L'OIL e il lavoro minorile*


L'Organizzazione Internazionale del Lavoro è impegnata nella definizione di standard internazionali per la limitazione del lavoro minorile fin dal 1919, con la Convenzione n. 5 che fissa a 14 anni l'età minima per l'impiego nell'industria. La Convenzione n. 138 del 1973 innalza il limite minimo per l'impiego di minori a 15 anni, con la possibilità di impiego tra i 13 e i 15 anni in lavori non dannosi per la salute e lo sviluppo del bambino e tali da non pregiudicare la frequenza scolastica. La Convenzione 138 stabilisce inoltre due importanti vincoli: l'età minima non può essere comunque inferiore al termine fissato per il completamento della scuola dell'obbligo (art. 2.2); è vietata l'assunzione di persone di età inferiore ai 18 anni per ogni tipo di lavoro che, per la sua natura, comporti la probabilità di un danno alla salute, alla sicurezza delle persone di giovane età (art. 3).
Nell'ordinamento italiano, la legge n. 977 del 1967 - "tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti" - fissa l'età minima per il lavoro minorile a 15 anni (14 per il settore agricolo, i servizi familiari e le mansioni leggere nell'industria).

Gli obiettivi della Convenzione n. 182
La Convenzione n. 182 contro le peggiori forme di lavoro minorile è una nuova norma internazionale che va ad aggiungersi alle altre Convenzioni sul lavoro minorile e sul lavoro forzato. Tra queste, la Convenzione 138 sulla età minima, considerata tra le convenzioni fondamentali dell'OIL, ha avuto sino ad oggi 82 ratifiche da parte degli stati membri dell'OIL. Considerato il basso numero di ratifiche raggiunto dalla Convenzione 138, l'OIL auspica che un consistente numero di paesi ratifichi la nuova Convenzione, garantendo con leggi e politiche nazionali gli standard minimi per la protezione dei minori.
Obiettivo sindacale era quello di raggiungere una Convenzione e una Raccomandazione forti e non solo di facciata, in considerazione della gravità e della dimensione del problema.
Una Convenzione che va ad aggiungersi alle altre sui diritti umani fondamentali, e quindi da inserire tra i principi della Dichiarazione dell'OIL sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro.
La chiave del successo di questo nuovo strumento sta nell'impegno all'azione immediata, senza alcuna eccezione da parte dei governi.
Anche la questione della povertà, addotta spesso come scusa per non produrre alcun cambiamento, è stata presa in seria considerazione dalla Convenzione e dalla Raccomandazione, evitando che questo problema possa essere usato da paravento da parte di quegli stati che non hanno la volontà politica di intervenire.

L'ambiguità dei paesi ricchi
Il lavoro negoziale è stato piuttosto complesso. Forti erano le diversità di posizione tra i vari paesi, non solo quelli in via disviluppo, su molte questioni cruciali. Molti paesi industrializzati, tra cui Gran Bretagna, Australia Stati Uniti, Canada, Olanda Giappone, Nuova Zelanda, Germania avevano come chiaro obiettivo quello di arrivare ad una Convenzione minima e poco impegnativa.Anche perché alcuni di questi paesi ( USA, Australia, Gran Bretagna, Nuova Zelanda etc) non hanno ancora ratificato la Convenzione 138.
Di grande interesse è stato il coordinamento regionale dei paesi in via di sviluppo: l'Asia guidata dall'India e l'Africa dalla Etiopia hanno fatto da ago della bilancia nella definizione di molti emendamenti.
Da segnalare inoltre una presenza del governo italiano, debole, confusa e a volte anche contraddittoria, che non ha certo aiutato a chiarire i punti più controversi e che ha mortificato il lavoro sin qui faticosamente fatto sul piano nazionale.

I nodi fondamentali
I nodi fondamentali su cui si è concentrata la discussione sono stati molteplici e hanno riguardato:
- il mantenimento della Convenzione 138 come norma cardine e della età minima in essa contenuta per quanto riguarda la definizione del minore ai fini della nuova Convenzione( ovvero ogni persona sotto i 18 anni);

- la necessità di adottare misure e azioni immediate sul piano nazionale;
- l'inserimento dell'educazione di base, quale strumento fondamentale, tra gli altri, per la lotta al lavoro minorile e alle sue forme peggiori;
- l'inserimento dei bambini soldato, tra le forme peggiori di lavoro minorile.

Una definizione chiara, anche se non esaustiva dei tipi di lavoro che potrebbero compromettere la salute e la sicurezza dei minori.

Proibizione immediata delle forme peggiori di lavoro minorile
La Convenzione prevede che ogni stato che la ratifica debba adottare misure immediate ed efficaci per la proibizione e eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile.
Tali forme peggiori sono indicate all'art.2 e prevedono, tra l'altro:
la schiavitù,
la servitù per debito,
la vendita e la tratta di minori,
il lavoro forzato e obbligatorio
il reclutamento forzato od obbligatorio di minori per il loro utilizzo nei conflitti armati,
l'impiego per la prostituzione pornografia
l'impiego per attività illecite,
lavori a rischio per la salute e sicurezza o la moralità.

