Pechino+5: rispetto, promozione e protezione delle diversità delle donne*

di Lisa Clarke e Cynthia Rothschild

I. Orientamento sessuale e diritti sessuali

Il dibattito pubblico sull’orientamento sessuale durante l’Assemblea di "Pechino+5"

L’orientamento sessuale non era inserito da nessuna parte nella Piattaforma d’Azione di Pechino. Durante i negoziati alcune delegazioni si erano opposte all’inserimento di un linguaggio sull’orientamento sessuale, in quanto dicevano che avrebbe creato un "nuovo diritto". Il linguaggio proposto, tuttavia, non faceva mai riferimento all’orientamento sessuale come ad un diritto. Piuttosto, citava l’orientamento sessuale come base di discriminazione, che impedisce ad alcune donne di godere completamente dei loro diritti. Mentre, alla fine, i riferimenti espliciti all’orientamento sessuale venivano cancellati, sedici paesi di tutte le regioni dichiaravano che avrebbero interpretato le clausole pertinenti della Piattaforma d’Azione di Pechino, in particolare il Paragrafo 96 (citato sotto il Paragrafo 72k. del Documento finale di Pechino+5) nel senso di una loro inclusione della protezione dalla discriminazioni dovute all’orientamento sessuale.

Alla fine, non fu raggiunto alcun consenso sui riferimenti all’orientamento sessuale durante la Sessione Speciale dell’Assemblea generale ONU ("Pechino+5") del giugno del 2000. Un linguaggio simile a quello proposto senza successo per il Paragrafo 102j (che chiedeva di riesaminare ed abrogare le leggi che criminalizzano l’omosessualità, perché tali leggi incoraggiano la violenza contro le donne) fu adottato dalla relazione finale dell’Incontro Preparatorio Regionale europeo (ECE) per Pechino+5, nel gennaio del 2000. All’epoca, nessun paese ECE, né i governi né la Santa Sede, espressero alcuna riserva sul testo adottato. Inoltre, il documento adottato per consenso a Lima, dall’Incontro Preparatorio Regionale (febbraio 2000) dell’America Latina e dei Caraibi (CEALC) richiede che i paesi s’impegnino a "garantire la protezione dei diritti delle donne, compreso il diritto sessuale e quelli riproduttivi, e si occupino delle violazioni di tali diritti, riservando una particolare attenzione a tutte le forme di violenza basata sul genere ed alle sue cause di fondo, compresa la riproduzione di una cultura di violenza."

Negoziati estenuanti

Basandosi sui risultati ottenuti durante le riunioni ECE e CEALC, i gruppi per i diritti umani delle donne hanno chiesto la protezione contro la violenza, la protezione contro la discriminazione, e il rispetto delle diversità. Tuttavia, al fine di evitare i riferimenti all’orientamento sessuale, alcune delle delegazioni più conservatrici hanno voluto eliminare qualunque elenco di altre barriere che le donne debbono affrontare per esercitare i loro diritti umani, per la preoccupazione che la frase "piena diversità delle donne" fosse una maschera dietro la quale si nascondeva il tema dell’orientamento sessuale. Dopo molte discussioni su dove andasse collocata una lista di questo tipo, un elenco delle barriere che le donne debbono affrontare è stato posto nell’introduzione al documento finale (Paragrafo 5). Per tutta la durata dei negoziati, l’orientamento sessuale era apparso tra parentesi in quest’elenco, e solo alla fine ne fu escluso, l’ultima sera dei negoziati. La lista comprende le parole "altra condizione", che molti governi hanno detto avrebbero interpretato come comprensiva dell’orientamento sessuale.

