Prima di Pechino: gli ultimi ostacoli da superare



Gli ultimi mesi del processo di preparazione sono stati piuttosto convulsi e accidentati, tanto che c’è stato un momento in cui sembrava che l’evento più probabile fosse il rinvio o quanto meno lo spostamento della Conferenza. Ma andiamo con ordine.

L’ultima Prepcom, tenuta a New York tra marzo e aprile non riusciva, nonostante un prolungamento di quattro giorni, a sciogliere tutti i nodi, anzi: circa due terzi del testo della Piattaforma rimanevano "tra parentesi", ad indicare cioè che il consenso indispensabile all’adozione del documento non era stato ancora raggiunto. La cosa più preoccupante di tutte queste era che, tra questi punti "controversi", c’erano anche i richiami ai documenti finali delle precedenti conferenze, come quelle del Cairo, di Vienna o il Summit di Copenhagen. Si decideva quindi di tenere consultazioni informali supplementari in luglio per cercare di eliminare almeno le parentesi relative ai diritti umani e all’assistenza istituzionale e finanziaria.

In aprile-maggio cominciano a diffondersi le prime voci allarmistiche su posizioni del governo cinese forse non del tutto inattese, ma quanto meno insolite per un paese che si era offerto di ospitare una Conferenza dell’Onu. A processo di preparazione in dirittura d’arrivo, infatti, il governo cinese si era forse reso conto di aver sottovalutato i problemi che la Conferenza comportava: non solo delegazioni ufficiali di tutti i paesi del mondo, per un totale di qualche migliaio di persone ma anche gionalisti in numero almeno pari e soprattutto circa 35.000 donne iscritte al Forum non governativo. Tutte queste persone significavano non solo una domanda abnorme di alloggio, vitto, trasporti, comunicazioni col resto del mondo, ma soprattutto un enorme e variegato afflusso di idee, documenti, audiovisivi, dibattiti.

E’ cominciato così un braccio di ferro tra il Comitato organizzatore del Forum e il governo cinese, che ha addotto l'impossibilità di tenere il Forum nella sede, già stabilita di comune accordo, del Beijing Workers Sports Service Center, proponendo invece la Huairou Scenic Tourist Area, che a giudicare dal nome dovrebbe essere un posto bellissimo, ma dista ben 54 km dalla sede della Conferenza ufficiale. Una soluzione quasi punitiva per i giornalisti, soprattutto quelli dei media meno ricchi che non possono permettersi due inviati speciali alla volta per "coprire" i due eventi, ma soprattutto una separazione netta tra il Forum, da una parte, e la Conferenza ufficiale, e soprattutto la città, dall'altra. Una soluzione che sembrava inaccettabile anche da un punto di vista strettamente formale, dal momento che la Convenzione firmata tra le Nazioni Unite e il governo cinese prevedeva l'obbligo di permettere lo svolgimento, nello stesso periodo e nello stesso luogo, del Forum e questa condizione appariva disattesa. Il Comitato organizzatore del Forum si metteva allora in moto e sosteneva, anche attraverso una serie di fax che tutte le organizzazioni iscritte erano invitate ad indirizzare a Boutros Ghali, che, se non c'erano le condizioni per tenere il Forum, non si doveva tenere nemmeno la Conferenza e quindi chiedeva alle Nazioni Unite di rivedere la scelta del paese ospitante. Cominciavano a girare le voci più varie sulle possibili candidature dell'ultimo minuto: Sidney, New York, Vienna... Il dissenso pareva talmente serio che Boutros Ghali mandava in giugno in Cina uno dei suoi assistenti più diretti, Ismat Kittani, con la difficile missione di trovare un accordo tra il Comitato organizzatore del Forum e il governo cinese su alcuni punti fondamentali.

Proprio mentre l'allarme e la mobilitazione tra organizzazioni e reti di donne avevano raggiunto il livello di massima diffusione, Gertrude Mongella, Segretaria generale della Conferenza, compiva una visita in Europa e in particolare a Roma, allo scopo principale di parlare con il Papa. La Mongella approfittava della conferenza- stampa del 26 maggio per rassicurare le donne italiane sulla reale portata, secondo lei limitata, di questi problemi: questi sono solo petty side affairs, questioni secondarissime, ha detto, su cui non vale la pena di spendere tempo ed energie. Una soluzione si troverà e sarà soddisfacente per tutti, nulla di tutto quel che è stato fatto durante il lunghissimo processo di preparazione andrà perduto.

In effetti, il Comitato organizzatore del Forum otteneva l'impegno del governo cinese su tre punti: l'ampliamento delle comunicazioni stradali tra Pechino e Houairou, l'aumento del numero delle partecipanti al Forum a 36.000, l'apertura di un ufficio di collegamento con il Forum nella sede della Conferenza, oltre al collegamento via Internet e attraverso monitor televisivi.

Per quel che riguarda invece l'obiettivo principale che la Mongella si proponeva con la sua visita in Italia, si può dire che l'abbia raociunto in pieno. Uno dei principali ostacoli all'approvazione della Piattaforma d'azione, infatti, era nell'uso della parola gender (vedi glossario a pag. 6), sgradita al Vaticano per il motivo principale che non se ne comprendeva bene il senso in cui viene usata abitualmente nei documenti delle Nazioni Unite. In seguito alla visita di Gertrude Mongella, ogni perplessità sembra essere caduta senza che questo comporti dei passi indietro da parte del Segretariato.

Altri punti discussi nell'incontro tra la Mongella e il Papa sono state le aree critiche di preoccupazione- in cui si articola la Piattaforma, e in particolare la povertel. la violenza, le discriminazioni, l'educazione, la salite, i diritti umani e la partecipazione ai processi decisionali politici e sociali.

Gertrude Mongella ha incontrato anche, nel corso della stessa visita, la ministra degli Esteri Susanna Agnelli, che era appena stata nominata capo delegazione. Al centro del loro colloquio, i problemi della salute, dei diritti umani e il ruolo delle organizzazioni non Lovernative sia alla Conferenza ufficiale che al Forum.

(tratto da Supplemento speciale Pechino 95 — aidos news 3-4 1995)