Gli stati parte devono stanziare risorse finanziarie, umane e amministrative adeguate, per garantire che la salute delle donne riceva una quota del bilancio sanitario generale paragonabile a quella destinata alla salute degli uomini, tenuto conto delle diverse esigenze sanitarie."

UFFICIO DELL'ALTO COMMISSARIO PER I DIRITTI UMANI DELLE NAZIONI UNITE

Consolidare le conquiste, e andare avanti:

i diritti umani delle donne a cinque anni da Pechino

 

Maggio 2000

Indice

Introduzione

I. Tutelare i diritti umani delle donne

A. Riaffermare gli standard e i principi fondamentali

1. I diritti delle donne sono diritti umani

2. Universalità e indivisibilità di tutti i diritti umani

3. Eguaglianza e non discriminazione

B. I diritti umani delle donne: alcuni temi chiave

1. I diritti riproduttivi

2. Eguaglianza fra i sessi e proprietà, diritto alla terra e eredità

3. Eguaglianza fra i sessi e famiglia

4. Tratta di donne e bambine

II. Dare attuazione ai diritti umani delle donne dopo Pechino

Passi in avanti

Introduzione

1. La quarta Conferenza mondiale sulle donne del 1995 ha prodotto la Piattaforma d'Azione di Pechino, ed ha rappresentato una pietra miliare nel riconoscimento dei diritti umani delle donne. Nell'assumere gli impegni in essa contenuti, i governi hanno riconosciuto che i diritti umani delle donne e delle bambine sono parte integrante, inalienabile e indivisibile, dei diritti umani universali, e che essi devono essere promossi, tutelati e riconosciuti in tutte le fasi del ciclo di vita, e devono riflettere le diversità delle donne in tutte le loro manifestazioni. La revisione attualmente in corso dei risultati della Conferenza di Pechino costituisce un'occasione per valutare quali progressi siano stati compiuti dal 1995 ad oggi nella realizzazione di questi impegni.

2. La Conferenza di Pechino ha ribadito quanto affermato dalla Dichiarazione e dal Programma d'Azione di Vienna, ribadendo esplicitamente che "i diritti umani delle donne e delle bambine sono parte integrante, inalienabile e indivisibile, dei diritti umani universali". La Conferenza ha anche sottolineato che l'eguaglianza non è un tema che riguarda solo le donne, ma anche gli uomini. La Dichiarazione e la Piattaforma d'Azione di Pechino sono divenute un documento chiave nella lotta per il rispetto dei diritti umani delle donne e delle bambine, e per i diritti umani di tutti.

3. Dopo la Conferenza di Pechino, gli organi di controllo sull'applicazione dei trattati e gli organismi tematici delle Nazioni Unite hanno applicato gli standard affermati a Vienna ed approfonditi a Pechino, fornendo interpretazioni autorevoli del loro contenuto, e dando loro applicazione pratica. Il presente documento sintetizza questi sviluppi, che costituiscono elementi costitutivi essenziali per l'applicazione degli impegni assunti a Pechino, e punti di rilevanza centrale nella revisione quinquennale dei risultati della Conferenza.

4. L'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR) raccomanda a tutti i soggetti impegnati nella revisione quinquennale dei risultati della Conferenza di Pechino di rispettare l'integrità di questi standard, e concentrare oggi l'attenzione sulla loro attuazione e sull'efficacia della loro tutela.

I. Tutelare i diritti umani delle donne

A. Riaffermare gli standard e i principi fondamentali

A.1. I diritti delle donne sono diritti umani

5. La Dichiarazione universale dei diritti umani afferma che "tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in uno spirito di fratellanza". Nel 1993, la Conferenza di Vienna sui diritti umani ha dedicato particolare attenzione alla questione della disuguaglianza fra i sessi nel pieno esercizio dei diritti umani. La Conferenza ha riconosciuto chiaramente che i diritti delle donne sono diritti umani e che i diritti umani delle donne sono parte inalienabile dei diritti umani universali e costituiscono una parte integrante delle attività delle Nazioni Unite per i diritti umani, compresa la promozione di tutti gli strumenti in materia di diritti umani che riguardano direttamente o indirettamente le donne.

6. La Dichiarazione e la Piattaforma d'Azione di Pechino hanno riaffermato che i diritti umani delle donne e delle bambine sono parte integrante, inalienabile e indivisibile, dei diritti umani universali, ed hanno fissato una serie di obiettivi strategici specifici per garantire un pieno esercizio dei diritti umani da parte delle donne. Anche la Dichiarazione di Vienna ha indicato ai governi e alle Nazioni Unite la priorità di assicurare un esercizio pieno e paritario di tutti i diritti umani da parte delle donne, la partecipazione delle donne allo sviluppo sia come soggetti attivi che come beneficiarie, e l'integrazione dei diritti umani nel corpo centrale delle attività di tutto il sistema ONU. E' chiaro che la realizzazione pratica di questi obiettivi rappresenta una grande sfida, sia per il presente che per gli anni a venire.

A.2. Universalità e indivisibilità di tutti i diritti umani

7. La Dichiarazione e il Programma d'Azione di Vienna hanno proclamato che "tutti i diritti umani sono universali, indivisibili, interdipendenti e interconnessi", il che significa che i diritti umani devono essere gli stessi in ogni parte del mondo e per ogni persona. Inoltre, anche se si deve tener conto delle particolarità nazionali e regionali, e dei diversi contesti storici e culturali, è dovere e responsabilità degli stati promuovere e tutelare tutti i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti e tutte, indipendentemente dai sistemi politici, economici e culturali esistenti.

8. I diritti umani sono anche indivisibili e interdipendenti, il che significa che i diritti civili e politici ed i diritti economici, sociali e culturali vanno tutti posti sullo stesso piano. L'interdipendenza dei diritti richiede inoltre che tutti i diritti vengano presi in esame, tutelati e promossi simultaneamente, senza dare priorità ad alcuni rispetto ad altri.

