La Convenzione sui rifugiati: riferimenti storici*



Le persone sono state costrette a fuggire dalle persecuzioni fin dagli albori della storia, quando iniziarono a formarsi le comunità. La tradizione di offrire asilo risale pressappoco agli stessi tempi e quando le nazioni iniziarono a forgiare una coscienza internazionale agli inizi del secolo XX, anche gli sforzi tesi ad assistere i rifugiati assunsero carattere globale. Fridtjof Nansen venne nominato nel 1921 primo Alto Commissario della Società delle Nazioni, il precursore delle Nazioni Unite.
LAgenzia delle Nazioni Unite per lAssistenza e la Riabilitazione (UNRRA) assistette sette milioni di persone durante e dopo la seconda guerra mondiale e una terza agenzia, lOrganizzazione Internazionale per i Rifugiati (IRO), creata nel 1946, reinsediò in giro per il mondo più di un milione di europei sfollati ed aiutò 73mila civili a fare ritorno alle proprie case.
Si andò radicando anche il corpus normativo del diritto del rifugiato. La Convenzione della Società delle Nazioni del 1933 relativa allo status internazionale dei rifugiati e la Convenzione del 1938 sullo status dei rifugiati provenienti dalla Germania fornirono una prima protezione limitata per le popolazioni sradicate. Il documento del 1933, ad esempio, introdusse il concetto dellobbligo degli stati firmatari di non espellere i rifugiati autorizzati dai rispettivi territori e di astenersi dalla «non ammissione [dei rifugiati] alla frontiera». Ma la Convenzione mancava di efficacia: fu ratificata solo da otto paesi, molti dei quali vi aderirono solo dopo aver imposto restrizioni sostanziali ai propri obblighi.
Tuttavia, nessuna di queste prime agenzie per i rifugiati ebbe grande successo, la protezione giuridica rimaneva ad uno stato rudimentale e alcuni paesi leader della neocostituita Organizzazione delle Nazioni Unite, creata per «salvare le generazioni future dal flagello della guerra», decisero che era necessario un regime dei rifugiati più solido.
Con quasi un milione di rifugiati ancora girovaganti senza speranza per lEuropa, a parecchi anni dalla fine della guerra, nel 1950 fu creato lUNHCR e lanno successivo venne adottata la Convenzione sul Rifugiato, il pilastro giuridico fondamentale sul quale si basa lattività dellUNHCR. I 26 paesi firmatari erano in gran parte occidentali o di orientamento liberale, anche se aderirono anche stati come lIraq, lEgitto e la Colombia. Si faceva notare per la sua assenza lintero blocco comunista a dominazione sovietica, con leccezione della Jugoslavia.
Per tre settimane nellUfficio Europeo delle Nazioni Unite che si affaccia sul lago di Ginevra i delegati lavorarono allelaborazione di una carta dei diritti del rifugiato. Il procedimento richiese lunghe e strenue trattative, dispute giuridiche interminabili e un occhio di riguardo costante verso la difesa dei diritti degli stati sovrani. «Il moderno sistema dei diritti dei rifugiati fu… concepito dallilluminata difesa dei propri interessi», ha scritto James C. Hathaway, docente di giurisprudenza e direttore del Programma sul diritto del rifugiato e dellasilo allUniversità del Michigan.
Un acceso dibattito fu scatenato dal rifiuto di alcuni delegati a farsi legare da impegni legali vincolanti. Nellelaborare una delle definizioni chiave della Convenzione quella che stabilisce chi può essere considerato un rifugiato - alcuni paesi si schierarono a favore di una definizione generale che avrebbe coperto tutti i rifugiati del futuro. Altri volevano invece circoscrivere la definizione alle categorie di rifugiati allora esistenti.
Alla fine, si raggiunse inevitabilmente un compromesso. Ne derivò una definizione generale, basata su un «ben fondato timore di persecuzione» e limitata a coloro che erano diventati rifugiati «come conseguenza di eventi avvenuti prima del 1° gennaio 1951».
Questo limite temporale e la possibilità di imporre anche un limite geografico, a seconda che la parola eventi venisse interpretata per intendere eventi occorsi in Europa o eventi occorsi in Europa e altrove - fu incorporato al testo perché chi lo stava redigendo riteneva che «sarebbe stato difficile per i governi firmare un assegno in bianco e sobbarcarsi obblighi nei confronti dei rifugiati del futuro, la cui origine e il cui numero sono ignoti».
Anche il disposto più importante della Convenzione lobbligo dei governi di non espellere o respingere (refouler) un richiedente asilo verso un territorio dove avrebbe affrontato persecuzioni - fu oggetto di un lungo braccio di ferro. Alcuni diplomatici sollevarono il quesito se il non-refoulement andasse applicato a persone che non avevano ancora fatto ingresso nel paese dasilo e, di conseguenza, se i governi fossero o meno obbligati a consentire lattraversamento delle rispettive frontiere ad un gran numero di persone rivendicanti lo status di rifugiati.
Anche se oggigiorno il principio del non-refoulement viene generalmente considerato talmente basilare dallessere entrato nel diritto consuetudinario, il dibattito sul tema specifico continua. In una controversa sentenza del 1993 la Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che i funzionari dellimmigrazione non hanno violato in senso stretto la Convenzione quando hanno sequestrato fuori dalle acque territoriali americane e rimpatriato imbarcazioni colme di richiedenti asilo haitiani. Ma con unargomentazione che ha lasciato di stucco i non addetti ai lavori, la Corte suprema ha riconosciuto pure che gli estensori della Convenzione «possono non avere contemplato la possibilità che una nazione raccolga i rifugiati in fuga per rispedirli nel paese dal quale stavano tentando disperatamente di fuggire; queste azioni possono anche violare lo spirito dellArticolo 33», che vieta il rimpatrio forzato.
La conferenza si chiuse il 25 luglio 1951 e la Convenzione fu formalmente adottata tre giorni dopo, ma rimaneva ancora molto lavoro da fare. Seguirono interminabili limature e serrati negoziati. Ancora nel 1959 il rappresentante dellUNHCR in Grecia inviava sconsolato il seguente cablogramma a Ginevra: «non credo di avere in vita mia mai chiesto tante volte alla gente più svariata la stessa ed unica cosa da quando sto premendo affinché la Grecia ratifichi la Convenzione. E tuttavia le prospettive non sono rosee».
In una lettera inviata allUNHCR nel 1956 lIndia sottolineava le proprie preoccupazioni interne in tema di rifugiati e concludeva: «alla luce dei fatti, il governo dellIndia non si propone per il momento di sottoscrivere la summenzionata Convenzione». LIndia, il secondo paese più popoloso del mondo, non ha ancora aderito alla Convenzione, anche se per ironia della sorte è membro del Comitato Esecutivo dellUNHCR, organismo che contribuisce a fissare le politiche globali sui rifugiati.
Nonostante gli intoppi e le esitazioni, nel dicembre del 1952 la Danimarca divenne il primo paese a ratificare la Convenzione. In seguito alladesione di altri cinque stati Norvegia, Belgio, Lussemburgo, Repubblica Federale di Germania e Australia - la Convenzione entrò ufficialmente in vigore il 22 aprile del 1954.
Per la prima volta veniva creato uno strumento globale, un passo che rappresentava un notevole progresso rispetto ai trattati antecedenti la seconda guerra mondiale e, per molti versi, un importante passo in avanti del diritto internazionale.
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* Tratto dallarticolo:
Minaccia ad un trattato «senza tempo, pubblicato su "Rifugiati" pubblicazione dellAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, edizione italiana, n. 3/2001, pag. 14-19).

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