Come a Pechino, il dibattito sui diritti sessuali è stato acceso e controverso. Uno degli argomenti usati è stato che mentre il Nord finanziariamente sicuro poteva sostenere il patrocinio dei diritti sessuali, il Sud in via di sviluppo aveva questioni più pressanti che richiedevano attenzione. Gli oppositori dei diritti sessuali hanno usato il tema della sessualità per promuovere questa divisione, tentando di descrivere la sessualità come una nuova, superficiale questione dei diritti umani che non interessa il Sud, e come un "blocco" nel processo negoziale. Tuttavia, delegati e rappresentanti delle ONG di tutte le regioni hanno continuato a battersi per i diritti sessuali, ed hanno fatto dei collegamenti concettuali tra la discriminazione, la violenza contro le donne e la necessità di sostenere i diritti sessuali; e molti hanno riconosciuto l’ampia estensione regionale e culturale del lavoro in materia di diritti sessuali. Sebbene le trattative per il testo definitivo non abbiano dato come risultato dei miglioramenti sicuri sul piano dell’affermazione dei diritti sessuali, queste posizioni di sostegno sono state manifestate durante tutto il processo di Pechino+5 da vari governi.

 

Analisi dei risultati ottenuti nel documento finale di "Pechino+5" su:

Orientamento sessuale, Discriminazione e violenza

Paragrafo 68f. Mettere a punto, rivedere e attuare leggi e procedure per proibire ed eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne;

Paragrafo 69c. Trattare tutte le forme di violenza contro le donne e le bambine di ogni età come reati penali punibili per legge, compresa la violenza basata su qualsiasi forma di discriminazione;

Commento: sebbene non vi siano riferimenti manifesti all’orientamento sessuale nel Documento finale, molti governi hanno dichiarato che avrebbero interpretato le parole "altra condizione" (other status) come inclusivo delle questioni relative all’orientamento sessuale. Nel far ciò, il Canada ha fatto riferimento alla decisione del 1994 del Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite, Nicholas Toonen contro Australia, che afferma che le protezioni contro la discriminazione contenute nella Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici debbono essere intese come comprendenti l’orientamento sessuale. Inoltre, diversi paesi hanno approvato norme di legge che proibiscono la discriminazione in base all’orientamento sessuale. In anni recenti, due paesi, l’Ecuador e il Sud Africa, hanno incluso tali norme di tutela nelle loro costituzioni. Protezioni contro la discriminazione basata sulla sessualità e sull’orientamento sessuale sono state ampiamente confermate dalle agenzie delle Nazioni Unite, compreso l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il Comitato delle Nazioni Unite dei Diritti Umani, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla Violenza contro le Donne e il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle Esecuzioni Extragiudiziali, Sommarie o Arbitrarie.

Diritti sessuali

Paragrafo 72k. (Paragrafo 96. della Piattaforma d’Azione) I diritti umani delle donne comprendono il diritto di avere il controllo e di decidere liberamente e responsabilmente sulle questioni relative alla sessualità, compresa la salute sessuale e riproduttiva, libere da coercizioni, discriminazioni e violenze. Una relazione egualitaria tra donne e uomini in materia di relazioni sessuali e di riproduzione, compreso il pieno rispetto per l’integrità della persona, esige rispetto reciproco, consenso e condivisione della responsabilità relativa al comportamento sessuale e alle sue conseguenze;

Commento: i sostenitori dei diritti umani delle donne hanno lavorato sodo perché l’espressione "diritti sessuali" fosse inclusa nel documento. Questa frase è stata usata nel documento finale adottato per consenso a di Lima, che fu redatto all’incontro Preparatorio Regionale ECLAC a febbraio del 2000. La frase non fu inclusa nel documento finale di Pechino+5, ma fu sostituita dal testo del Paragrafo 96 della Piattaforma d’Azione di Pechino. L’orientamento sessuale fa parte del tema trattato al paragrafo 96, cioè l’esperienza della sessualità e della salute sessuale, il cui scopo, così espresso nel Paragrafo 94 della Piattaforma d’Azione di Pechino, "è il miglioramento della vita e delle relazioni personali."