A.3. Eguaglianza e non discriminazione

9. La comunità internazionale ha il dovere di garantire la realizzazione dell'eguaglianza fra tutti gli esseri umani, uomini e donne, come sanciscono tutti gli strumenti internazionali in materia di diritti umani. Il principio dell'eguaglianza è insito nella nozione stessa di diritti umani, e dovrebbe essere una base per la loro realizzazione. La Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne sancisce all'articolo 1 non solo che alle donne spettano diritti eguali rispetto agli uomini, e che non devono esistere discriminazioni nel diritto, ma anche che le donne devono essere in condizione di esercitare tutti i loro diritti, il che richiede una identificazione ed eliminazione di ostacoli diversi da quelli puramente giuridici. L'eliminazione della discriminazione di fatto è però un compito molto più difficile e complesso che non l'adozione di leggi che riconoscano l'eguaglianza dei diritti per tutti e tutte.

10. Le donne hanno insomma diritto all'esercizio di tutti i diritti umani, compresi quelli relativi allo sviluppo e alle risorse economiche, i quali fanno parte dell'insieme di diritti umani spettanti alle donne nella loro integrità. Non poter accedere alle risorse e alle opportunità su base paritaria rappresenta una negazione dei diritti, che frappone ostacoli all'eguaglianza fra uomini e donne, e ha come risultato il perpetuarsi della disuguaglianza economica e della povertà delle donne. Garantire alle donne la parità nella vita sociale ed economica rappresenta pertanto una pilastro essenziale nella piena realizzazione dei diritti.

11. I princìpi giuridici di eguaglianza e non discriminazione sono contenuti nel nucleo centrale dei trattati e delle dichiarazioni in materia di diritti umani, e costituiscono il fondamento dell'esercizio dei diritti umani. La Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne approfondisce questo principio, applicandolo a tutti gli aspetti della vita delle donne.

12. E' chiaro inoltre che il termine "equità", in quanto condizionato da criteri soggettivi, non può sostituire il principio giuridico fondamentale dell'eguaglianza. Pertanto ogni formulazione nella bozza di documento per la revisione quinquennale dei risultati della quarta conferenza mondiale sulle donne, che suggerisca di sostituire il principio di eguaglianza con il concetto di "equità" metterebbe in discussione questo principio, e va evitata.

13. E' altrettanto chiaro dal testo degli strumenti internazionali in materia di diritti umani che i riferimenti alla "dignità delle donne" non comprendono né possono sostituire il principio della "dignità e valore della persona umana ed eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna", incardinato nel Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani.

14. Gli organi di controllo sull'applicazione dei trattati hanno fornito interpretazioni autorevoli del principio di eguaglianza in essi incardinato.

15. Nel marzo 2000, il Comitato diritti umani ha fornito la propria interpretazione dell'articolo 3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, in una nuova Raccomandazione generale di vasta portata, sull'eguaglianza dei diritti di uomini e donne.

16. Il Comitato diritti umani ha confermato che l'eguaglianza fra i sessi rappresenta un principio trasversale che va applicato all'esercizio di tutti i diritti: civili, culturali, economici, politici, e sociali, e che il diritto all'eguaglianza fra i sessi non comporta semplicemente il diritto alla discriminazione, ma va oltre. Comporta l'attuazione di azioni positive. Gli stati parte hanno l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie a mettere ciascuna persona in condizione di esercitare i diritti sanciti dal Patto "su base egualitaria e nella loro totalità". Tali misure comprendono "la rimozione degli ostacoli all'esercizio paritario di ciascuno dei diritti in questione, l'educazione ai diritti umani, sia della popolazione in generale che dei funzionari della pubblica amministrazione, e l'adeguamento della legislazione interna, in modo tale da dare attuazione agli impegni stabiliti dal Patto. Lo stato parte non deve limitarsi ad adottare misure di tutela dei diritti, ma deve anche adottare azioni positive in tutti i campi, in modo tale da ottenere un empowerment delle donne, efficace e su base egualitaria. Gli stati parte devono fornire informazioni sul ruolo effettivo delle donne nella società, in modo che il Comitato possa verificare quali misure, oltre alle norme legislative, siano state o debbano essere adottate per dare attuazione ai suddetti obblighi."

17. Le vaste implicazioni della Raccomandazione generale appaiono manifeste nel requisito imposto dal Comitato agli stati parte di vietare la discriminazione in base al sesso, e di "porre fine alle azioni discriminatorie sia nel settore pubblico che in quello privato" (la sottolineatura è aggiunta da noi). Nelle osservazioni conclusive emanate dopo l'esame dei rapporti degli stati parte, il Comitato diritti umani ha sempre più decisamente sottolineato la necessità di adottare misure adeguate per combattere la discriminazione da parte di soggetti non statali.

18. Nella Raccomandazione generale, il Comitato ha affermato di essere profondamente cosciente del fatto che "in tutto il mondo la disuguaglianza nell'esercizio dei diritti da parte delle donne è profondamente radicata nella tradizione, nella storia e nella cultura, compresi gli atteggiamenti di tipo religioso." Effettivamente, il ruolo subordinato delle donne in alcuni paesi è illustrato dalla tragica incidenza della selezione pre-natale e degli aborti di feti di sesso femminile. Tenendo presente che le donne sono particolarmente vulnerabili in caso di conflitti armati interni o internazionali, gli stati parte devono adottare misure specifiche per proteggere le donne dallo stupro, dal sequestro di persona, e da altre forme di violenza fondata sulla differenza di genere.

19. La Raccomandazione generale esamina anche l'applicazione del principio di eguaglianza a: il problema della tratta di donne e bambine e della prostituzione forzata; la libertà di movimento; la possibilità di utilizzo del sistema giudiziario; la gestione della cosa pubblica; l'eguaglianza fra bambini e bambine; i cosiddetti "crimini d'onore"; la diffusione di materiale osceno e pornografico che rappresenta le donne come oggetti di violenza; e infine a temi che riguardano la salute riproduttiva e l'eguaglianza all'interno della famiglia.

