Il diritto penale internazionale

Il diritto penale internazionale rappresenta una relativa novità nel panorama del diritto internazionale, che per molto tempo ha visto i tribunali intervenire solo nelle controversie fra gli stati. Solo a partire dalla seconda guerra mondiale, infatti, ha preso corpo il progetto di deferire ad una corte internazionale i responsabili dei più gravi crimini, dal genocidio ai crimini di guerra a quelli contro l'umanità.

I tentativi precedenti non erano andati in porto, anche se già il Trattato di Versailles del 1919 prevedeva di processare i criminali di guerra, per "offesa suprema contro la morale internazionale e l'autorità sacra dei trattati", e la comunità internazionale aveva anche tentato di processare i turchi responsabili per il genocidio degli armeni. In realtà il Trattato di Sèvres del 1920, che prevedeva l'estradizione dei responsabili di questi massacri, non fu mai ratificato, e fu sostituito nel 1923 dal Trattato di Losanna, contenente una dichiarazione di amnistia piena per tutti i delitti commessi.

Le prime esperienze di tribunali penali internazionali sono dunque i tribunali militari di Norimberga e Tokyo del 1945, nei quali gli Alleati hanno processato i criminali di guerra nazisti e giapponesi. In seguito, già nel 1949 la Commissione di diritto internazionale dell'Onu cominciò a lavorare su una "bozza di codice sui crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità" e nominò un Comitato per codificare tali crimini; ma si dovette giungere al 1989 perché finalmente l'Assemblea generale ONU chiedesse alla Commissione di diritto internazionale di riprendere i lavori sulla Corte penale internazionale. Nel 1993 e nel 1994 scoppiarono i conflitti nella ex Jugoslavia e poi in Ruanda, e i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e il genocidio - nella forma di "pulizia etnica" — resero nuovamente urgente il tema del diritto penale internazionale. Il Consiglio di Sicurezza decise di battere la strada dei Tribunali "ad hoc"- all'Aia (1993) e ad Arusha (1994) - per giudicare i responsabili di quelle atrocità e scoraggiare il ripetersi di simili crimini.

Quella stessa esperienza portò alla crescita di una forte campagna internazionale di associazioni e movimenti (con in prima fila i movimenti delle donne) per la creazione di una Corte penale internazionale permanente. Il 17 luglio 1998 la Conferenza diplomatica di Roma varò finalmente lo statuto della nuova Corte penale internazionale, che però in data novembre 2001 non ha ancora raggiunto il numero di ratifiche sufficienti per una sua entrata in vigore. Nel contempo, i sanguinosi attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York e Washington e la guerra in Afghanistan hanno riaperto il dibattito sul funzionamento della giustizia a livello internazionale, e sul legame fra violenza contro le donne e crimini contro l’umanità.

Nei tribunali di Norimberga e di Tokyo al tema dei crimini contro le donne fu dato poco spazio, sia nella carta istitutiva che nella gestione dei processi. In tempi più recenti, invece, sono cresciuti i movimenti di donne che chiedono una giustiziabilità di questi crimini anche nel diritto penale internazionale. A livello storico, è nata ad esempio una campagna internazionale per ridare giustizia alle migliaia di "comfort women" ridotte in schiavitù dall’esercito giapponese nella seconda guerra mondiale; ma per i crimini più recenti si è ottenuto molto di più.

Lo statuto del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia menziona esplicitamente lo stupro fra i crimini contro l’umanità, e quello del Tribunale di Arusha sul Rwanda elenca fra gli atti che il tribunale ha competenza di giudicare "stupro, prostituzione forzata e ogni forma di aggressione sessuale". I processi celebrati da questi due tribunali hanno già riconosciuto lo stupro come atto di tortura, grave violazione delle convenzioni di Ginevra e crimine di guerra, nonché come strumento di genocidio, ed entrambi i tribunali si sono dotati di una consulente sulle questioni di genere, ed hanno adottato un punto di vista di genere anche neò modo di affrontare questioni come l’ammissibilità dlele prove e il trattamento dei/delle testimoni. Infine, lo statuto della corte penale internazionale include molti crimini contro le donne, in particolare quelli di natura sessuale, nel novero dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità, e comprende anche numerose norma a tutela della dignità, della sicurezza, del benessere fisico e psicologico e della privacy delle donne che si trovano nella poziione di testimoni e/o vittime di reati, e impone di garantire un equilibrio fra i sessi e una presenza di competenze specifiche sul tema della violenza contro le donne nelle scelte in materia di composizione e funzionamento della Corte.

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Lo statuto del Tribunale internazionale per la ex-Jugoslavia

"Standard giuridici emergenti: la Corte penale internazionale e la giurisprudenza dei tribunali sulla ex-Jugoslavia e il Rwanda (Parte II Rapporto 2001 Relatrice Speciale sulla violenza contro le donne)

La corte penale internazionale e i diritti delle donne di Maria Grazia Giammarinaro

Diritto penale internazionale e crimini contro le donne di Paolo De Stefani (file Pdf, 106 Kb)