Durante un convegno ben seguito organizzato dal Caucus delle Lesbiche, alcuni rappresentanti di organizzazioni religiose conservatrici hanno distribuito dei volantini contro i diritti delle persone gay e i diritti riproduttivi, in cui si asseriva che "l’occidente è ossessionato dal sesso". In un altro volantino intitolato "l’occidente ostacola il documento", le lentezze nel processo negoziale di Pechino+5 venivano collegate alla lotta per i diritti sessuali e riproduttivi: "se l’Occidente la smettesse di incitare ai ‘diritti’ omosessuali e all’aborto, cui molti paesi sono contrari, il documento sarebbe fatto. Non biasimate i Paesi in via di sviluppo per il coraggio di difendere i loro valori e i loro diritti all’autogoverno!" Il volantino non fu attribuito a nessuna organizzazione o paese. Le ONG di destra coinvolte nella distribuzione di questi volantini hanno dichiarato anch’esse che l’avanzamento dei diritti sessuali promuoverebbe la pedofilia e la necrofilia.

Orientamento sessuale come motivo per ottenere asilo

Paragrafo 68i. Integrare una prospettiva di genere nelle politiche, nei regolamenti e nelle pratiche nazionali di immigrazione e di asilo, laddove è il caso, al fine di promuovere e di proteggere i diritti di tutte le donne, inclusa la presa in considerazione di passi per riconoscere la persecuzione e la violenza legate al genere nel valutare la fondatezza dei motivi per concedere la condizione di rifugiato e l’asilo;

Commento: Il Documento finale riconosce implicitamente l’orientamento sessuale come motivo per ottenere asilo perché l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati riconosce l’orientamento sessuale come una forma di persecuzione basata sul genere. Secondo la Convenzione delle NU sui Rifugiati del 1951, a chi chiede asilo può essere accordata la condizione di rifugiato se è in grado di dimostrare un "ben fondato timore di essere perseguitato" nel suo paese in quanto "…appartenente ad un particolare gruppo sociale…" L’orientamento sessuale di una persona è una parte fondamentale della sua identità. Conseguentemente, lesbiche, bisessuali e persone che hanno cambiato sesso sono manifestamente un "gruppo sociale particolare."

Riferimento alla Relazione finale della Conferenza di Pechino

Paragrafo 1. I governi convenuti alla Sessione Speciale dell’Assemblea Generale hanno ribadito il loro impegno nei confronti delle mete e degli obiettivi contenuti nella Dichiarazione di Pechino e nella Piattaforma di Azione adottate dalla IV Conferenza mondiale sulle donne del 1995, quali sono contenuti nel Rapporto della Conferenza. La Dichiarazione di Pechino e la Piattaforma di Azione hanno fissato come obiettivi l’eguaglianza, lo sviluppo e la pace ed hanno stabilito una agenda per l’empowerment delle donne. I governi hanno esaminato e valutato i progressi compiuti e hanno individuato gli ostacoli e le sfide in atto da affrontare per realizzare la Piattaforma di Azione. Hanno riconosciuto che gli obiettivi e gli impegni assunti nella Piattaforma di Azione non sono stati pienamente promossi e raggiunti, e hanno concordato ulteriori azioni e iniziative a livello locale, nazionale, regionale e internazionale per accelerarne l’attuazione e assicurare che gli impegni assunti per l’uguaglianza di genere, per lo sviluppo e per la pace vengano pienamente realizzati.

Commento: Durante tutto il procedimento, alcuni oppositori dei paragrafi relativi ai diritti all’orientamento sessuale e ai diritti sessuali hanno proposto di includere il riferimento alla Relazione ufficiale della Conferenza di Pechino, piuttosto che solo alla Piattaforma d’Azione, dato che essa contiene le forti riserve in materia di diritti sessuali e riproduttivi presentate da alcuni stati durante le trattative per il testo del 1995. Tuttavia, la Relazione ufficiale della Conferenza di Pechino contiene anche forti dichiarazioni a sostegno dell’introduzione nel documento dell’orientamento sessuale e dei diritti sessuali, un fatto che è meno conosciuto e che lavora a favore di chi si batte per i diritti sessuali. Il Documento finale di Pechino+5 menziona proprio la relazione finale di Pechino, e può dunque essere utilizzato in questo senso.

