La Convenzione CEDAW prevede l'istituzione di un Comitato sull'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, con il compito di verificare lo stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione. Il Comitato CEDAW è composto da esperte nel campo dei diritti delle donne, provenienti da 23 paesi ed elette a scrutinio segreto da una lista di candidature presentate dagli stati parte. Nelle elezioni si tiene conto dell'esigenza di garantire equità sia nella distribuzione geografica delle elette, sia nella presenza all'interno del Comitato di civiltà e ordinamenti giuridici diversi. Le 23 componenti del Comitato svolgono le loro funzioni a titolo personale, non in qualità di delegate o rappresentanti del proprio paese d'origine.
Ci sono due aspetti in cui il Comitato è diverso dagli altri organismi ONU che hanno il compito di verificare l'applicazione di trattati o convenzioni internazionali. In primo luogo, sin dalla sua costituzione nel 1982, tutte le sue componenti sono sempre state donne, tranne in un caso. In secondo luogo, mentre la maggior parte degli organismi ONU preposti alla supervisione dei trattati sono composti prevalentemente di giuristi, il Comitato CEDAW comprende esperte di svariate discipline: ne hanno fatto parte economiste, diplomatiche, sociologhe. Entrambi questi fattori hanno contribuito ad una interpretazione dinamica e creativa delle proprie funzioni da parte del Comitato.
I Rapporti degli Stati al Comitato CEDAW
Ogni stato che ratifica la Convenzione o vi aderisce ha l'obbligo di presentare al Comitato CEDAW dei rapporti periodici, in cui vengano illustrate le azioni compiute dallo stato in questione per dare applicazione alle norme in essa contenute. Il primo Rapporto va presentato entro un anno dalla data di ratifica, e successivamente i rapporti vanno presentati ogni quattro anni.1
Per facilitare gli stati nella stesura dei rapporti periodici, il Comitato CEDAW ha adottato delle linee guida, in base alle quali il primo rapporto deve comprendere una descrizione completa e dettagliata della situazione delle donne nel paese al momento della sua presentazione, rappresentando così il punto di riferimento rispetto a cui misurare i progressi compiuti negli anni seguenti. Nel secondo rapporto, ed in tutti i successivi, va invece presentato un aggiornamento dello scenario di partenza, un'analisi dettagliata degli sviluppi verificatisi nei quattro anni di riferimento e delle principali linee di tendenza del periodo, nonché un'indicazione degli ostacoli che si frappongono ad una piena applicazione della Convenzione.
Il primo Rapporto presentato da uno stato viene esaminato dal Comitato CEDAW alla presenza di un rappresentante dello stato in questione, che può presentare una ulteriore relazione ad integrazione di quanto in esso contenuto. Le singole componenti del Comitato sono libere di chiedere chiarimenti o di approfondire uno o più aspetti relativi al contenuto del Rapporto, alla relazione presentata, o agli obiettivi generali della Convenzione. Di norma, il/la rappresentante dello stato in questione incontra nuovamente il Comitato dopo uno o due giorni, per rispondere alle domande presentate; le risposte, o la documentazione di supporto, vengono spesso presentate in forma scritta.
A partire dal 1990, tutti i rapporti successivi a quello iniziale vengono esaminati da un gruppo di lavoro "pre-sessione", composto da cinque rappresentanti del Comitato. Il gruppo di lavoro elabora una lista di domande per orientare l'esame del Rapporto da parte del Comitato al completo. Le domande vengono inviate al rappresentante del paese interessato, che si incontra successivamente con il Comitato per rispondere alla domande ricevute e ad altre che eventualmente fossero emerse nel corso del dibattito.
Il processo di presentazione dei rapporti è pubblico; hanno diritto ad essere rappresentate le agenzie specializzate delle Nazioni Unite, che il Comitato può invitare a presentare a loro volta dei rapporti. Oltre a ciò, il Comitato riceve informazioni, per via informale, dalle organizzazioni non governative della società civile (ONG). Alcune di esse assistono alle sedute del Comitato, ma non esiste una procedura formale che consenta una loro rappresentanza, o una presentazione di informazioni da parte delle ONG per via ufficiale.
Dialogo fra Comitato CEDAW e stati parte
L'esame dei rapporti nazionali non è concepito come una procedura conflittuale. Il Comitato è anzi molto impegnato a sviluppare un dialogo costruttivo con gli stati, in un'atmosfera che favorisca un libero scambio di idee, informazioni e proposte. In questo spirito, il Comitato non dichiara mai formalmente che uno stato ha violato la Convenzione, ma sottolinea invece l'eventuale presenza di limiti e carenze, attraverso una serie di domande e risposte.
