La relatrice speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze


Mandato e cornice legale
La relatrice speciale sulla violenza contro le donne è stata nominata nel 1994, con il mandato di cercare e ricevere informazioni sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze, e di raccomandare misure per eliminare questa violenza e le sue cause e per porre rimedio alle sue conseguenze. Anche se il mandato di molti altri organismi tematici copre particolari forme di violenza contro le donne, questo mandato è applicabile allintera gamma di abusi violenti contro le donne, nella vita pubblica e privata. Tra tutti gli organismi tematici, questa relatrice speciale ha portato avanti lanalisi più approfondita del rapporto tra il genere i ruoli socialmente costruiti di uomini e donne e cause e conseguenze delle violazioni dei diritti umani.

La cornice legale principale del mandato è costituita dalla Dichiarazione dellONU sulleliminazione della violenza contro le donne, del 1993, e dalla Convenzione sulleliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW). La dichiarazione del 1993 è la più esplicita affermazione di norme internazionali sulla violenza contro le donne. Pur non essendo legalmente vincolante di per sé, la dichiarazione rappresenta la posizione condivisa da tutta la comunità internazionale per ciò che riguarda il dovere dei governi di eliminare la violenza contro le donne ed afferma regole che sono legalmente vincolanti, sia in base a specifici trattati sui diritti umani, sia in base al diritto consuetudinario internazionale. Definisce la violenza contro le donne come qualsiasi atto di violenza basata sul genere che determina, o può determinare, danni o sofferenza fisiche, sessuali o psicologiche per le donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che riguardino la sfera pubblica che quella privata (Articolo 1). La dichiarazione entra dettagliatamente nel merito delle iniziative legislative, educative ed amministrative e di altro genere che gli Stati devono intraprendere.

Anche se la CEDAW non proibisce esplicitamente la violenza, il Comitato ONU sulleliminazione delle discriminazioni contro le donne, nella sua raccomandazione generale n.19 ha concluso che la violenza basata sul genere infrange molti diritti garantiti dalla CEDAW. La raccomandazione generale n.19 dichiara che la violenza contro le donne è una forma di discriminazione che intacca la possibilità per le donne di godere dei propri diritti umani su una base di uguaglianza con gli uomini. La raccomandazione delinea le misure preventive, punitive e correttive che gli Stati parte devono prendere. Conseguentemente, la relatrice speciale ha esortato tutti gli Stati a ratificare la CEDAW, e ad abbondonare qualsiasi riserva presentata.

Inoltre, i diritti legati a diverse forme di violenza contro le donne sono affermati, tra le altre, nella Dichiarazione universale dei diritti umani, nella Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, nella Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, nella Convenzione contro la tortura, nella Convenzione sui diritti dellinfanzia, nella Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 (Quarta Convenzione di Ginevra) relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra, e nei protocolli I e II della stessa Convenzione di Ginevra, e nella Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori immigrati e dei loro familiari. La relatrice speciale ha sottolineato limportanza di questultimo trattato e ne ha raccomandata la ratifica da parte di tutti gli Stati. La sua analisi della violenza contro le donne enfatizza i diritti legati allintegrità mentale e fisica della persona (compresi i diritti alla vita, alla libertà ed allintegrità della persona, alla libertà dalla tortura e da altre punizioni o trattamenti crudeli, inumani o degradanti) ed il diritto a non subire discriminazioni.

Applicazione del mandato
La relatrice speciale ha strutturato le attività sotto il suo mandato in base a tre categorie generali di violenza, definite nella Dichiarazione del 1993: violenza in famiglia, violenza nella comunità e violenza perpetrate o tollerate dallo Stato. Il primo rapporto della relatrice speciale analizzava soprattutto forme di violenza contro le donne che rientravano in queste tre categorie:

violenza in famiglia violenza domestica, compresi pestaggi, stupro coniugale, incesto; pratiche tradizionali come le mutilazioni genitali femminili, la preferenza per i figli maschi, il matrimonio precoce, la violenza per questioni di dote, e punizioni come la lapidazione, o le frustate, secondo il diritto consuetudinario;
violenza nella comunità stupro ed aggressione sessuale; molestie sessuali sul posto di lavoro, negli istituti educativi ed in qualsiasi altro luogo; costringere alla prostituzione; traffico di donne a scopo prostituzione o lavoro domestico; violenze contro le lavoratrici immigrate; e pornografia legata alla violenza contro le donne;
violenza perpetrata o tollerata dallo Stato violenza negli istituti di custodia, compresi stupri ed altre forme di aggressione sessuale e fisica; violenza contro le donne in situazioni di conflitto armato; e violenza contro profughe e donne sfollate allinterno del proprio paese.


Nel suo secondo rapporto, la relatrice speciale si è concentrata sulla violenza in famiglia. Oltre alle forme di violenza in famiglia sopra-citate, ella ha affrontato la prostituzione forzata da parte del partner maschio o di familiari, la violenza contro le lavoratrici domestiche e linfanticidio di bambine. Il rapporto comprendeva una ricerca sulle diverse legislazioni nazionali in materia di violenza domestica ed un modello di legislazione.