Compiti degli stati, previa consultazione con le parti sociali
La Convenzione prevede una serie di compiti che ciascuno stato che la ratifica dovrà porre in atto, previa consultazione con le parti sociali:
Questa procedura è molto importante perché riafferma il ruolo fondamentale delle parti sociali nella definizione delle norme nazionali, dei programmi, delle misure sanzionatorie:

- istituire o designare i meccanismi per sorvegliare l'attuazione delle norme;
- definire e verificare periodicamente, sulla base delle indicazioni della Raccomandazione, i lavori a rischio e identificare la loro collocazione;
- attuare programmi di azione per l'eliminazione in via prioritaria (ovvero non solo) delle forme peggiori di lavoro minorile;
- definire sanzioni penali o altre sanzioni;
- adottare strumenti efficaci e con scadenze definite tra cui la prevenzione, l'allontanamento la reintegrazione e l'accesso alla istruzione di base gratuita e alla formazione professionale, tenendo conto della situazione particolare delle bambine;
- promuovere la cooperazione internazionale.


Raccomandazione n. 190 sulle forme peggiori di lavoro minorile
La Raccomandazione completa le norme previste dalla Convenzione sulle forme peggiori di lavoro minorile e, poiché non è vincolante dal punto di vista giuridico come la convenzione, è molto più dettagliata e precisa in molte sue parti.
La Raccomandazione prevede infatti che nella definizione dei programmi di azione, gli stati dopo aver consultato le parti sociali, dovrebbero prendere in considerazione le opinioni dei minori coinvolti, delle famiglie e, se del caso, di altri gruppi interessati e impegnati nella realizzazione degli obiettivi di questa Convenzione.
Ciò significa che si prevede solo la consultazione di quelle ONG, che lavorano in coerenza con i principi della convenzione, escludendo così quelle, che o non si occupano direttamente del problema, o che accettano in via di principio la possibilità del lavoro minorile).
La raccomandazione invita gli Stati ad avere particolare attenzione per alcune categorie di fanciulli: minori in più tenera età; bambine; fanciulli impiegati nel lavoro domestico;altri bambini con vulnerabilità o bisogni speciali.
La raccomandazione definisce una lista minima di categorie di lavori dannosi per la salute, la sicurezza o la moralità dei bambini: lavori che espongono i minori ad abuso fisico, psicologico o sessuale; lavori svolti sotto terra, sott'acqua, ad altezze pericolose o in spazi chiusi; lavori con macchine, equipaggiamenti e attrezzi pericolosi, o che implicano la manipolazione o il trasporto di carichi pesanti; lavori svolti in un ambiente non salubre che possano esporre il bambino a sostanze, agenti o processi pericolosi, o a temperature, livelli di rumore, o vibrazioni dannose per la salute; lavori in condizioni di particolare difficoltà come quelli prolungati o notturni, o nei quali il fanciullo è irragionevolmente rinchiuso nei locali del datore di lavoro.
Per alcuni di questi lavori, a condizione che: siano tutelate la salute, la sicurezza e la moralità dei minori, il minore sia stato adeguatamente istruito o formato per lo svolgimento di quel lavoro, previa consultazione delle parti sociali, si potrà prevedere l'abbassamento della età minima dai 18 ai 16 anni.
La Raccomandazione prevede inoltre:

- la raccolta e l'aggiornamento periodico di dati statistici sulla natura e portata del fenomeno;
- che gli stati contribuiscano agli sforzi internazionali attraverso la raccolta e lo scambio di informazioni sulle violazioni penali, l'identificazione e l'azione penale delle persone implicate nella vendita e tratta dei minori etc. e la loro schedatura.

La Raccomndazione suggerisce infine una serie di altri provvedimenti finalizzati alla proibizione e alla eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile, tra cui:

- l'inserimento della lista delle forme peggiori di lavoro minorile, indicata dalla Raccomandazione, tra i reati perseguibili dagli Stati ratificanti;
- la perseguibilità nel paese di appartenenza dei cittadini degli stati membri che commettono reati in violazione delle proprie norme nazionali, anche se questi crimini siano commessi in altri paesi;
- l'incoraggiamento alla adozione di politiche imprenditoriali positive, la tutela da discriminazioni e rappresaglie contro coloro che denunciano le violazioni;
- l'adozione di provvedimenti per migliorare l'infrastruttura scolastica, la formazione degli insegnanti specie nei paesi in via di sviluppo.

La Convenzione impegna gli Stati ad intensificare la cooperazione internazionale in questo settore, acnhe attraverso il sostegno di programmi di sviluppo economico e sociale, sradicamento della povertà e promozione dell'educazione per tutti (art. 8 - Convenzione).




*Tratto da www.cepadu.unipd.org