II. La famiglia e la maternità

L’ossessione del diritto religioso per "la famiglia"

Dopo ampi dibattiti a Pechino, la Piattaforma d’Azione riconosce che "esistono varie forme di famiglia" nei diversi sistemi culturali, politici e sociali e che "la maternità, l’essere genitori e il ruolo delle donne nella procreazione non debbono essere una base di discriminazione né limitare la piena partecipazione delle donne nella società" (Paragrafo 29.).

Tra le tattiche usate dalla Santa Sede per influenzare il tono del documento c’è stata quella di costellare il testo, ogni volta che era possibile, di riferimenti al "rafforzamento della famiglia" e "al sostegno della famiglia". La Santa Sede e gruppi religiosi conservatori hanno rivendicato la totale proprietà della "famiglia" e della "maternità", come avevano fatto in occasione di precedenti conferenze, compresa Pechino e la Conferenza Internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo del Cairo. Molti riferimenti alla famiglia chiesti dalla Santa Sede sono stati cancellati dal testo finale. I fondamentalisti hanno anche voluto vedere "la famiglia" definita come una famiglia nucleare composta da un uomo, da una donna e dai loro figli. Inoltre, hanno difeso l’idea che il contributo più importante delle donne alla società è quello della maternità e che c’è un grande bisogno di proteggere la famiglia in via di disgregazione.

I miglioramenti più rilevanti in quest’area a Pechino+5 sono:

Paragrafo 20. Obiettivi raggiunti: C’è un’accresciuta partecipazione delle donne al mercato del lavoro e di conseguenza un aumento di indipendenza economica. Alcuni governi hanno introdotto una molteplicità di misure indirizzate ai diritti economici e sociali delle donne, alla eguaglianza di accesso alle risorse economiche e al controllo su di esse e all’eguaglianza nel lavoro. Altri provvedimenti comprendono la ratifica di convenzioni internazionali in materia di lavoro e l’approvazione o il potenziamento di norme di legge per conformarsi a tali convenzioni. C’è una crescente consapevolezza della necessità di conciliare lavoro e responsabilità familiari, e degli effetti positivi di misure quali il congedo di maternità e di paternità e il congedo parentale, nonché dei servizi e assegni di assistenza al bambino e alle famiglie. Alcuni governi hanno preso provvedimenti contro i comportamenti illeciti e discriminatori sul luogo di lavoro e per la prevenzione di condizioni insalubri sul luogo di lavoro, e hanno istituito meccanismi di finanziamento per promuovere il ruolo delle donne nell’attività imprenditoriale, per la loro istruzione e formazione ivi comprese le competenze scientifiche e tecniche e la presa delle decisioni. Sono state svolte ricerche sugli ostacoli all’empowerment economico incontrati dalle donne, in particolare sul rapporto fra lavoro retribuito e non retribuito, e si stanno mettendo a punto strumenti per facilitare tale valutazione.

Paragrafo 60. Le donne svolgono un ruolo decisivo nella famiglia. La famiglia è l’unità di base della società ed è un forte fattore di coesione e di integrazione sociale e, come tale, dovrebbe essere rafforzata. L’inadeguato sostegno alle donne e l’insufficiente tutela e aiuto alle rispettive famiglie incidono sulla società nel suo insieme e compromettono gli sforzi per raggiungere l’eguaglianza di genere. Nei diversi sistemi culturali, politici e sociali, esistono varie forme di famiglia e i diritti, le funzioni e le responsabilità dei singoli membri della famiglia debbono essere rispettati. I contributi sociali ed economici delle donne al benessere della famiglia e l’importanza sociale della maternità e della paternità continuano ad essere affrontati in maniera inadeguata. Anche la maternità e la paternità e il ruolo dei genitori e dei tutori legali nella famiglia e nell’educazione dei figli e l’importanza di tutti i membri della famiglia per il benessere familiare sono riconosciuti e non debbono essere motivo di discriminazione. Sulle donne inoltre continua a gravare una quota sproporzionata delle responsabilità del lavoro domestico e della cura dei figli, dei malati e degli anziani. Questo squilibrio va seriamente affrontato mediante politiche e programmi adeguati, in particolare quelli destinati all’istruzione, e attraverso la legislazione laddove è il caso. Per poter giungere a una piena partnership, sia nella sfera pubblica che in quella privata, donne e uomini debbono poter conciliare e dividere in modo egualitario le responsabilità del lavoro e le responsabilità della famiglia.