20. Al Comitato sui diritti dell'infanzia viene sempre più frequentemente richiesto di definire e interpretare l'articolo 2 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, che impone agli stati parte di "rispettare i diritti enunciati nella […] Convenzione ed a garantirli ad ogni bambino/a sottoposto/a alla loro giurisdizione, senza discriminazione alcuna ed a prescindere dalla razza, colore, sesso […] del bambino/a o dei suoi genitori o tutori legali [..]." Il Comitato ha esaminato i rapporti presentati dagli stati parte sulla loro applicazione della Convenzione, ed ha affrontato i problemi posti da e negli stati le cui strutture sociali e i cui atteggiamenti prevalenti hanno un impatto discriminatorio nell'esercizio dei diritti umani, a volte delle bambine a volte dei bambini.

21. All'inizio di quest'anno, il Comitato sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale ha adottato la Raccomandazione generale n.25, sulle dimensioni della discriminazione razziale correlate alla differenza di genere. Il Comitato ha sottolineato che la discriminazione razziale non sempre colpisce uomini e donne allo stesso modo o in eguale misura. Esistono circostanze in cui la discriminazione razziale colpisce esclusivamente o precipuamente le donne, oppure colpisce le donne in maniera diversa o in misura diversa rispetto agli uomini. Spesso tale discriminazione razziale passerà inosservata, se non vi sarà un riconoscimento o una presa datto esplicita delle diverse esperienze di vita degli uomini e delle donne, sia in ambito pubblico che nella vita privata.

21. Inoltre, alcune forme di discriminazione razziale possono essere dirette verso le donne specificamente a causa del loro genere, e le conseguenze della discriminazione razziale possono colpire precipuamente o esclusivamente le donne. Le donne possono anche incontrare ulteriori ostacoli per limpossibilità di ottenere accesso a meccanismi di ricorso e di riparazione legale contro la discriminazione razziale, a causa di impedimenti correlati al loro genere, quali i pregiudizi sessisti esistenti nel sistema giuridico e la discriminazione contro le donne nella vita privata. Prendendo atto del fatto che alcune forme di discriminazione razziale hanno un impatto precipuo e specifico sulle donne, il Comitato ha deciso di prendere in considerazione nellambito del proprio lavoro futuro i fattori o i problemi legati alla differenza di genere che possono intrecciarsi con la discriminazione razziale.

B. I diritti umani delle donne: alcuni temi chiave

B.1. I diritti riproduttivi

23. Il Programma d'Azione della Conferenza internazionale del Cairo su popolazione e sviluppo (ICPD) ha stabilito il contesto e il contenuto dei diritti riproduttivi. "I diritti riproduttivi comprendono alcuni diritti umani già riconosciuti da leggi nazionali, testi internazionali sui diritti umani, e altri documenti consensuali delle Nazioni Unite. Il fondamento di questi diritti è il riconoscimento del diritto basilare di tutte le coppie e individui di decidere liberamente e responsabilmente il numero, il momento e l'intervallo di tempo delle nascite dei propri figli e di avere le informazioni necessarie a fare ciò, e il diritto all'ottenimento del livello più alto di salute sessuale e riproduttiva. E' compreso in tali diritti il diritto di tutti/e di prendere decisioni in materia di riproduzione liberi/e da discriminazione, coercizione e violenza, come esplicitato nei documenti in materia di diritti umani."

24. La Conferenza di Pechino ha trasferito direttamente nella propria Piattaforma d'Azione molte formulazioni della conferenza del Cairo. Afferma infatti la Piattaforma: "Una buona salute è essenziale per vivere una vita produttiva e gratificante, e il diritto di tutte le donne al controllo su tutti gli aspetti della propria salute, e in particolare sulla propria fertilità, è essenziale per il loro empowerment." E ancora: "I diritti umani delle donne comprendono il diritto ad avere il controllo e decidere liberamente e responsabilmente sulle questioni relative alla propria sessualità, compresa la salute sessuale e riproduttiva, libere da coercizione, discriminazione e violenza."

25. Nel 1999, il Comitato sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne ha elaborato la propria interpretazione dell'articolo 12 della Convenzione, che impone agli stati di eliminare la discriminazione contro le donne nell'accesso ai servizi sanitari lungo tutto l'arco della vita, in particolare in materia di pianificazione familiare, gravidanza, parto e post-parto. Il Comitato ha affermato che l'accesso all'assistenza sanitaria, compresa la salute riproduttiva, è un diritto fondamentale sancito dalla Convenzione, ed ha asserito, tra le altre cose, che:

26. La Raccomandazione generale 28 del Comitato diritti umani sull'eguaglianza fra i sessi è particolarmente significativo per ciò che riguarda i diritti riproduttivi delle donne. In essa si afferma che "un altro campo in cui può avvenire che gli stati non rispettino il diritto delle donne alla privacy è quello relativo alle loro funzioni riproduttive, ad esempio nei casi in cui viene richiesta l'autorizzazione del marito prima di consentire una sterilizzazione […] o quando gli stati impongono per legge ai medici e al personale sanitario il dovere di denunciare i casi di donne sottoposte ad aborto volontario. [..] Inoltre la privacy delle donne può subire interferenze anche da parte di soggetti privati, come nel caso dei datori di lavoro che prima di assumere una donna chiedono l'effettuazione di un test di gravidanza."

27. Il Comitato raccomanda che gli stati parte, nel riferire sul diritto alla vita, forniscano dati sul tasso di natalità, e sulla mortalità delle donne per motivi legati alla gravidanza e al parto. Devono inoltre essere forniti dati sul tasso di mortalità infantile disaggregati in base al sesso. Oltre a ciò, "gli stati parte devono fornire informazioni sulle misure adottate per aiutare le donne a prevenire gravidanze indesiderate, e per garantire che esse non siano costrette a ricorrere ad aborti clandestini, a rischio della vita."

