Le mille voci diverse di Huairou

 

WEDO mette in guardia sui pericoli ambientali

Donne con costumi tradizionali che portavano mazzi di fiori, petali, banane e riso, hanno aggiunto una nota di colore al "Congresso delle donne per un pianeta sano" al Forum delle ONG. Casalinghe, scienziate e attiviste, sottolineando il danno ambientale e il suo impatto sulle persone, hanno portato la loro testimonianza durante i due giorni del Congresso.

Poche proposte concrete sono uscite da questo incontro che ha dato vita a una nuova rete: "Figlie della terra, Rete per l'ambiente e lo sviluppo", coordinata dall'organizzazione di Donne per l'ambiente e lo sviluppo,. "Benvenute Figlie della terra, perché noi tessiamo la nostra tela per fare della terra un posto migliore dove vivere" ha dichiarato la Presidente di WEDO, Bella Abzug.

Abzug, già membro delCongresso degli Stati Uniti, ha aggiunto che la Rete rappresenta lo sforzo collettivo di 79 organizzazioni che "sebbene provenienti da diverse tradizioni culturali e spirituali, si sono riunite per una serie di eventi e azioni al fine di creare un mondo più pacifico, sano e sostenibile." La Rete ha avuto il suo culmine nel giorno internazionale dell'azione per l'uguaglianza delle donne, l'8 settembre, in cui si sono organizzati vari eventi in varie parti del mondo a sostegno della Conferenza delle NU.

"La Piattaforma di azione che questa Conferenza di Donne dovrà approvare, include dei punti interessanti sull'alfabetizzazione e varie proposte che aiuteranno le donne ad assumere potere, ma abbiamo il dovere di mostrare gli effetti delle politiche di aggiustamento strutturale sulla libertà per le persone di decidere della propria vita e salute," ha detto Adetoun Humoka, Direttrice esecutiva del Centro di ricerca per il potere e l'azione in Nigeria. "Gli aggiustamenti strutturali" sono solo uno degli aspetti dell'intero sistema economico, i cui effetti hanno colpito principalmente le donne e i bambini.

Altre giudici al Congresso erano Elizabeth Evatt, ex presidente della Commissione per le riforme legislative in Australia, Sujata Manohar della Corte Suprema indiana e Margareta Wadstein della Corte cittadina di Stoccolma. Queste donne hanno richiamato ad una "nuova etica", capace di dare più potere alle donne e di anteporre il benessere delle popolazioni ai benefici di profitto ed economici.

Citando gli ostacoli all'accesso al potere da parte delle donne durante gli ultimi quattro anni, Wadstein, un ex deputata ombudsman per le uguali opportunità uomo-donna in Svezia, ha menzionato l'intollerabile situazione in cui si trovano le donne durante i conflitti armati, come per esempio le donne di Bosnia o del Ruanda, soggette a stupri utilizzati come armi di guerra. Una notizia positiva, ha detto, è il fatto che le donne, in Svezia, rappresentano il 50% dei membri di governo e quasi la metà in Parlamento".

In India, le donne, hanno recentemente guadagnato spazio nella politica, negli affari e nel sistema bancario, ha raccontato Manoliar, la prima donna giudice a sedere nell'Alta Corte di Bombay.

(lhsan Bouabid - IPS)

Donne nei conflitti

Lacrime scendevano lungo il viso di Abda Abdi, 38 anni, somala, mentre raccontava come suo marito, economista di origine keniota, fu ucciso da una bomba, scoppiata di fronte alla casa, nel 1992 all'apice della guerra durata quattro anni in Somalia.

"Ero incinta di quattro mesi e se non fosse stato per un amico che mi ha trascinato fuori dal vortice di schegge causato dalla bomba, io oggi non sarei qui", ricorda. In seguito, Abda si è unita ad altre donne africane per creare l'Organizzazione Keniota di Emergenza e Sviluppo (KERDO) allo scopo di lavorare per la pace e lo sviluppo del suo paese.

