle donne rese chiari i limiti degli strumenti esistenti a tutela dei diritti delle donne, e l'esigenza di elaborarne di più efficaci. Nel 1967, fu elaborata dalla Commissione Diritti Umani dell'ONU, ed in seguito adottata dall'Assemblea Generale, la "Dichiarazione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne". La Dichiarazione affrontava i problemi in modo ampio ed integrato, ma per sua stessa natura non imponeva agli stati precisi vincoli giuridici, limitandosi a richiamare l'attenzione sull'esigenza politica di garantire alle donne una difesa dalle discriminazioni.

Ci volle ancora sei anni prima che la Commissione sulla condizione delle donne dell'ONU (CSW) affrontasse, chiedendo agli stati di pronunciarsi in merito, la proposta di elaborare una convenzione giuridicamente vincolante, che vietasse le discriminazioni contro le donne in tutto il mondo. Il dibattito ed il negoziato sui singoli articoli, prima nella CSW e poi nell'Assemblea Generale, richiesero ancora altri sei anni, e subirono un'accelerazione solo alla fine degli anni '70, alla vigilia della Conferenza mondiale sul decennio delle donne, nel luglio del 1980. L'approvazione da parte dell'Assemblea Generale ONU della Convenzione per l'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW) avvenne il 18 dicembre del 1979, e segnò una svolta storica nel percorso dei diritti umani delle donne.

2. La Convenzione CEDAW: significato e contenuti
La Convenzione CEDAW ribadisce la norma della Dichiarazione Universale contro le discriminazioni in base al sesso, e integra in un testo organico tutti gli altri standard relativi alle donne, o particolarmente significativi per le donne, già contenuti nei trattati internazionali esistenti all'epoca; essa però si spinge anche molto oltre.
Nel suo preambolo, si riconosce in primo luogo che nonostante i numerosi sforzi delle Nazioni Unite per promuovere i diritti umani delle donne e l'uguaglianza fra donne e uomini, "le donne continuano ad essere oggetto di gravi discriminazioni". Si afferma inoltre, sempre nel preambolo, che la discriminazione contro le donne viola i principi delleguaglianza dei diritti e del rispetto della dignità umana, ostacola la partecipazione delle donne alla vita politica, sociale, economica e culturale del loro paese in condizioni di parità con gli uomini, intralcia la crescita del benessere della società e della famiglia e rende più difficile un pieno dispiegarsi delle potenzialità delle donne per il bene del proprio paese e dellumanità.
Nel suo testo completo, poi, la CEDAW non si limita alle garanzie di uguaglianza di fronte alla legge e uguale protezione da parte della legge stessa, come facevano le normative internazionali precedenti. Essa va nel concreto, e indica una serie di misure mirate ad ottenere una uguaglianza sostanziale fra donne e uomini, indipendentemente dalla condizione familiare, in tutti i campi della vita politica, economica, sociale e culturale. Oltre a ciò, la Convenzione impegna gli Stati che la sottoscrivono ad attivarsi per modificare gli schemi di comportamento e i modelli culturali in materia di differenza fra i sessi, e si propone di diffondere princìpi di uguaglianza e non discriminazione nella vita sia pubblica che privata.
La Convenzione, insomma, richiede agli stati di eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio di tutti i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Essa indica anche le misure programmatiche che gli stati devono attuare per raggiungere l'uguaglianza fra donne e uomini. Secondo la CEDAW, gli Stati sono tenuti ad operare per il raggiungimento dell'uguaglianza non solo nella vita pubblica - ad esempio in materia di stato giuridico e partecipazione politica - ma anche nella vita privata, ed in particolare nella famiglia. Nel portare avanti gli obiettivi della Convenzione, gli stati sono autorizzati ad adottare misure temporanee, le cosiddette "azioni positive", da mantenere in vigore fino a che non si sarà ottenuta una piena uguaglianza fra donne e uomini.