28. Per valutare il rispetto dell'articolo 7 (che vieta la tortura e i maltrattamenti), nonché dell'articolo 24 del Patto (che impone una speciale tutela dell'infanzia), il Comitato afferma che devono essere fornite dagli stati informazioni sulle leggi e la prassi nazionale in materia di violenza domestica e di altri tipi di violenza contro le donne, compreso lo stupro, nonché sulla possibilità di aborto in condizioni sicure per le donne che sono rimaste incinte a seguito di uno stupro, e sulle misure adottate per impedire l'aborto forzato o la sterilizzazione forzata. "Negli stati parte in cui esiste la pratica delle mutilazioni genitali, devono essere fornite informazioni sulla sua diffusione, e sulle misure adottate per eliminarla."

29. La Relatrice speciale sulla violenza contro le donne si è occupata di politiche e pratiche che hanno un impatto sui diritti riproduttivi delle donne, e contribuiscono a, causano o costituiscono esse stesse, una violenza contro le donne. Nel suo Rapporto del 1999 alla Commissione diritti umani, la Relatrice speciale ha affermato che molte forme di violenza contro le donne hanno come conseguenza una violazione dei diritti riproduttivi, in quanto tale violenza spesso mette in pericolo le loro capacità riproduttive e/o impedisce alle donne di esercitare il proprio diritto di scelta in materia riproduttiva e sessuale. Analogamente, molte violazioni dei diritti riproduttivi costituiscono di per sé una violenza contro le donne, la cui definizione è: "ogni atto di violenza di genere che abbia o possa avere come conseguenza un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata."

La Relatrice speciale ha affermato che i livelli inadeguati di conoscenze in materia di sessualità umana, l'esistenza di informazioni e servizi inadeguati o non appropriati in materia di salute riproduttiva, le discriminazioni di origine culturale nei confronti di donne e bambine, e le limitazioni al controllo delle donne sulla propria vita sessuale e riproduttiva, sono tutti elementi che contribuiscono alle violazioni dei diritti riproduttivi delle donne. La Relatrice speciale raccomanda che gli stati garantiscano che nella formulazione ed attuazione dei programmi in materia di salute riproduttiva e pianificazione familiare sia data priorità al rispetto per i diritti individuali delle donne.

31. Il Comitato sui diritti dell'infanzia ha affrontato in maniera sistematica questioni relative ai diritti sessuali e riproduttivi delle ragazze. Nel corso dell'esame dei rapporti presentati dagli stati parte sulla propria attuazione della Convenzione sui diritti dell'infanzia, sono state formulate raccomandazioni su materie quali ad esempio: un limite troppo basso per l'età al di sotto della quale non è consentito il matrimonio, o più basso per le ragazze che per i ragazzi; un limite d'età troppo basso per acconsentire ad avere rapporti sessuali, o più basso per le ragazze che per i ragazzi, o legato a tutele giuridiche insufficienti contro gli abusi e lo sfruttamento sessuale nel caso delle ragazze al di sopra dell'età stabilita dalla legge per acconsentire ad avere rapporti sessuali; l'alto tasso di gravidanze e/o aborti fra le adolescenti; l'accesso a forme di educazione sessuale adeguate all'età, tramite canali efficaci; il diritto dei/delle minori ad ottenere consulenze ed assistenza medica senza il consenso dei genitori, secondo criteri adeguati alla loro età e maturità; e la maggiore vulnerabilità delle ragazze all'HIV/AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili.

 

B.2. Eguaglianza fra i sessi e proprietà, diritto alla terra e eredità

32. Nella sua ultima sessione, nell'aprile del 2000, la Commissione sui diritti umani ha adottato una risoluzione sull'eguaglianza fra donne e uomini nella proprietà, nell'accesso alla proprietà e nel controllo sulla terra, nonché sul diritto all'eguaglianza in materia di diritto alla proprietà e ad un alloggio adeguato. In questa risoluzione la Commissione ha affermato, tra le altre cose, che la discriminazione contro le donne stabilita per legge relativamente all'acquisizione e alla proprietà della terra, di altri beni e della casa, nonché di accesso al credito per motivi relativi al possesso di terra, beni e alloggio, costituisce una violazione del diritto umano delle donne a non essere discriminate. La Commissione ha pertanto sollecitato con forza i governi a: rispettare pienamente gli obblighi ed impegni da loro sottoscritti a livello regionale e internazionale, in materia di proprietà della terra e di eguali diritti delle donne a possedere beni e ad un livello di vita adeguato, compresa la disponibilità di un alloggio adeguato; elaborare nuove leggi e rivedere quelle esistenti per garantire che alle donne vengano riconosciuti pienamente gli stessi diritti degli uomini alla proprietà della terra e di altri beni, nonché il diritto ad un alloggio adeguato, tra le altre cose anche attraverso l'esercizio del diritto all'eredità; e di adottare riforme amministrative ed altre misure necessarie per riconoscere alle donne gli stessi diritti degli uomini in materia di accesso a credito, capitali, tecnologie adeguate, nonché accesso ai mercati e all'informazione.

33. La Commissione diritti umani ha anche sollecitato i governi ad impegnarsi per la trasformazione di consuetudini e tradizioni discriminatorie nei confronti delle donne. Tali consuetudini negano alle donne la sicurezza nella titolarità della terra, e l'eguaglianza nella proprietà, nell'accesso alla proprietà e nel controllo sulla terra, nonché il diritto all'eguaglianza in materia di diritto alla proprietà di beni e ad un alloggio adeguato. La Commissione ha inoltre sollecitato i governi a garantire il diritto delle donne alla parità di trattamento in materia di riforma agraria e fondiaria, nei programmi di redistribuzione fondiaria, e nel diritto alla proprietà di beni e ad un alloggio adeguato. I governi sono stati esortati ad adottare anche ulteriori misure per aumentare la disponibilità di terra e di alloggi per le donne che vivono in condizioni di povertà, in particolare le donne capofamiglia. La Commissione ha anche raccomandato che i governi sollecitino le istituzioni finanziarie e creditizie a garantire che le proprie politiche e pratiche non siano discriminatorie nei confronti delle donne; ed ha raccomandato che le istituzioni internazionali, regionali, nazionali e locali di finanziamento per l'acquisto di alloggi, e le altre istituzioni creditizie, promuovano la partecipazione delle donne, tengano conto del punto di vista delle donne, ed eliminino tutte le pratiche e le politiche discriminatorie, dedicando particolare attenzione alle donne single e ai nuclei familiari che hanno come capofamiglia una donna.