Questa è stata solo una delle esperienze raccontate dalle donne africane al seminario sul ruolo delle donne per la soluzione dei conflitti tenuto nella tenda africana il 5 settembre.

Kestoria Kabia, ha poi raccontato di come la guerra in Liberia iniziata nel 1991, abbia portato con sé atrocità inimmaginabili. "Migliaia di persone sono state uccise, più di cento villaggi sono. stati bruciati e un numero innumerevole di donne e bambini sono stati dislocati o portati, come rifugiati, nei paesi vicini."

Quadri agghiaccianti di genocidi, stupri e altre atrocità sono stati vivamente narrati da donne del Ruanda, del Burundi, del Mozambico, del Sudan, dell'Eritrea e dell'Etiopia.

La gravità della situazione in Africa è stata discussa anche da un membro dell'Associazione Cinese per la Comprensione Internazionale, Luoyi.

"Ho vissuto a lungo in Africa, e ho sviluppato perciò un grande interesse per quel che sta accadendo in questa regione", dice Luoyi, "dei 58 conflitti presenti attualmente nel mondo, ben 20 colpiscono l'Africa". Nell'ultimo decennio, sono morti, per cause varie, ben 1,5 milioni di bambini, 4 milioni sono rimasti permanentemente mutilati; rimangono 85 milioni di mine inesplose sparse in 62 paesi del mondo, e l'Africa è certamente il continente più colpito dal fenomeno presentando 30 milioni di mine in 18 paesi."

Con la dottoressa Nana Pratt coordinatrice del seminario, le donne presenti hanno cercato di formulare strategie capaci di accelerare il processo di pace nella regione: "lasciateci tornare ai nostri tradizionali metodi di mediazione per la pace, che prevedono i capi e gli anziani come mediatori", ha suggerito una delegata somala.

Lucinda Amara della Sierra Leone ha suggerito la partecipazione delle donne nei processi di mediazione, mentre la delegata etiope, Netsannet Asfaw, ha parlato della necessità di individuare le cause che sono all'origine dei conflitti per assicurare una pace duratura.

Solidarietà con le donne cambogiane

Le donne dell'Asia del Pacifico sono sfilate portando uno striscione "dell'amicizia e della solidarietà" che recitava: Women, Peace, Love, lungo più di 150 metri. Lo striscione è stato realizzato per iniziativa della ONG cambogiana Khemara, con pezzi di stoffa donati da donne di 120 paesi a simbolizzare tutte le sofferenze quotidiane delle donne del mondo. "E’ la voce delle donne di tutto il mondo. E’ la nostra forza e il nostro potere" ci ha detto Sochua Leiper, fondatrice dell'ONG cambogiana.

Questa organizzazione è stata una delle prime a mobilizzare le donne cambogiane nella difesa dei loro diritti; si èparticolarmente distinta per aver avviato programmi di lotta contro la povertà delle donne. La Cambogia, martoriata da una lunga guerra, non è affatto guarito dai suoi mali. Vi sono ancora numerosi problemi tra cui, sconcertante, rimane quello delle mine: si calcola che vi sia, attualmente, ancora una mina ogni quattro abitanti, ragione per la quale circa un quarto della popolazione è handicappata. Ma le donne cambogiane lottano anche contro altri sorprusi quali: la tratta delle donne, la prostituzione minorile, l'AIDS e altri per le quali domandano la solidarietà di tutte le donne del mondo.

Le donne indigene soffrono di una doppia discriminazione

"State andando a cantare e danzare?" chiede un giornalista ad un gruppo di donne indigene dell'America Latina. Lo guardano con furia rispondendo seccamente "noi non cantiamo, né danziamo". Tarcila Rivera, una donna indigena peruviana di origine Quechua, spiega: "Siarno di carne ed ossa, come tutti gli altri. Non siamo esotiche e c'è in noi molto più che i nostri costumi tradizionali. Abbiamo problemi economici, politici, culturali e di genere come tutte le altre donne che partecipano a questo Forum, vogliamo partecipare alla politica, avere voce alle NU e usare il computer." Le donne indigene sono irritate che nel programma del Forum delle ONG la loro condizione sia stata inclusa all'interno di 'etnicità e cultura'. Sono giunte a Pechino con una piattaforma seria che presenta molti aspetti in comune con le richieste delle donne delle zone rurali, ma soffrono di una doppia discriminazione: in quanto donne, e in quanto indigene.

