La lunga marcia verso Pechino



Dal 6 al 10 novembre si è svolto ad Amman l'incontro preparatorio della Regione araba per la Quarta Conferenza delle Nazioni Unite per la donna. Lo slogan era: la pace per il progresso delle donne". Entrando nell'albergo dove si svolgeva la conferenza, sono stata colpita da una donna completamente velata di nero. Sapevo che partecipava all'incontro degli esperti governativi (che nei primi tre giorni della Conferenza avrebbero redatto il Piano di azione che un incontro ad alto livello dei Governi avrebbe poi approvato) perché sulla hijab che l'avvolgeva aveva spillato la targhetta verde con il suo nome e il paese che rappresentava: lo Yemen. Possibile che ad una Conferenza che doveva elaborare un documento definito storico per le donne della regione, si presentasse completamente velata?

Il mio stupore è andato crescendo, insieme alla mia curiosità e al desiderio di comunicare con lei, quando, entrati nel vivo dei lavori, lo stesso fantasma nero prendeva corpo e faceva degli interventi piuttosto forti, soprattutto sulla violenza contro le donne, sulla educazione delle bambine, sul bando dei giocattoli violenti che imitano le armi da guerra e affermava che le donne dovevano entrare nella stanza dei bottoni per poter porre un bando alle guerre. Chi si celava dunque dietro quel velo che lasciava intravedere solo due splendidi occhi? Alla fine della Conferenza sapevo molte cose di lei. Tra l'altro era vissuta da bambina a Roma, dove il padre si era laureato in medicina. Ma non ho potuto vedere i tratti dei suo viso, dato che c'era sempre la possibilità che qualche uomo si avvicinasse.

Mi sono autoconvinta che la sua fosse una vera e propria provocazione per mettere in risalto le contraddizioni e le differenze tra le mille donne presenti alla Conferenza, in gran parte esperte governative, ma anche molte Indipendenti" che nei giorni precedenti avevano partecipato al Forum delle associazioni femminili.

Le questioni in discussione erano molte e andavano dal diritto all'istruzione, alla salute, al diritto al lavoro, alla partecipazione all'economia, all'accesso al potere decisionale e politico, al miglioramento dell'immagine femminile nei media, alla promozione dei diritti della donna in quanto diritti umani e alla eliminazione della violenza contro le donne. Il dibattito, sempre molto appassionato, in alcuni momenti è stato particolarmente violento e coinvolgente, con posizioni nettamente contrapposte. E mentre la rappresentante dell'Algeria, con la voce rotta dal pianto, denunciava la violenza dell'integralismo islamico nel suo paese, la portavoce dei Sudan affermava invece che l'Islam rappresentava ogni risposta al disagio femminile. Quale differenza con il compassato e terribilmente noioso incontro della regione europea che si era svolto a Vienna il mese precedente! Particolarmente forti erano le affermazioni delle donne giordane: "Stiamo parlando dei diritti che gli uomini accondiscendono a darci e non dei diritti che ci sono dovuti.. Non stiamo affrontando le vere questioni che hanno rilevanza per la vita delle donne nella società come la religione, le tradizioni, i costumi e la famiglia...", dichiarava Arwa Al Ameri, direttrice del Centro Studi Donna dell'Università di Amman. Tra le esperte non e stato possibile raggiungere il consenso sul documento. Le questioni più spinose sono state lasciate alla decisione dei rappresentanti governativi che negli ultimi due giorni si sono riuniti praticamente a porte chiuse, sotto la Pesidenza della Principessa Basma Bint TalaI, paladina dei diritti delle donne in Giordania.

Il consenso alla fine si è raggiunto, ma su un documento più sfumato da cui molti dei punti controversi erano stati tolti. Ma lo stesso è avvenuto in tutte le Conferenze preparatorie di Pechino, compresa quella della Regione europea. L'associazionismo femminile per la prima volta è stato ammesso agli incontri intergovernativi promossi dall'Onu, ma in realtà è riuscito ad incidere ben poco. Il divario tra il movimento delle donne, peraltro estremamente vitale, che guarda a Pechino come occasidne di incontro, scambio e confronto di esperienze, e le delegazioni governative che non vogliono "grane", che lavorano ad un livello minimale o che, come quella italiana, non si sono minimamente preparate e quindi non possono dare alcun contributo.

La nostra frustrazione a Vienna è stata grande. Tra l'altro il rapporto del Governo italiano non era arrivato in tempo e ancora una volta l'esperienza delle donne italiane era assente nel documento ufficiale di valutazione dell'applicazione delle Strategie future di azione approvate a Nairobi nel 1985. Ma tant'è! Il nostro paese una volta ancora ha dimostrato tutta la sua provincialità. Tra l'altro nessun quotidiano o rivista (tranne un paio di riviste femminili) ha dato notizia delle Conferenze, nonostante le agenzie di stampa avessero fatto un ottimo lavoro. Per non parlare della radio e della televisione.

L'AlDoS aveva organizzato il 3 ottobre, a Roma, un incontro con le associazioni di donne, allo scopo di dare un contributo per il dibattito di Vienna. Anna Zannino, della Cna, ha contribuito con un intervento sulla imprenditorialità femminile, Linda Laura Sabbadini, dell'Istat, ha illustrato l'approccio di genere nel campo delle statistiche, Rossella Palomba, dell'Istituto Ricerche sulla Popolazione, ha dato un quadro dei trends demografici nel nostro paese, Angela Nardone, di AlDoS, ha presentato la condizione femminile nei paesi dell'Est europeo, mentre Stefania Cannarsa, dell'istituto Orientale di Napoli, ha parlato di una sua ricerca sulle donne immigrate dagli stessi paesi. La direttrice dell'Ufficio Informazioni dell'ONU, Nadia Younes e Ivanka Corti, Presidente dei Cedaw, il Comitato dell'Onu per l'eliminazione delle discriminazioni nei confronti della donna, hanno illustrato il quadro internazionale. Interlocutrice istituzionale è stata Tina Lagostena Bassi, Presidente della Commissione Nazionale Parità, a cui le associazioni presenti hanno chiesto di impegnarsi nel senso della lettera pubblicata in questa pagina.Tina Lagostena Bassi, che si è fermata solo un'ora all'incontro e che nel suo intervento ha parlato soprattutto dei tema dell'aborto, peraltro non in discussione, non ha nascosto la difficoltà del suo ruolo e di quello della Commissione in questo contesto, ha proposto una "ragnatela' fra gruppi di donne e Commissione ed ha sottolineato che la formazione di un nuovo Comitato preparatorio di Pechino, più ristretto di quello dei precedente Governo, dovrebbe far funzionare meglio le attività preparatorie.

A marzo ci sarà a New York la riunione della Commissione sullo Status della donna che dovrà mettere a punto la Piattaforma di azione per la Conferenza di Pechino. Ma quale apporto potranno dare le donne italiane, se ancora una volta l'informazione ufficiale nel nostro paese manca completamente?

L'AlDoS, oltre al bollettino Pechino 1995, che troverete qui accluso, sta preparando due incontri, di cui vi daremo notizia per tempo, e un video sugli ultimi venti anni di movimento internazionale delle donne e sull'azione dell'Onu. Sarà pronto per l'8 marzo. Se siete interessate al video e all'organizzazione di incontri nelle vostre città, non avete che da scriverci.

Daniela Colombo

da Aidos news, n. 4-6, dicembre 1994