34. Nel 1997, il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali ha adottato una Raccomandazione generale (la n.7) sul diritto ad un alloggio adeguato e sugli sfratti, nella quale fra le altre si sottolineava che le donne sono particolarmente vulnerabili su questo terreno, a causa delle diffuse discriminazioni di diritto e di fatto che spesso vengono applicate in materia di diritti relativi alla proprietà (compreso il diritto a possedere una casa) o di diritti di accesso alla proprietà o all'alloggio, nonché della loro particolare vulnerabilità ad atti di violenza e abusi sessuali quando vengono private di una dimora. Il Comitato ha affermato che le norme anti-discriminazione del Patto impongono ai governi l'obbligo, quando effettivamente si verificano degli sfratti, di garantire anche che vengano prese misure adeguate ad assicurarne il carattere non discriminatorio.

35. La Relatrice speciale sulla violenza contro le donne ha riferito alla sessione del 2000 della Commissione diritti umani sulla politica economica e sociale, in relazione al suo impatto sulla violenza contro le donne. La relatrice ha sottolineato che la disuguaglianza in materia di diritti di proprietà rende le donne dipendenti dagli uomini. In molti paesi non esiste alcuna norma di legge che consenta alle donne di possedere beni. Secondo alcune norme consuetudinarie tradizionali, le donne non ereditano la terra in quanto si presuppone che una donna si debba sposare, e debba essere mantenuta dal marito, indipendentemente dalla sua famiglia d'origine. E ancora, quando il marito muore la donna non eredita la sua terra, che torna alla famiglia di lui. Spesso le vedove vengono lasciate senza mezzi di sostentamento economico, né possibilità di ottenere assistenza medica, e possono essere costrette a lasciare il domicilio coniugale. Quando le donne ricevono beni o finanziamenti, possono incorrere nelle ire di altri componenti della famiglia, e subire minacce o atti di violenza, o persino di morte. Quando le donne non possiedono terreni, spesso non sono in grado di avere accesso al credito, anche se giuridicamente ne hanno il diritto, in quanto il possesso di terreni viene richiesto dalla banca come garanzia. Il fatto di non essere giuridicamente parte della società a tutti gli effetti impedisce alle donne capofamiglia di poter mantenere la propria famiglia. Può accadere che la famiglia non abbia a disposizione o non possa permettersi di pagare un alloggio "formale", e sia pertanto esposta all'instabilità e alle incertezze del mercato informale degli alloggi. Anche le donne sposate, peraltro, subiscono gli effetti negativi di questa situazione in quanto dipendenti dal marito, sia giuridicamente che economicamente. Se il marito non distribuisce le risorse secondo un criterio paritario, le donne si trovano in una posizione di grave svantaggio, e prive di potere. Nei casi di violenza domestica, il fatto di non potersi mantenere autonomamente, senza l'appoggio di un marito o di un padre, può impedire alle donne di cercare una situazione in cui essere al sicuro dalla violenza.

 

B.3. Eguaglianza fra i sessi e famiglia

36. Il Comitato diritti umani ha affermato il principio di eguaglianza all'interno della famiglia nella sua Raccomandazione generale n.28. Il Comitato sottolinea che il diritto di sposarsi comporta l'eguaglianza fra uomini e donne nel contrarre matrimonio solo in base al proprio libero e pieno consenso. "Molti fattori possono impedire alle donne di prendere la decisione di sposarsi in piena libertà. Uno dei fattori riguarda l'età minima al di sotto della quale non è consentito il matrimonio. Tale limite di età deve essere fissato dallo stato sulla base di criteri eguali per i due sessi; criteri che devono garantire alla donna la possibilità di prendere una decisione informata e libera da coercizioni."

37. A questo proposito il Comitato fa presente l'esistenza di un secondo fattore limitante, rappresentato dal fatto che in alcuni stati esistono norme statutarie o consuetudinarie in base alle quali invece della donna è un suo tutore, in genere di sesso maschile, a dare il consenso al matrimonio. L'esistenza di atteggiamenti sociali che tendono a emarginare le donne vittime di stupro, e a far pressione su di loro perché acconsentano a sposarsi, è incompatibile con i diritti delle donne sanciti dall'articolo 23 del Patto. "Il libero e pieno consenso di una donna al matrimonio può essere minato anche da leggi che consentano allo stupratore una estinzione o riduzione delle proprie responsabilità penali nel caso in cui sposi la vittima dello stupro." La poligamia, sottolinea ancora il Comitato, viola la dignità delle donne, e laddove essa esiste deve decisamente essere abolita.

38. Secondo il Comitato, l'eguaglianza all'interno del matrimonio significa che moglie e marito devono condividere in modo egualitario responsabilità ed autorità all'interno della famiglia; inoltre, è dovere degli stati anche garantire l'eguaglianza in materia di scioglimento del matrimonio, il che esclude la possibilità del ripudio.