Il terzo rapporto della relatrice speciale affrontava la violenza contro le donne nella comunità, nella forma di stupri, aggressioni sessuali, traffico di donne, e prostituzione forzata; violenza contro le donne immigrate; ed estremismo religioso. Il rapporto affrontava anche la necessità che gli Stati intraprendano azioni legate alle conseguenze della violenza per la salute riproduttiva delle donne, ed al bisogno di analizzare limpatto delle nuove tecnologie delle comunicazioni.

La relatrice speciale ha definito limpunità la mancata capacità del governo di garantire la trasparenza sulla violenza contro le donne come la causa principale di tale violenza. Altri fattori causali fondamentali individuati dalla relatrice speciale sono:

• rapporti di potere storicamente ineguali tra uomini e donne, che si manifestano nella discriminazione economica delle donne e nella loro subordinazione alla famiglia;
• atteggiamenti verso la sessualità femminile che ne incoraggiano o esigono il controllo;
• ideologie culturali che giustificano la subalternità delle donne, tra cui la stereotipizzazione dei ruoli sessuali, credenze che legittimano alcune pratiche violente come espressione della religione, della cultura o della tradizione, e presentazione di stereotipi negativi delle donne nei media;
• concezioni della privacy che scoraggiano azioni per eliminare la violenza familiare contro le donne; e
• schemi sociali di soluzione dei conflitti.

La relatrice speciale ha anche preso in considerazione la maniera in cui la connessione tra il genere ed altri fattori, come la razza, lidentità etnica e la classe, dia forma alle cause della violenza contro le donne.

Tra le conseguenze della violenza contro le donne messe in luce dalla relatrice speciale, troviamo: la paura della violenza, che scoraggia la piena partecipazione delle donne alla società la morte; la malattia fisica e mentale, tra cui ferite, esposizione allinfezione da HIV, e ad altre malattie a trasmissione sessuale; la depressione; le malattie legate allo stress; ed invalidità permanenti come conseguenza delle ferite riportate; gli effetti negativi sui bambini dellesposizione alla violenza contro le donne in famiglia; la negazione della salute sessuale delle donne; i costi materiali per la società degli interventi medici e di altri servizi; ed i costi in termini di risorse umane, legati alla perdita della piena partecipazione delle donne alla società ed al suo processo di sviluppo.

Per quanto riguarda la violenza portata avanti da gruppi privati (non legati al governo) e da singoli, la relatrice speciale ha osservato che, in base alla legislazione internazionale, lo Stato può essere ritenuto responsabile di tale violenza se:

a. gli atti privati sono coperti dalle norme di un trattato (come la CEDAW) che proibisce le discriminazioni da parte di soggetti sia privati che pubblici); o
b. lo Stato è in complicità con chi commette gli abusi; o
c. lo Stato nega alle donne uneguale tutela da parte della legge, venendo meno al dovere di far rispettare le leggi penali in casi di violenza contro le donne, adottando gli stessi parametri applicati ad altri crimini violenti; o
d. lo Stato viene meno allesercizio del debito zelo nel prevenire le violazioni, indagare sulle violazioni avvenute, imporre pene adeguate e garantire alle vittime il giusto risarcimento.


Il debito zelo richiede che lo Stato imponga, dove necessario, sanzioni penali per prevenire forme specifiche di violenza e per garantire il rispetto delle relative leggi. Come osservato dalla relatrice speciale, una singola violazione dei diritti umani o una singola indagine dai risultati inefficaci non determinano un mancanza di debito zelo da parte dello Stato. Tale mancanza si può stabilire analizzando elementi come lapprovazione o meno di leggi adeguate, laver compiuto o meno tentativi autentici di imporre il rispetto di tali leggi, e laver preso o meno le misure necessarie a garantire che le politiche e le pratiche portate avanti dal sistema penale, dai servizi sociali e dallistruzione pubblica siano coerenti con lobiettivo di eliminare la violenza contro le donne ed efficaci in tal senso. La Dichiarazione del 1993 si estende esplicitamente alla violenza commessa da soggetti privati, compresa la violenza in famiglia.

Nelle visite sul posto, la relatrice speciale si è concentrata su forme specifiche di violenza: schiavitù sessuale imposta dai militari, traffico di donne e prostituzione forzata, stupri commessi da privati, e violenza domestica. Questapproccio le ha consentito di eseguire analisi più dettagliate sullapplicazione delle norme internazionali relativamente a specifiche forme di violenza o in specifici contesti nazionali, e di compiere una valutazione più approfondita dei fattori causali e di specifiche misure preventive e correttive.

