Conferenza di pechino: cosa significa genere?*



Il sígnificato del termíne "genere" scatena una polemíca strumentale sul documento per Pechíno. Taglia corto Gertrude Mongella: ´Significa solo che bisogna tener conto che íl mondo è fatto dí uomíní e dí donneª

di Marina Forti

COSA SIGNIFICA "genere"? Buffa domanda. Eppure una commissione di diplomatici e funzionari delle Nazioni unite si e esercitata su questo tema, nelle ultime settimane, alla ricerca di una risposta convincente e soprattutto accettabile a sensibilità politiche molto diverse. E per diradare la prima "crisi" che si addensava attorno alla Quarta conferenza mondiale delle donne, che comincerà in settembre a Pechino.

Genere, in inglese gender, è una parola ampiamente disseminata nella Piattaforma d'azione, il documento di base della conferenza elaborato (e negoziato quasi frase per frase) durante un lungo processo preparatorio culminato nell'ultima riunione di aprile a New York: dove si parla di "discriminazioni sulla base del genere" nell'accesso al lavoro, si auspicano azioni per "eliminare il divario di genere" a scuola e per costruire "programmi sanitari sensibili al genere", e così via. Migliaia di altri documenti delle Nazioni unite hanno finora usato questa terminologia. Ma proprio durante l'ultima commissione preparatoria, nel palazzo di vetro di New York, i rappresentanti di Honduras e Benin hanno sollevato il problema: bisogna chiarire cosa si intenda per "genere". Perché con ogni evidenza non si tratta di una questione grammaticale. Ma, attenzione, non si tratta neppure di un termine anglosassone per dire "sesso", sebbene indichi che al mondo esistono donne e uomini.

Qualcuno a quel punto deve aver fatto osservare che nella letteratura politically correct negli Stati Uniti si distinguono non due ma cinque generi: femmine, maschi, omosessuali femminili e omosessuali maschili, transessuali. Qualcuno anzi parla di ermafrodíti e pseudo ermafroditi maschi e femmine.

Apriti cielo! Allora dire "genere" significa legittimare l'omosessualità, hanno strepitato Honduras e Benin, seguiti da una manciata di altri paesi o molto cattolici o molto tradizionalisti o entrambe le cose: detti anche la pattuglia vaticana. La signora Khadija Karar, rappresentante dell'islamico Sudan, ha detto che nella parola "genere" si può leggere ´ornosessuafità, lesbismo, bisessualità, qualsiasi cosaª. La signora Marta Casco dell’Honduras ha chiesto che la parola incriminata sia messa tra parentesi quadre, come tutti i passaggi del documento su cui non è raggiunto un consenso, incurante del sarcasmo di un delegato statunitense: ´Come si può pensare di mettere il genere tra parentesi?ª.

Ecco fatto: i "cinque sessi" nulla hanno a che vedere con una piattaforma d'azione che si propone di "dare autorità e potere" (in inglese empower) alle donne, di promuoverne e riconoscerne la piena partecipazione alla vita economica, sociale, politica, culturale. Dunque di rovesciare il trend della "femminilizzazione della povertà", realizzare l’accesso universale ai servizi sanitari e all'istruzione, tutelare la salute riproduttiva e garantire i diritti sessuali, affrontare la violenza contro le donne compresa la violenza esercitata durante guerre e conflitti, difendere le "piccole donne": le bambine discriminate spesso già prima di nascere e poi peggio nutrite e istruite rispetto ai maschietti, messe a lavorare o date in sposa ancora bambine. Una conferenza che si propone, ancora, di riequilibrare la rappresentanza politica a favore delle donne e discutere di accesso ai mass-media.

1 cinque sessi non c’entrano davvero, ma sono utilissimi, almeno quanto lo era stato l'aborto alla conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo: un buon pretesto per una guerra ideologica. Ecco di nuovo lo schieramento Vaticano-contro-Onu (o Vaticano-contro-Stati Uniti), con il piccolo stato oltretevere (tecnicamente la Santa Sede è accreditata alle Nazioni unite come Stato della Città del Vaticano) che schiera le sue "armate": un gruppo tra otto e dieci fedelissimi che comprende alcuni stati cattolici centroamericani, Malta, qualche paese africano. Con il Vaticano a volte nella parte di paladino del Terzo mondo contro le pretese imperialiste di un occidente che vorrebbe imporre la sua materialista ed edonista way of life al mondo intero. A volte nelle vesti di paladino della "dignità della donna", quella vera, che si realizza nella maternità e nella famiglia. O nel ruolo di "ministero affari sociali" su scala planetaria, capofila di una enorme holding dell'assistenza sanitaria e dell'istruzione.

Per il momento la guerra del "genere" è stata risolta senza mettere la parola tra parentesi nel testo definitivo proposto alla Conferenza di Pechino. Il "gruppo di contatto" la commissione delle Nazioni unite incaricata di dirimere la questione) ha trovato una soluzione minimalista: il termine "genere" è usato nell'accezione in cui era usato nei documenti precedenti. Senza entrare troppo in dettaglio e specificare che non solo della differenza biologica si sta parlando ma della connotazione culturale dei ruoli di donna e uomo nella società. Come ha detto in poche e chiare parole durante una recente visita a Roma Gertrude Mongella, la segretaria generale della Conferenza mondiale per le donne: ´Erano solo malintesi linguistici. Quando diciamo genere intendiamo parlare di come donne e uomini sono trattati nella società, delle discriminazioni subite dalle donne perché hanno meno opportunità di istruzione, il loro lavoro resta invisibile, sono avviate a carriere di serie Bª. Insomma: ´Significa riconoscere che il mondo è fatto di donne e di uomini e che ogni decisione deve tener conto di entrambiª.

*Tratto da: noidonne — luglio-agosto 1995