Paragrafo 68g. Adottare misure, inclusi programmi e politiche, per assicurare che la gestazione, la maternità e la condizione di genitore e il ruolo delle donne nella procreazione non siano usati come motivo di discriminazione e non limitino la piena partecipazione delle donne nella società;

Paragrafo 82c. Sviluppare o rafforzare politiche e programmi per sostenere i molteplici ruoli delle donne nel contribuire al benessere della famiglia nelle sue varie forme, che riconoscano l’importanza sociale della gravidanza e della maternità, dell’essere genitori, del ruolo dei genitori e dei tutori legali nell’allevare i figli e nel prendersi cura degli altri membri della famiglia. Tali politiche e programmi dovrebbero anche promuovere la condivisione delle responsabilità tra i genitori, donne e uomini, e la società nel suo insieme;

Paragrafo 99j. Provvedere sostegno ed empowerment per le donne che svolgono un importante ruolo all’interno delle proprie famiglie quali fattori di stabilità in situazioni di conflitto e successive a conflitto.

Commento: sebbene il documento faccia molti riferimenti alle donne come madri e al loro ruolo nelle famiglie, i riferimenti non sono così limitanti come molti avevano temuto in origine. Piuttosto che asserire che il ruolo principale delle donne nella società è la maternità, il Documento finale riflette la necessità di dedicarsi ai molteplici ruoli delle donne nel contribuire al benessere della famiglia nelle sue varie forme.

III. Diversità, cultura, e sovranità nazionale

Diversità a Pechino+5

Durante i negoziati di Pechino, le ONG per i diritti umani delle donne hanno esercitato pressioni politiche per il riconoscimento (tra gli altri fattori) della discriminazione razziale ed etnica, come barriere all’empowerment delle donne. Le ONG hanno anche chiesto il riconoscimento della molteplicità di barriere che le donne si trovano di fronte. Grazie alle pressioni politiche di questi gruppi, la Piattaforma d’Azione di Pechino menziona la razza e l’etnia come barriere che le donne debbono affrontare (Paragrafi 48. E 226.) e riconosce le molteplici barriere all’empowerment delle donne (Paragrafo 32.). Tuttavia, in questi paragrafi gli elenchi sono incompleti e tralasciano la discriminazione basata su origine nazionale, orientamento sessuale, condizione di persona indigena, e condizione socioeconomica.

Paragrafo 4. 4. Nella Piattaforma di Azione si mette in rilievo che le donne hanno problemi comuni che possono essere affrontati solo operando insieme e in collaborazione con gli uomini verso la meta comune dell’uguaglianza di genere in tutto il mondo. La Piattaforma rispetta e valuta la grande diversità delle situazioni e condizioni delle donne e riconosce che alcune donne incontrano ostacoli particolari alla piena realizzazione del loro empowerment.

Paragrafo 5. 5. La Piattaforma di Azione riconosce che le donne incontrano (barriere/ sbarramenti) alla piena uguaglianza e all’avanzamento a causa di fattori quali la razza, l’età, la lingua, l’appartenenza ad un gruppo etnico, la cultura, la religione o l’esistenza di handicap, per il fatto di essere indigene o per altre situazioni. Molte donne incontrano specifici ostacoli connessi alla condizione familiare, in particolare se a capo di famiglie monoparentali e alle condizioni socio-economiche, fra cui il fatto di risiedere in zone rurali, isolate o economicamente depresse. Esistono inoltre ostacoli ulteriori per le donne rifugiate, per le donne sfollate all’interno del proprio Paese, nonché per le donne immigrate e migranti, comprese le lavoratrici migranti. Molte donne vengono colpite in misura particolare da calamità naturali, da patologie gravi e infettive e da varie forme di violenza contro le donne.