Nonostante abbiano compiuto notevoli progressi in termini di organizzazione e coordinazione a livello continentale, le donne indigene dell'America Latina si sentono ancora marginalizzate e non comprese dalle loro sorelle.

Ci sono 40 milioni di indigeni nelle Americhe che vanno dal Messico a Capo Horn in Cile. Sebbene abbiano problemi comuni con le donne non-indigene, come salari più bassi rispetto a quelli degli uomini e meno potere nell'organizzazione delle loro società, le donne indigene hanno ulteriori problemi dovuti a discriminazioni razziali e culturali. "Quando andiamo in un ufficio pubblico, o all'ospedale, ci trattano come fossimo sporche," dice Rivera, "quello che chiediamo èrispetto reciproco".

Nel prepararsi per Pechino, le donne indigene dell'America Latina, si sono incontrate in Ecuador e in Argentina dove hanno abbozzato una piattaforma che hanno adesso resa definitiva al Forum. Le loro richieste riguardano l'educazione bilingue e interculturale nella loro lingua indigena oltre allo spagnolo, vogliono titoli di proprietà e protezione per le terre dove vivono.

Chiedono anche di partecipare alle fasi d’elaborazione e di ricerca nei programmi di sviluppo. Vogliono credito e riguardo per le loro conoscenze tradizionali tanto quanto per le politiche nazionali e internazionali di cui vogliono beneficiare nel rispetto della loro identità; mentre alle NU chiedono che alle varie riunioni e seminari vengano invitati un ugual numero di donne e uomini.

(Maria Elena Hurtado)

Le donne portatrici di handicap hanno chiesto attenzione per i loro problemi

Circa 200 donne portatrici di handicap, provenienti da circa 20 diversi paesi, hanno partecipato al Forum e alla Conferenza con l'intento di richiamare l'attenzione pubblica sulle problematiche legate all'impiego, all'istruzione, alla formazione e alle cure mediche per le donne e le bambine portatrici di handicap.

Tra le partecipanti vi erano insegnanti, avvocatesse, poetesse, sociologhe e imprenditrici. Donne di grande coraggio che non si sono fatte spaventare dalla pioggia e dal fango e nella loro tenda hanno organizzato dibattiti di grande interesse, ma anche sessioni musicali e di poesia.

 

1554 uomini coraggiosi

Dieci anni fa, i pochi uomini che avevano accompagnato le proprie mogli a Nairobi avevano un unico obiettivo: partecipare a un safari. Quest'anno ben 1.554 uomini si sono avventurati al Forum delle ONG. E questa volta, non si sono limitati a visitare la 'Grande Muraglia' o la 'Città Proibita' ma hanno cercato di partecipare il più possibile ai lavori, anche se la maggior parte delle volte come spettatori. Tra loro attivisti per i diritti umani, operatori dello sviluppo, giornalisti, membri di gruppi religiosi e volontari.

Il gruppo più numeroso è stato quello giapponese che includeva membri delle prefetture, di associazioni di avvocati e un rappresentante di un'associazione che lotta contro le molestie sessuali.

Come hanno reagito le donne nei confronti di questa rappresentanza maschile? Odile, americana, accompagnata dal marito a suo tempo attivista nella lotta contro la guerra del Vietnam all'Università del Michigan, ha dichiarato: "mio marito è stato trattato estremamente bene, mentre negli USA quando ha provato a partecipare a delle conferenze su questi temi, è stato oggetto di intolleranza da parte delle femministe". I tempi stanno cambiando. Tre le parole d'ordine del Forum e della Conferenza: nuova partnership tra donne e uomini!

Tratto da Speciale Pechino nn. 5/6, supplemento ai nn. 5/6 1995 di Aidos news.