39. Nel 1991, il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali ha adottato una Raccomandazione generale sul diritto ad un alloggio adeguato, nel quale, fra le altre cose, si afferma che tale diritto riguarda ogni essere umano. Il riferimento dell'articolo 11 del Patto, ad un livello di vita adeguato per "se stesso e la propria famiglia" rifletteva una concezione della divisione dei ruoli fra i sessi e dei modelli di attività economica che era prevalente e condivisa nel 1966, quando è stato approvato il Patto; ma, afferma il Comitato, tale espressione non può essere interpretata oggi nel senso di limitare l'applicabilità dei diritti sanciti dall'articolo 11, che spettano ad ogni individuo, così come alle donne capofamiglia, o a qualsiasi altro gruppo di persone. Insomma, il concetto di "famiglia" va inteso in senso ampio, e anche gli individui, non solo le famiglie, hanno diritto ad un alloggio adeguato, indipendentemente dalla loro età, dalle condizioni economiche, dal gruppo cui appartengono, o da altra appartenenza o condizione, o da altro fattore analogo. In particolare, così come afferma il comma 2 dell'articolo 2, l'esercizio di tale diritto non deve essere soggetto ad alcuna forma di discriminazione.

40. Un importante contributo alla definizione di famiglia ed eguaglianza fra i sessi è venuto dalla Relatrice speciale sulla violenza contro le donne. Già nel suo primo rapporto sulla violenza domestica, la relatrice ha sollecitato una lettura ampia del concetto di famiglia, comprensiva della molteplicità di forme che possono assumere i nuclei familiari, e capace di offrire protezione a tutti/e, in qualsiasi tipo di nucleo familiare si trovino a vivere.

41. Nel suo rapporto del 1999 alla Commissione diritti umani, la relatrice speciale ha affermato che lo stato, attraverso le norme giuridiche e morali da esso emanate, svolge un ruolo importante nella vita familiare, ed anche nel determinare la condizione, i diritti e le vie di ricorso in caso di violazione, per tutti/e i/le singole componenti del nucleo familiare. I ruoli familiari tradizionali delle donne sono radicati in norme sia religiose che di altro genere, relative, fra le altre cose, ai temi della sessualità, della violenza (compreso lo stupro coniugale o la mancanza di riconoscimento di questo problema), la privacy, il divorzio, l'adulterio, la proprietà, la successione, il lavoro, e la custodia dei figli. Tali norme validano e consolidano ulteriormente l'ideologia dominante sulla famiglia tradizionale e sulla posizione delle donne al suo interno. "L'ideologia familiare è spesso un Giano bifronte. Da una lato, offre uno spazio privato di nutrimento ed intimità; dall'altro è spesso sede di violenza contro le donne e di costruzione di norme sociali sul ruolo delle donne nella società che le rendono prive di potere."

42. In tutto il mondo esistono divisioni fra l'ideale dominante, normativo, della famiglia e la realtà empirica delle diverse forme familiari. Che l'ideale sia rappresentato dalla famiglia nucleare oppure dalla famiglia allargata, tali ideali in molti casi non sono pienamente coerenti con le realtà delle moderne forme assunte dai nuclei familiari. Sono comprese fra tali forme, in misura sempre crescente, i nuclei familiari che hanno come capofamiglia una donna: nuclei in cui una donna vive da sola, o con i propri figli, o per scelta (che può essere una scelta sessuale, lavorativa, o di altro genere), oppure perché sono vedove, sono state abbandonate, sono sfollate, o subiscono gli effetti della militarizzazione. Nonostante tali differenze, però, la forma familiare ideologicamente dominante in ogni specifica cultura determina sia la norma che il carattere di ciò che viene definito come estraneo alla norma, e dunque classificato come deviante. Pertanto, la struttura familiare dominante - sia essa dominante nei fatti o solamente nella teoria - rappresenta il metro di paragone in base al quale vengono giudicati tutti i rapporti fra le persone; un metro che serve anche come standard per giudicare, e in molti casi demonizzare, le singole donne che non si attengono ai dettami morali e giuridici in materia di famiglia e sessualità. La misura in cui tali concezioni riguardano e hanno un impatto sulla vita delle donne è mediata da fattori di classe, casta, razza, etnia, accesso alle risorse ed altri modi in cui le donne vengono emarginate.

43. Il dominio dell'ideologia familiare sia all'interno che all'esterno delle mura domestiche inchioda le donne al ruolo di mogli e madri, e ne ostacola l'accesso a ruoli non tradizionali. Tale ideologia espone le donne alla violenza, sia all'interno che all'esterno della famiglia, perpetuandone la condizione di dipendenza dagli altri, in particolare nel caso delle donne povere e di ambiente proletario, ed espone le donne che non si attengono o non si adeguano ai ruoli sessuali tradizionali a subire crimini fondati contemporaneamente sulla cultura dell'odio e sui pregiudizi di genere. Questo tipo di demonizzazione alimenta e legittima la violenza contro le donne, nella forma di molestie sessuali, stupro, violenza domestica, mutilazioni dei genitali femminili, matrimoni forzati, delitti d'onore ed altre forme di femicidio. I commentatori sostengono che per garantire che i diritti umani delle donne vengano tutelati sia nella sfera pubblica che nella vita privata, è necessaria un'accettazione delle forme familiari non tradizionali. E' essenziale riconoscere dove può potenzialmente svilupparsi la violenza contro le donne e l'oppressione delle donne, all'interno di ogni tipo di nucleo familiare, e lavorare per prevenirla.

44. La Relatrice speciale sottolinea che uno dei modi principali in cui l'ideologia familiare dominante ha un impatto sulle donne, nonché sugli uomini, è attraverso i dettami in materia di sessualità, e fa presente inoltre che in alcuni paesi la legge sull'asilo riconosce l'esigenza di comprendere anche l'orientamento sessuale nell'ambito dei diritti umani internazionalmente tutelati.

45. La Relatrice speciale ricorda che il Programma d'Azione adottato dalla Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo afferma la pluralità delle forme familiari, e riconosce che non esiste un modello familiare universale. Alla definizione della famiglia come nucleo fondamentale della società si giustappone il riconoscimento del fatto che la famiglia è frutto di una costruzione sociale, che viene pertanto influenzata e trasformata dai mutamenti demografici e socioeconomici. Gli standard internazionali in materia di diritti umani possono influenzare positivamente questi mutamenti, imponendo che i principi del consenso e dell'eguaglianza rimangano i princìpi base attorno ai quali si ristrutturano questo tipo di relazioni.