Commento: Sebbene la Piattaforma d’Azione contenga un elenco che parla di "piena diversità delle situazioni e delle condizioni delle donne", c’è stata molta resistenza nelle trattative di Pechino+5 nei confronti dell’espressione "la piena diversità delle donne". Alcune delegazioni hanno detto che per loro sarebbe stato appropriato parlare di "diversità" o di "rispetto per la diversità" e che non volevano includere un elenco. Ad un certo punto delle trattative, il riferimento alla "piena diversità delle donne" è stato cancellato dall’introduzione. Le ONG delle donne hanno esercitato pressioni politiche, incontrando non poche difficoltà, per far reinserire la frase nell’introduzione, giacché è importante che tutto il documento rifletta le varie barriere che le diverse donne debbono affrontare per raggiungere "la piena uguaglianza e per ottenere progressi". L’elenco appare nel documento finale al Paragrafo 5, che in realtà ripete il Paragrafo 46 della Piattaforma d’Azione di Pechino, parola per parola.

I sostenitori dei diritti umani delle donne hanno esercitato pressioni politiche per un ampliamento dell’elenco, contenuto nella Piattaforma d’Azione di Pechino, delle barriere che le donne debbono affrontare; il tentativo era di includervi fattori come condizione educativa, cittadinanza, condizione coniugale, orientamento sessuale, o vedovanza, condizione di donne agricole o di donne sfollate all’interno del proprio paese. Sfortunatamente, l’elenco di Pechino non è stato ampliato. Nel Paragrafo 43 c’è un riferimento al numero crescente di vedove, ma non viene suggerita alcuna azione corrispondente per le difficoltà sopportate dalle donne in quanto vedove. Sfortunatamente, si è lottato talmente tanto sull’opportunità o meno che un elenco delle diversità delle donne dovesse comparire e, in caso positivo, su dove dovesse essere inserito, che non si è mai discusso pubblicamente sull’espansione dell’elenco. L’eccezione, naturalmente, è stata la raccomandazione di includere l’orientamento sessuale, che è stata controversa.

Diversità: un dibattito di vecchia data

Ampi dibattiti hanno avuto luogo a Pechino sul testo del Paragrafo 9, per quel che riguarda l’equilibrio tra l’universalità dei diritti umani delle donne e il ruolo specifico della religione e della cultura. Le ONG per i diritti umani delle donne hanno sostenuto che i diritti umani universali non dovrebbero essere subordinati alla religione e alla cultura. Il risultato finale è stato un compromesso, che riconosce l’importanza della sovranità nazionale, ma stabilisce la priorità dei diritti umani.

Paragrafo: precedente 2bis. (ora Paragrafo 3.).

Paragrafo 3 concordato. L’obiettivo della Piattaforma di azione, pienamente conforme alle finalità e ai principi della Carta dell’ONU e del diritto internazionale, è l’empowerment di tutte le donne. La piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali di tutte le donne è essenziale ai fini dell’ empowerment di tutte le donne. Mentre è necessario tenere conto della rilevanza delle specificità nazionali e regionali e dei diversi retroterra storici, culturali e religiosi, e’ dovere degli Stati, indipendentemente dai loro sistemi politici, economici e culturali, promuovere e tutelare tutti i diritti umani e le libertà fondamentali. L’ attuazione della Piattaforma, anche mediante la legislazione nazionale e la definizione di strategie, politiche, programmi e priorità di sviluppo, e’ responsabilità sovrana di ciascuno Stato in conformità con tutti i diritti umani e le libertà fondamentali; e la rilevanza e il pieno rispetto dei diversi valori religiosi ed etici, dei diversi retroterra culturali e delle opinioni filosofiche dei singoli e delle rispettive comunità dovrebbero contribuire al pieno godimento da parte delle donne dei loro diritti umani e al raggiungimento dell’ uguaglianza, dello sviluppo e della pace.