3. La ratifica universale: un obiettivo ancora da raggiungere3
Dopo la sua adozione nel 1979, il processo di ratifica della Convenzione CEDAW da parte degli stati fu piuttosto rapido, consentendo così la sua entrata in vigore il 3 settembre 1981.
Gli stati parte della Convenzione sono finora 168, 4 più di due terzi degli stati membri dell'ONU. Altri 4 stati hanno aderito la Convenzione in una fase successiva a quella dellapertura alle firme, con la formula delladesione, che impegna altrettanto quanto una ratifica.
La Piattaforma di Pechino del 19955 poneva tra gli obiettivi più rilevanti in materia di diritti umani delle donne il raggiungimento entro il 2000 di una ratifica "universale" della Convenzione CEDAW, da parte cioè di tutti gli Stati del mondo6. Questo obiettivo purtroppo non è stato raggiunto, e rimane quindi uno dei temi su cui sono impegnate sia le Nazioni Unite che gli stati ed i raggruppamenti più sensibili ai diritti delle donne, come ad esempio l'Unione Europea, e naturalmente la società civile organizzata ed i movimenti delle donne in molte parti del mondo.
Oltre a questo, è ancora lontano dal conseguimento l'altro obiettivo sulla CEDAW posto dalla Piattaforma di Pechino, e cioè: riconsiderare periodicamente le riserve formulate al fine di ritarle; ritirare le riserve contrarie alloggetto e agli scopi della Convenzione7. La CEDAW, infatti, come quasi tutti i trattati internazionali, consente agli stati la ratifica "con riserva", purché le riserve presentate non siano incompatibili con l'oggetto e le finalità della Convenzione stessa. Le riserve alla CEDAW presentate formalmente dagli stati sono numerose, forse più numerose che per qualsiasi altro dei principali trattati internazionali sui diritti umani. Alcune di queste riserve pongono limiti agli obblighi contratti con la ratifica della Convenzione in termini vaghi e molto generali, altri riguardano aree di importanza fondamentale per la parità fra donne e uomini, come il diritto di famiglia. Alcune riserve effettivamente appaiono poco coerenti con l'oggetto e le finalità della Convenzione CEDAW. Il tema di un loro ritiro rimane dunque all'ordine del giorno sia dei diversi organi delle Nazioni Unite che del movimento internazionale per i diritti umani delle donne.
Il Comitato CEDAW8, ad esempio, ha affermato che il capitolo 2 della Convenzione, relativo alle misure concrete che gli stati devono adottare, ed il capitolo 16, sulluguaglianza fra donne e uomini nel matrimonio e nel diritto di famiglia, rappresentano norme centrali (in inglese, core provisions) della Convenzione: è dunque preoccupante il numero e la quantità di riserve che gli stati hanno presentato relativamente a questi due articoli.
In merito in particolare allart.2, il Comitato CEDAW ritiene che gli stati che ratificano la CEDAW siano mossi dalla convinzione che la discriminazione contro le donne debba essere condannata in tutte le sue forme, e che per eliminarla debbano essere adottate le strategie indicate allarticolo 2, con tutte le specificazioni in esso indicate.
Secondo il Comitato CEDAW, pertanto, né lesistenza di pratiche tradizionali, religiose o culturali, né di leggi e politiche nazionali incompatibili con questi contenuti, possono giustificare violazioni della Convenzione su questi punti. Analogamente, il Comitato CEDAW ritiene che le riserve allarticolo 16, qualsiasi siano i motivi nazionali, tradizionali, religiosi o culturali, per cui esse vengono presentate, siano incompatibili con loggetto e il fine della Convenzione, e pertanto inammissibili: tutte queste riserve, dunque, dovrebbero essere riviste, al fine di una loro modifica o ritiro.9


1 Tratto da: "CEDAW and Women's Human Rights", kit informativo UNIFEM-UNICEF, New York 1995. Gli ultimi due paragrafi del punto 1 sono tratti da "Optional Protocol. Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women", Inter-American Institute of Human Rights e UNIFEM, San Jose, ottobre 2000 (pp.111-113). Per la pubblicazione in Italia i testi in questione sono stati utilizzati solo in parte; sono stati inoltre inseriti alcuni aggiornamenti sugli sviluppi seguenti alla loro pubblicazione. Le note relative allItalia sono tutte redazionali. [TORNA]

2 Per approfondire, vedi biblioteca "i temi": "punto di vista di genere sui diritti umani". [TORNA]

3 Questo paragrafo non era compreso nel testo originale, ed è redazionale. [TORNA]

4 Dato registrato al 16 maggio 2001 (fonte: sito ONU: www.un.org/womenwatch/cedaw). L'Italia ha firmato la Convenzione il 17 luglio 1980; la data di ratifica è il 10 giugno 1985. [TORNA]

5footnote * Per il testo della Piattaforma di Pechino, ed ulteriori informazioni sulla IV Conferenza mondiale delle donne del 1995, vedi il volume omonimo della presente collana. [TORNA]

6 Piattaforma d'Azione di Pechino, area critica I. I diritti umani delle donne. Obiettivo strategico I.1, paragrafo 230 b). [TORNA]

7 Id., paragrafo 230 c). [TORNA]

8 Questultima parte del capitolo è tratta da: Reservations to CEDAW, informativa contenuta sul sito ufficiale delle Nazioni Unite, www.un.org/womenwatch/cedaw. Per informazioni sul Comitato CEDAW e le sue funzioni, vedi biblioteca "i luoghi, le istituzioni, i soggetti". [TORNA]

9 Uno dei casi più recenti è quello dell'Arabia Saudita, che ha aderito alla CEDAW nel 2001, apponendo però una riserva che si richiama alla "sharia", cioè a norme interpretative del diritto islamico che come è noto pongono forti discriminazioni nei confronti delle donne. L'Italia, come molti altri paesi dell'Unione Europea, ha presentato un'obiezione formale a tale riserva, ritenendola incompatibile con i fini e l'oggetto della CEDAW; il contenzioso è tuttora aperto (nota redazionale).