Nell'elaborazione dei rapporti nazionali, il Comitato incoraggia gli stati ad illustrare, in positivo, le misure adottate per l'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, e a riconoscere con franchezza le aree più problematiche, o gli ostacoli al cambiamento. Il Comitato è interessato a conoscere la situazione concreta delle donne nella società, e non le misure di garanzia dell'uguaglianza giuridica e formale che esistono solo sulla carta. Il Comitato ritiene che la situazione reale delle donne possa essere valutata al meglio tramite dati sia quantitativi che qualitativi, e pertanto sollecita la presentazione da parte degli stati anche di informazioni statistiche.
Nel corso degli anni, le domande del Comitato ai rappresentanti degli stati hanno coperto una vasta gamma di problemi, quali ad esempio: la posizione economica delle donne; l'impatto delle politiche di aggiustamento strutturale; i congedi per maternità le misure adottate per la conciliazione maternità/lavoro; la violenza contro le donne; la diffusione nel paese di informazioni sulla Convenzione CEDAW e le norme in essa contenute; la partecipazione delle ONG alla elaborazione del Rapporto nazionale. Negli anni più recenti il Comitato ha inoltre affrontato le difficoltà di garantire la tutela e il pieno esercizio dei diritti delle donne in tempi di transizione e crisi nazionale, in particolare nel contesto di conflitti armati.
Man mano che il Comitato ha spostato l'attenzione dall'esame dei rapporti iniziali a quelli successivi, si è impegnato sempre di più nel tentativo di comprendere le linee di tendenza nei diversi paesi, per valutare meglio i progressi compiuti ed identificare gli ostacoli ad una piena realizzazione degli obiettivi della Convenzione.
Le proposte del Comitato CEDAW: raccomandazioni generali, interventi, commenti
Durante le sedute ordinarie del Comitato, si riuniscono due gruppi di lavoro permanenti: il gruppo I esamina le modalità di razionalizzazione del lavoro del Comitato, mentre il gruppo II discute dei modi per dare applicazione all'articolo 21 della Convenzione, che autorizza il Comitato a presentare proposte e raccomandazioni generali sull'attuazione delle norme CEDAW, in base all'esame dei rapporti nazionali e delle informazioni ricevute dagli stati parte.
Le Raccomandazioni Generali finora adottate dal Comitato non sono state rivolte a singoli stati; esse hanno invece proposto a tutti gli stati parte le misure specifiche che possono essere messe in atto per adempiere agli obblighi previsti dalla Convenzione CEDAW. Durante il suo primo decennio di lavoro, il Comitato ha emesso Raccomandazioni brevi e dai contenuti generali. Nella decima sessione si è invece deciso che a partire dal 1992 sarebbero stati elaborati commenti su articoli specifici della Convenzione, o su tematiche trasversali a diversi articoli, a partire da quanto emerso nell'esame dei rapporti nazionali, dalle informazioni fornite dal Segretariato, dalle agenzie specializzate e da altri organismi ONU, nonché dalle informazioni fornite dalle ONG e dalle persone interessate.
Su questa base, il Comitato ha deciso di approfondire, nell'ultimo decennio del secolo, i seguenti temi: violenza per motivi legati alla differenza di genere (1992); famiglia (1993); partecipazione politica delle donne (1994 e 1997); salute (1999); intreccio fra discriminazione di genere e discriminazione razziale (2001).
A seguito di questo lavoro, a partire dal 1992 le Raccomandazioni Generali del Comitato sono state più ampie e dettagliate, offrendo agli stati orientamenti chiari sull'applicazione della Convenzione in situazioni specifiche. La Raccomandazione forse più importante è la n.19, che tratta della violenza per motivi legati alla differenza di genere: questo tema infatti non è affrontato esplicitamente nella Convenzione, ma la raccomandazione chiarisce che tale tipo di violenza va certamente considerata una forma di discriminazione contro le donne, che rientra pienamente nell'ambito di intervento della CEDAW.
Infine, quanto al tema delle riserve alla Convenzione, e di quanto esse possono limitarne l'efficacia, il Comitato CEDAW ha sollevato ripetutamente la questione sia nel dibattito interno alle Nazioni Unite che nell'esame dei rapporti degli stati. Sono state inoltre riviste le linee guida per la stesura dei rapporti, con la richiesta agli stati che hanno presentato riserve di sostanza di riferire specificamente in materia, in occasione della presentazione dei rapporti periodici.
A partire dal 22 dicembre 2000, il Comitato CEDAW ha assunto un nuovo compito: esaminare le denunce di violazione presentate dalle donne (singolarmente o in gruppi) in base ad un nuovo strumento: il Protocollo facoltativo di supporto alla Convenzione.
* Tratto da The Convention at Work Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women, kit informativo UNICEF UNIFEM, New York 1995. Gli aggiornamenti posteriori a quella data e le informazioni sullItalia sono redazionali. Traduzione e pubblicazione in italiano a cura della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità.
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