Commento: per molti anni le donne si sono rivolte ai governi perché rispettassero, riflettessero e agissero sulle varie necessità delle donne. Mentre alcuni governi hanno confermato questa necessità, ce ne sono stati alcuni che hanno chiesto il rispetto della diversità solo per quel che riguarda la diversità culturale tra gli stati. Cosa interessante, gli stessi paesi che hanno chiesto e sostenuto il rispetto della diversità culturale sono stati i primi a respingere i riferimenti alla diversità delle donne. Il precedente Paragrafo 2bis (ora Paragrafo 3) è non solo il Paragrafo 5 del documento di revisione Cairo+5 (A/S-21/5/aa.1), che è preceduto da un forte linguaggio sui diritti umani delle donne, ma è anche identico al paragrafo respinto a Pechino. Al Pechino+5, i sostenitori dei diritti umani delle donne hanno esercitato forti pressioni politiche per cambiare questo paragrafo. Dopo ampi dibattiti, la decisione di ripiego è stata di citare il Paragrafo 9 della Piattaforma d’Azione di Pechino, che afferma che l’attuazione della Piattaforma d’Azione di Pechino è "responsabilità sovrana" e dovere degli stati.

Dialogo tra e nell’ambito delle civiltà

Paragrafo: precedente 48bis. (ora Paragrafo 95i.).

Paragrafo 95i. Continuare a ideare sforzi per la promozione del rispetto della diversità culturale e del dialogo tra le civiltà e nel loro seno in maniera che contribuisca all’attuazione della Piattaforma d’Azione, che mira all’empowerment delle donne e a realizzare pienamente tutti i diritti umani e le libertà fondamentali di tutte le donne, e in maniera che garantisca che l’eguaglianza di genere e il pieno godimento di tutti i diritti umani da parte delle donne non siano insidiati;

Commento: il linguaggio che chiede il "rispetto per la diversità culturale e il dialogo tra le civiltà" è stato introdotto dall’Iran. Nel novembre del 1998, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò l’anno 2001 come "Anno delle Nazioni Unite del Dialogo tra le Civiltà". La risoluzione GA/RES/53/22, proposta dalla Repubblica Islamica dell’Iran e sostenuta da un gran numero di Paesi, invita "i Governi, il sistema delle Nazioni Unite, compresa l’UNESCO, a pianificare ed attuare programmi culturali, didattici e sociali adatti a promuovere il concetto del dialogo tra le civiltà, anche attraverso l’organizzazione di conferenze e seminari e divulgando informazioni e materiale culturali sull’argomento." Una successiva risoluzione confermò le disposizioni della risoluzione GA/RES/53/22, a febbraio del 2000 (risoluzione 54/113). Pochi possono dichiararsi contrari all’affermazione che esiste la necessità di un maggior dialogo e rispetto tra e nell’ambito delle nazioni e delle civiltà. Tuttavia, il Paragrafo 48bis afferma che la Piattaforma d’Azione sarebbe rafforzata dal "pieno riconoscimento della diversità culturale e dal dialogo tra culture e civiltà". Si trattava di una formulazione vaga, che poteva permettere ai governi di giustificare politiche, legislazioni ed azioni che sono discriminatorie o dannose verso le donne, proclamando che far ciò è un loro diritto sovrano, fondato sulla loro diversità culturale. Non c’era nessuna clausola che richiedesse che il rispetto per le varie differenze culturali fosse compatibile con lo spirito e l’intento della Piattaforma d’Azione di Pechino. Fortunatamente, questo paragrafo è stato modificato in positivo, ed attualmente afferma che il rispetto per la specificità culturale deve rendere possibile un’attuazione più efficacedella Piattaforma d’Azione di Pechino.

* Tratto da "Holding on to the Promise – Women’s Human Rights and the Beijing+5 Review", a cura di Cynthia Meillon e Charlotte Bunch, Center for Women’s Global Leadership, Rutgers, the State University of New Jersey. Il libro è distribuito da: Women, Ink. 777 UN Plaza, New York, NY 10017. E-mail: wink@womenink.org
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