Il divieto della discriminazione razziale è una norma fondante del sistema internazionale dei diritti umani, espresso con chiarezza nella norma anti-discriminazione, della Dichiarazione Universale, che afferma:
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita, o di altra condizione.
Il principio di non discriminazione è stato poi tradotto in norma giuridicamente vincolante nell'articolo che ricorre, in forma identica a quella della Dichiarazione, nei due Patti del 1966. Inoltre, come chiarisce il Patto sui diritti civili e politici, il divieto va esteso non solo alla pratica della discriminazione, ma anche ai suoi fondamenti ideologici:
Qualsiasi appello all'odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all'ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge. (articolo 20, secondo comma)
È chiaro dunque che l'incitamento all'odio e alla discriminazione non può essere considerato come una forma di "opinione personale", tutelata dalla libertà di pensiero e di espressione, ma deve essere vietato e attivamente combattuto sia dalle autorità che da tutta la società.
Nello stesso periodo in cui si stavano elaborando i due Patti sui diritti civili e politici, ed economici, sociali e culturali, il 20 novembre del 1963 l'Assemblea Generale aveva adottato la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione Razziale. Allarticolo 1, essa afferma: "La discriminazione tra gli esseri umani legata alla razza, al colore della pelle, o all'origine etnica è un'offesa alla dignità umana e va condannata come negazione dei principi dello Statuto delle Nazioni Unite, come violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali proclamate nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, come ostacolo alle relazioni amichevoli e pacifiche tra le nazioni e come fatto che turba la pace e la sicurezza tra le nazioni".
La Dichiarazione, tuttavia, non ha carattere giuridicamente vincolante. Per sopperire a questo limite, il 21 dicembre 1965, l'Assemblea Generale dellONU ha adottato la Convenzione Internazionale sull'Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione Razziale (ICERD). La Convenzione, che è uno strumento legalmente vincolante, è entrata in vigore il 4 gennaio 1969.
La Convenzione ICERD definisce discriminazione razziale "ogni distinzione, esclusione, limitazione o preferenza basata sulla razza, il colore della pelle, la discendenza o l'origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di annullare o compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro ambito della vita pubblica". È significativo il fatto che 14 anni dopo, nel 1979, il testo della Convenzione CEDAW, per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, avrebbe fornito una definizione di discriminazione identica a quella della ICERD, salvo ovviamente il riferimento a razza, colore della pelle, ecc.
Nel corso del tempo, le definizioni di che cosa si intende per discriminazione razziale si sono ulteriormente ampliate. Le conferenze mondiali contro il razzismo, ad esempio, sono state definite con il titolo "Conferenza mondiale contro il razzismo, la xenofobia e l'intolleranza".
Contemporaneamente, e grazie anche allimpegno delle donne e al dibattito della Conferenza di Pechino, è apparsa sempre più chiara la necessità di affrontare il tema di come la discriminazione razziale si somma, o si intreccia, con altri fattori di discriminazione, ed in particolare la discriminazione in base al sesso: la cosiddetta "discriminazione multipla", trasversale o discriminazione incrociata.
A seguito di questo dibattito, nel marzo 2000, in vista del processo di revisione della Piattaforma di Pechino, il Comitato sulleliminazione della discriminazione razziale istituito dalla Convenzione ICERD ha adottato una "Raccomandazione generale" (n. 25) in cui analizza le dimensioni della discriminazione razziale correlate alla differenza di genere. Essa ha rappresentato una forte innovazione nella interpretazione della Convenzione e del concetto di discriminazione. Nel 2001, il Comitato sulleliminazione delle discriminazioni contro le donne (Comitato CEDAW), ha anch'esso affrontato il tema delle discriminazioni multiple, per offrire un contributo alla preparazione della Conferenza mondiale di Durban, e altrettanto ha fatto la Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne (CSW).
Nel dibattito dei movimenti delle donne, infine, i contributi di riflessione sono molti, e da punti di vista diversi: a partire da un ripensamento generale del sistema dei diritti umani, o dal nodo eguaglianza/differenza/discriminazione; a partire da una rilettura della/delle discriminazioni, e in particolare della discriminazione trasversale o incrociata; a partire dallesperienza e dalla soggettività delle protagoniste (in particolare le migranti e le femministe di colore) non più disponibili a vivere la propria identità solo in quanto vittime di discriminazione, e impegnate invece a dare nuova veste al diritto allautodeterminazione e alleguaglianza.
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