46. Inoltre, mentre già i testi tradizionali in materia di diritti umani hanno fondato la tutela delle famiglie sul pieno e libero consenso dei partner, al giorno d'oggi le norme internazionali hanno anche cominciato ad affrontare la questione dell'autonomia sessuale e del diritto alla privacy di ogni singolo essere umano. La Piattaforma d'Azione di Pechino, ad esempio, afferma che: "i diritti umani delle donne comprendono il diritto ad avere il controllo e decidere liberamente e responsabilmente sulle questioni relative alla propria sessualità, compresa la salute sessuale e riproduttiva, libere da coercizione, discriminazione e violenza."

47. Alla Relatrice speciale sono pervenute informazioni su molte forme di violenza contro le donne all'interno della famiglia, comprese, ma non solo, forme tradizionali come i maltrattamenti, le percosse, le aggressioni dei mariti nei confronti delle mogli. La Relatrice speciale ha incluso nel suo rapporto del 1996 un modello di legislazione quadro sulla violenza domestica, ed ha sollecitato gli stati ad adottare definizioni più ampie possibili degli atti di violenza domestica e dei rapporti all'interno dei quali essa si verifica, tenendo presente che tali violazioni non presentano caratteristiche specifiche così diversificate in base alle singole culture come appariva inizialmente, in quanto l'aumento dei flussi migratori sta facendo sfumare la distinzione fra pratiche legate alle singole culture, sia formalmente che informalmente. Inoltre, vanno adottate definizioni più ampie possibili, per ottenere una compatibilità con gli standard internazionali in materia. Agli stati si chiede con forza di adottare leggi di vasta portata in materia di violenza domestica, che comprendano vie di ricorso sia penale che civile, piuttosto che limitarsi ad introdurre emendamenti marginali alle norme civili e penali esistenti.

 

B.4. La tratta di donne e bambine

48. E' oggi riconosciuto che la tratta rappresenta un grave problema relativo ai diritti umani: una violazione specifica e globale dei diritti umani delle donne. A Pechino la tratta è stato un tema molto discusso nel dibattito sulla violenza contro le donne, e la Piattaforma d'Azione di Pechino riflette un'interpretazione ampia del tema della tratta. Anche se a livello internazionale non è stata concordata una definizione del problema, il legame fra tratta, prostituzione forzata e violazione dei diritti delle donne è stato affermato con chiarezza. Un aspetto essenziale è il riconoscimento del fatto che, a causa degli aspetti centrali di coercizione e sfruttamento che essa comporta, la tratta costituisce una forma di violenza contro le donne, e di conseguenza una violazione dei loro diritti umani.

49. Sia l'Assemblea generale delle Nazioni Unite che la Commissione diritti umani hanno sottolineato gli aspetti del problema del traffico di donne e bambini relativi ai diritti umani. Fra gli organi di controllo sull'applicazione dei trattati, il Comitato sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), il Comitato sui diritti dell'infanzia (CRC), il Comitato diritti umani (HRC), e il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali (CESCR), si sono tutti occupati della questione nel corso del loro lavoro di esame dei rapporti presentati dagli stati.

50. Il principale organismo che si occupa di tratta è il Gruppo di lavoro sulle forme contemporanee di schiavitù, della sotto-commissione sulla tutela e la promozione dei diritti umani (commissione che è a sua volta un'emanazione della Commissione diritti umani). Nel 1999, il traffico di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione sono stati uno dei temi prioritari affrontati da tale organismo. Anche alcuni relatori speciali hanno continuato ad occuparsi della tratta delle donne nel contesto dei loro rispettivi mandati, e la relatrice speciale sulla violenza contro le donne ha dedicato particolare attenzione al tema della tratta nel suo rapporto del 1999.

51. Un approccio coerente e concertato al tema della tratta richiede una comprensione comune del problema ed un accordo generalizzato su approcci e soluzioni da privilegiare. L'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani riconosce che la tratta non rappresenta un evento unico, ma è composta di una serie di circostanze e atti costitutivi, che coinvolgono un gran numero di soggetti. E' essenziale che le misure anti-tratta tengano conto di questo fatto, e che ci si impegni per affrontare l'intero ciclo del traffico. Ciò comporterà un miglioramento della base informativa, la garanzia di un quadro giuridico adeguato, ed efficacia nel garantire rispetto della legge, prevenzione, tutela e sostegno alle persone trafficate, cooperazione e coordinamento fra iniziative a livello nazionale, regionale e internazionale.

52. Nell'elaborare risposte dettagliate ad ogni fase del ciclo del traffico, è essenziale che alcuni princìpi base di intervento guidino ed informino le iniziative anti-tratta. Questi princìpi devono assicurare un'adesione uniforme ad un approccio centrato sui diritti umani, e possono anche fornire un riferimento per misurare il successo delle misure anti-tratta:

Primo: va data la massima priorità alla tutela dei diritti umani e alla dignità delle persone trafficate.

Secondo: i governi devono assumersi le proprie responsabilità nei confronti del problema della tratta, e nell'elaborare e mettere in pratica risposte adeguate. La tratta non è un torto privato: è un'ingiustizia che ci coinvolge e ci riguarda tutti.

Terzo: la definizione del termine "tratta" nelle leggi, nelle politiche e nei programmi non deve essere limitata allo sfruttamento sessuale. Tale definizione deve essere abbastanza ampia da coprire senza ambiguità altre finalità, quali il lavoro forzato o vincolato, e altre pratiche simili alla schiavitù. Deve usare un linguaggio che tenga conto della differenza di genere e dei problemi dell'infanzia, per mettere in luce che donne e bambini/e sono i soggetti più vulnerabili alla tratta.

Quarto: i trafficanti e i loro collaboratori devono essere perseguiti penalmente e adeguatamente penalizzati - dedicando tutta l'attenzione necessaria ai diritti ad un equo processo e senza compromettere i diritti delle vittime.