Le raccomandazioni generali della relatrice speciale relativamente alla prevenzione di diverse forme di violenza ed alle risposte a queste violenze, ed anche le sue raccomandazioni in merito a situazioni nazionali specifiche, si sono concentrate su:

• il ruolo del sistema giudiziario, comprese la definizione dei reati, le norme a carattere probatorio e di altra natura previste dalla procedura penale, le misure per proteggere le donne dalle rappresaglie, le sentenze per reati di violenza contro le donne, e la formazione della polizia e della magistratura;
• i servizi ed i risarcimenti per le vittime, compresi i rifugi, lassistenza sanitaria e legale, la formazione professionale e la possibilità di azioni legali previste dal diritto civile;
• il ruolo dei gruppi e delle associazioni non-governative, compresa la necessità che il governo collabori con i gruppi di donne nel fornire servizi, elaborare proposte di legge ed una politica per prevenire e monitorare la violenza contro le donne;
• la raccolta dati e la ricerca sulla violenza contro le donne;
• la creazione di assetti istituzionali efficaci a livello locale e nazionale, comprese centrali di polizia e centri che forniscano servizi sanitari e sociali, oltre a raccogliere le denunce, entrambi con personale esclusivamente femminile; e
• il bisogno di programmi educativi per trasmettere valori che prevengano la violenza contro le donne.

La relatrice speciale ha ribadito più volte limportanza di misure finalizzate a garantire alle donne lindipendenza economica ed a trasformare la cultura che promuove la subordinazione delle donne.

Il lavoro della relatrice speciale può contribuire significativamente al riconoscimento del dovere degli Stati di garantire la trasparenza sulla violenza contro le donne, ed al rispetto di tale dovere. Chi difende i diritti umani delle donne può contribuire a tale processo inoltrando informazioni su leggi e pratiche efficaci nel promuovere la trasparenza e denunce di impunità relative a singoli casi o a linee di tendenza ampiamente diffuse.

È possibile continuare a mandare informazioni su forme di violenza che sono già state riferite ed analizzate dalla relatrice speciale, come la tratta delle donne e la violenza domestica, oltre ad informazioni su forme di violenza non ancora considerate nei dettagli dalla relatrice. Tra gli esempi di istanze che si possono affrontare troviamo:

• singoli casi;
• schemi e tendenze legati a specifiche forme di violenza;
• la forza e/o la debolezza degli strumenti legali di pertinenza, compresa la legislazione nazionale e le normative internazionali;
• le politiche e le pratiche portate avanti dallo Stato nella giustizia penale, nei servizi sociali, nellistruzione, e nel mondo del lavoro;
• la mancanza di azione da parte del governo in risposta alla violenza contro le donne;
• le misure preventive, come la formazione di giudici ed avvocati, dei rappresentanti delle forze dellordine e della magistratura, di altri funzionari pubblici e del personale militare, oltre alle campagne pubbliche di sensibilizzazione, ed i programmi informativi sui diritti delle donne vittime di violenza;
• interventi di recupero rivolti alle vittime, quali ad esempio: assistenza sanitaria, servizi di consulenza e di sostegno, e risarcimenti; e
• le misure preventive e correttive concepite in maniera specifica per la situazione di donne particolarmente a rischio di violenza, comprese le donne immigrate, regolari e clandestine, le profughe e le sfollate allinterno del proprio paese, le donne disabili, le donne svantaggiate in base alla propria classe economica e sociale, le donne indigene, le ragazze e le giovani donne, le donne anziane, o le donne emarginate sulla base di altre particolari condizioni.

Nella misura del possibile, andrebbero accluse le informazioni sulle cause e le conseguenze di forme specifiche di violenza e/o relative a specifici contesti nazionali.

Oltre alle informazioni di base elencate nellIntroduzione, le comunicazioni alla relatrice speciale dovrebbero comprendere le seguenti informazioni su:

• la vittima data di nascita, nazionalità, occupazione, origini etniche (se pertinenti), e stato civile; e
• lepisodio il numero di assalitori; la loro descrizione; la descrizione dellepisodio; se la vittima ritiene di essere stata assalita in quanto donna e le ragioni di questa convinzione; se lepisodio è stato riferito alle autorità competenti, quali e quando; le iniziative assunte dalle autorità dopo lepisodio; se erano presenti testimoni, ed i loro nomi, età, il loro rapporto con la vittima ed i loro recapiti per contattarli.


I rapporti e le analisi della relatrice speciale forniscono uno strumento per definire strategie approfondite di prevenzione e risposta alle diverse forme di violenza contro le donne. Il mandato della relatrice speciale non nega la necessità di Integrazione dei diritti umani delle donne degli altri organismi tematici ma, al contrario, le informazioni su violenze con una specificità di genere che ricadono nel mandato di uno o più degli altri organismi tematici possono essere inoltrate a quegli organismi, in aggiunta alle informazioni inviate alla relatrice speciale sulla violenza contro le donne.


Per approfondire

Link ai files in formato Pdf dei suoi rapporti in inglese nella sezione testi

nella biblioteca TESTI:

link a Convenzione CEDAW


nella Biblioteca I TEMI:

violenza contro le donne