Quinto: le persone trafficate non devono essere perseguite penalmente per l'illegalità involontaria del loro ingresso o residenza nei paesi di transito e di destinazione, oppure per le attività involontarie che svolgono come conseguenza della loro posizione di persone trafficate.

Sesto: le autorità dei paesi di destinazione devono garantire protezione e adeguata assistenza fisica e psicologica alle vittime della tratta, comprese quelle che sono immigrate "irregolari".

Settimo: Alle vittime della tratta deve essere fornita assistenza legale e di altro genere nel corso dell'azione penale, civile e di altra natura contro i trafficanti. I governi vanno sollecitati a fornire a queste persone permessi di soggiorno a tempo determinato o indeterminato, alloggi protetti e un'adeguata protezione testimoni nel corso dei procedimenti giudiziari.

Ottavo: deve essere garantito alle vittime un rimpatrio sicuro, e nella misura del possibile volontario, piuttosto che imporre loro un'espulsione automatica, in particolare nei casi in cui esiste un coinvolgimento della criminalità organizzata.

Nono: i/le minori non devono essere trattati/e allo stesso modo degli adulti nel processo di identificazione, salvataggio e rimpatrio. I/le minori hanno diritti specifici ed bisogni specifici, che vanno riconosciuti e protetti.

Ultimo punto: è necessario un impegno contro le cause di fondo della tratta, quali la povertà, le disuguaglianze, le discriminazioni e il razzismo.

 

II. Dare attuazione ai diritti umani delle donne dopo Pechino

53. Dopo l'adozione della Piattaforma d'Azione di Pechino, il sistema ONU ha applicato gli obiettivi della Piattaforma attraverso un piano globale a medio termine per il progresso delle donne, a livello dell'intero sistema. Il primo piano (1996-2001) è costruito sulla base della struttura della Piattaforma d'Azione, e la maggior parte delle organizzazioni ed enti del sistema ONU hanno affrontato la questione integrando un punto di vista di genere in tutta la gamma delle loro attività. Alcuni hanno preso l'impegno di sostenere programmi specificamente rivolti alle donne, mentre altri hanno centrato l'attenzione sul progresso e l'empowerment delle donne, e sulla conquista dell'eguaglianza. Sostanzialmente, tutti i soggetti del sistema ONU stanno partecipando ad iniziative di attuazione della Piattaforma di Pechino, in misura diversa e nelle proprie specifiche aree di intervento.

54. Il secondo piano globale per il progresso delle donne, per il periodo 2002-2005, verrà preparato in due fasi. Una prima fase consiste in una valutazione delle attività intraprese dal sistema ONU e degli ostacoli incontrati e lezioni apprese dall'esperienza del piano attualmente in corso, e del suo processo di attuazione nell'intero sistema. La seconda fase dovrebbe consistere nell'elaborazione di un nuovo piano, che rifletta l'importanza sempre maggiore assegnata all'azione e alla realizzazione concreta.

55. Il piano globale a medio termine rappresenta un indicatore utile della misura in cui il progresso delle donne e l'integrazione di un punto di vista di genere sono princìpi applicati con successo dal sistema ONU. E' però ovvio che va ancora sviluppata una comprensione dei problemi delle donne in termini dei loro diritti umani, da integrare a tutti i livelli del sistema. La Commissione sulla condizione delle donne è ancora nella fase iniziale di integrazione nel proprio programma di lavoro della dimensione relativa ai diritti umani.

56. L'integrazione di un punto di vista di genere in tutte le attività in materia di diritti umani, garantendo che i diritti umani delle donne vengano integrati come elemento importante in tutte le attività del sistema, è stato un obiettivo prioritario dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani dopo Pechino. L'ufficio, in coordinamento con la Divisione ONU per il progresso delle donne, ha sviluppato un approccio all'integrazione di un punto di vista di genere sia nel lavoro dell'ufficio che in quello dei diversi organismi sui diritti umani, che agisce a molti livelli, come strumento di realizzazione dei diritti umani delle donne e delle bambine.

Passi in avanti

57. Il rispettare e la tutela dei diritti umani delle donne sono oggi obiettivi centrali delle Nazioni Unite. I risultati della revisione quinquennale della Dichiarazione e della Piattaforma d'Azione di Pechino avranno un impatto cruciale sull'efficacia dell'impegno futuro in questa direzione, ed è essenziale che vengano salvaguardati gli standard concordati a Pechino in materia di diritti umani.

58. A livello internazionale, va data priorità alla realizzazione di una ratifica universale, senza riserve, dei trattati che tutelano i diritti umani delle donne, compreso il Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione delle discriminazioni contro le donne.

59. A livello nazionale, i governi devono adottare iniziative efficaci per il rispetto, la tutela e l'applicazione di questi standard internazionali, dando priorità all'applicazione nel proprio paese delle norme internazionali in materia di diritti umani, secondo l'interpretazione che ne hanno dato gli organi di controllo sull'applicazione dei trattati e gli organismi istituiti dal sistema di procedure speciali delle Nazioni Unite. E' importante sottolineare che tali norme riflettono ormai un livello molto alto di consenso: la Convenzione sui diritti dell'infanzia ha raggiunto ormai un livello di ratifiche quasi universale, e la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne registra livelli di adesione molto ampi.

60. Nell'affrontare il futuro è essenziale essere guidati dalle seguenti parole della Piattaforma d'Azione di Pechino: "se i diritti umani delle donne, così come sono stati definiti dagli strumenti internazionali in materia di diritti umani, non verranno pienamente riconosciuti ed efficacemente tutelati, applicati, realizzati e fatti rispettare, sia nelle leggi nazionali che nella prassi nazionale a livello di diritto di famiglia e diritto civile, penale, commerciale e del lavoro, nonché di regole e regolamenti amministrativi, tali diritti resteranno tali solo sulla carta."

Ginevra, 10 maggio 2000